Emilio Sala
Opera, neutro plurale
416 pagine
ISBN 9788842830931
Il Saggiatore, 2024
Un libro che fa pensare e riesce a divertire, un libro da tenere caro, da leggere, rileggere e consultare. Come la visione dell'opera che propone, anche lo scritto di Emilio Sala è “neutro plurale” e si può apprezzare su più livelli. Ce n'è senz'altro uno narrativo, che attraverso anche le esperienze dirette dell'autore si mette in relazione con la nostra biografia, ci fa riconoscere o riflettere sulle divergenze; racconta, insomma, cosa significhi essere melomani con una simpatica complicità che non perde di vista l'analisi dello studioso. E, infatti, questo è anche un libro che ha a che fare (oltre che, naturalmente, con la musicologia) con l'antropologia e la sociologia: l'opera non è un oggetto astratto, bensì integrato nel mondo, che influenza, sul quale incide, che lo guarda e lo interpreta esattamente come ne è guardato e interpretato. E, allora, Opera, neutro plurale diventa anche un testo di filosofia, in cui la riflessione ontologica (che cosa possiamo definire opera? Quali possono essere i suoi confini, se è mai possibile tracciarne?) va di pari passo con un concetto fondamentale in ogni riflessione storica, diacronica e sincronica: l'apréz coup, la definizione ex post, il riconoscimento, l'interpretazione o perfino l'invenzione (mutevole nel tempo) di un fenomeno solo dopo che questo si è verificato. Di fatto, il passato viene costantemente riletto e quindi riscritto, guardato attraverso lenti diverse, risoppesato in cause, conseguenze e (presunte) età dell'oro. Un concetto, questo, che tocca l'opera e la melomania come pure ogni altra esperienza e attività umana.
Riflettere sull'opera può essere, insomma, un modo per riflettere su noi stessi, sull'esterno, sul nostro modo di osservare tutto ciò che è altro da noi e di esserne a nostra volta influenzati. Tuttavia, il libro non è solo questo: è anche una miniera di informazioni che con piacevole nonchalance ne punteggiano la struttura per voci, ora più tecniche, ora più discorsive, ora specifiche ora sorprendenti, ma sempre legate da un filo logico. E anche quanto il legame non appare subito evidente, diventa quasi un gioco scovare le affinità che legano la nostra idea di opera a infinite associazioni e la distribuiscono in mille rivoli senza disperderla. Perché questa struttura ispirata al Dictionnaire Philosophique di Voltaire coniuga un'impostazione scientifica con la possibilità di tessere sottili fili tematici, fra ironie e serissime considerazioni, e soprattutto un approccio personale da parte dell'autore come del lettore, che può gustarsi il libro tutto d'un fiato, consultarlo secondo la curiosità del momento, creare il proprio percorso di rimandi e rimbalzi.
Se il volume è senz'altro plurale, non si può dire neutro in quanto neutrale, semmai in quanto avulso da una rigida determinazione. È chiara la posizione di Sala per una definizione di opera che non escluda né le tradizioni extraeuropee né generi come il musical; tuttavia, se leggessimo questa ampiezza in senso assoluto e dogmatico potremmo finire per annullare l'oggetto, allargandone a sproposito i confini, mentre qui si tratta di ragionare storicamente proprio sulla percezione e sulla consapevolezza di un fenomeno in continua evoluzione, posto in inesausto confronto con il passato (e quello dell'attualità/inattualità, della nostalgia, dei concetti di nascita, morte, sopravvivenza è un altro tema portante). L'opera è, e non può non essere, proprio perché molteplice, perché può e deve essere interpretata, ci riguarda come singoli e come collettività, sfuggente e presente, rivolta al passato e rivoluzionaria. Ce lo può raccontare benissimo questo organismo di lemmi che non aspira a chiudere un cerchio, quanto piuttosto ad aprirlo coinvolgendoci in un dibattito che non può avere conclusione: più del Graal conta la quête, più dell'omega l'alfa (o, meglio, l'aleph), più di Itaca il viaggio.
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