F. Della Seta
Popolo famiglia individui
Confronti sottintesi e malintesi sulla scena operistica
352 pagine ISBN 978 88 9374 075 3
Neoclassica edizioni, Roma 2024
L'arte – non solo quella che per manifestarsi necessità del tramite di un interprete, come nella musica e nel teatro – non esiste se non viene fruita, se non instaura una relazione con chi l'osserva. Ma non esiste nemmeno se viene passivamente contemplata, accolta come fatto indiscusso e aproblematico. Smette di essere arte e diventa decorazione, mero diporto. Ciò non significa, naturalmente, che tutti si sia tenuti allo stesso modo a porsi profondi interrogativi estetici: ciascuno ha il sacrosanto diritto di approcciarsi all'opera e goderne secondo la propria esperienza, competenza, consapevolezza, sensibilità. Pure, un libro come questo ci rammenta come anche capolavori pane quotidiano di ogni melomane, opere che ci si illude di conoscere a menadito perché le canticchiamo ogni mattina restino un pozzo da cui “più se ne cava più ne resta a cavar”. La raccolta di saggi di Fabrizio Della Seta attraversa il repertorio dall'arcinoto (Aida, Il trovatore, Le nozze di Figaro...) al meno consueto (Stratonice di Méhul, Torquato Tasso di Donizetti...) rifuggendo in egual misura il prevedibile e lo scontato, sviluppando prospettive diverse che risultano tuttavia interconnesse.
I primi capitoli dedicati a Verdi affrontano una materia più strettamente filologica, tecnica, ripercorrendo genesi, varianti, stato delle fonti. Gli scritti successivi si addentrano in maniera più discorsiva in questioni drammaturgiche connesse alla ricezione e allo spirito dei tempi come riflesso attivo della società. È, tuttavia, ben chiaro che la ricognizione filologica non è esercizio fine a sé stesso, da sterile erudito alessandrino, ma è sempre strumento di riflessione critica, di analisi ad ampio spettro che la stimola e da questa si abbevera. L'una non può esistere senza l'altra, anche quando nello studio prevale un aspetto.
Il titolo Popolo, famiglia, individui evidenzia le forze in atto nel melodramma come chiave di lettura della storia e della società fra la fine del Settecento e il pieno Ottocento. Il sottotitolo Confronti sottintesi e malintesi sulla scena operistica concentra l'attenzione su come tali forze agiscono (sia fra i personaggi, ma anche nella ricezione dello spettatore), ed è analisi questa che si deve sviluppare sia sul piano della musica (e della sua genesi, delle sue varianti) sia su quello del libretto, coscienti che la drammaturgia su cui si riflette è indissolubile simbiosi di note e parole, ma anche di silenzi.
Anzi, proprio l'attenzione al silenzio (il “tacer cantando”) è una delle chiavi più interessanti del volume, che prende forma, oltre che nel non detto (“il silenzio sia loquace, tutto dica un tronco accento” canta infine Elena nella Donna del lago e pochi versi sono più emblematici di questi) nel sottinteso e nel frainteso, ponendo sul piatto della reticenza anche la possibilità di molteplici significati in un unico significante. Allora, per andare oltre alla letterale evidenza cui siamo passivamente abituati, ci si può chiedere con profitto Cosa ci racconta 'Il trovatore '? senza arenarci nell'oziosa questione del dipanare una trama contorta.
Alla fine, val la pena di tornare al primo capitolo, che funge quasi da premessa di metodo e principio: Idea – Testo – Esecuzione sono i tre momenti di cui consta l'esistenza di un'opera d'arte, ma la loro sequenza, il loro rapporto non è univoco e cristallizzato, bensì soggetto a permutazioni di tempo e logica. A questo nodo si torna, si deve tornare, senza dar mai nulla per scontato.
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