L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Conversazioni con Rozdestvenskij

di Sergio Mora

Bruno Monsaingeon
I bemolli di Stalin, conversazioni con Gennadij Rozdestvenskij
Zecchini editore, giugno 2025, pp. 218
ISBN 978-88-6540-446-1

La direzione d’orchestra russa è contrassegnata da personalità fortemente idiomatiche: dotate di un linguaggio espressivo costruito su misura, a propria immagine e somiglianza. Che dire della gestualità favolistica di Mraviskij, oppure del gesto funambolico di Temirkanov o di quello al limite con il minimalismo di Gergiev? Rozdestvenskij si inserisce in questa scuola di appartenenza con alcune sue specifiche qualità: l’ironia ed il sarcasmo.

Intriso di questo spietato e lucido senso critico il libro di conversazioni che stiamo presentando si muove all’interno del filone della più raffinata prosa russa alla Gogol. Amarezza, pietà e disinganno diventano il filtro con cui passare in rassegna un passato storico che già Pasternak e Solzenicyn avevano efficacemente ritratto. L’analisi memorialistica di Rozdestvenskij si rivolge principalmente all’organizzazione musicale e culturale dell’ex Unione Sovietica. Ipocrisie, pregiudizi e biechi carrierismi vengono stigmatizzati soprattutto nei riguardi della classe dirigente preposta al controllo delle attività artistiche.

La sorprendente autonomia di giudizio del direttore russo è frutto della particolare educazione cosmopolita ricevuta sin dall’infanzia. Questa eredità spirituale gli ha permesso di svolgere il proprio compito in totale indipendenza con la responsabilità di orchestre di primo piano sia in Russia sia all’estero. Il suo repertorio era davvero privo di confini che non fossero la sua insaziabile curiosità per la musica.

Rozdestvenskij pratica una sorta di atarassia gestuale, ossia non opprimeva l’orchestra con indicazioni inutili o fuorvianti. Già negli anni Ottanta l’Accademia Chigiana aveva pubblicato un suo significativo contributo sulla direzione d’orchestra, come sunto dei corsi di perfezionamento. Alla base della sua filosofia direttoriale di  troviamo una lucida volontà di semplificazione del discorso musicale per raggiungere gli obiettivi espressivi voluti dall’autore.

Il testo è stato raccolto da Bruno Monsaingeon autore di documentari dedicati ai massimi protagonisti del Novecento musicale. La traduzione di Roberto Lana rende alla perfezione il linguaggio caustico e immaginifico del direttore, il suo modo disinvolto di guardare al mondo come ad un caotico teatro dell’assurdo.

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