Opera e diritto, connubio perfetto

di Pietro Gandetto

Filippo Annunziata

Prendi l’Anel ti dono…divagazioni tra opera e diritto privato

226 pagine

Silvana Editoriale, 2016

ISBN 97888366634576

Il nuovo testo di Filippo Annunziata si concentra sull’analisi giuridica delle opere come casi giudiziari, sui quali interrogarsi, rendere pareri, rilevare incongruenze e porre quesiti. Un lavoro acuto e intelligente, in grado di farci capire che il modo in cui siamo abituati a pensare l’opera è solo uno dei tanti, e che in realtà l’universo che ci hanno lasciato Verdi, Puccini e Mozart è ancora ricco di sorprese e di mondi da scoprire.  Basta saperli riconoscere.

Per diverse ragioni siamo abituati a pensare che il mondo dell’opera sia solo un insieme di tragedie amorose, drammi esistenziali e morti tragiche. Tendiamo a credere che non ci sia opera senza dramma. A ben vedere, però, le cose stanno così fino a un certo punto, perché i libretti d’opera del 700 (ma anche di buona parte dell’800) sono una fonte ricchissima di spunti ed episodi sulla vita domestica, il costume sociale e affari economici di quegli anni.

Partendo da questa premessa, il professor Filippo Annunziata – illustre docente bocconiano di diritto finanziario e professore di musicologia all’Università Statale di Milano – si pone come obiettivo quello di approcciarsi all’universo operistico da una prospettiva inedita, diremmo quasi unica: quella dell’analisi giuridica dei libretti come casi giudiziari, sui quali interrogarsi, dare pareri, rilevare incongruenze e porre quesiti.

L’approccio dell’autore non è quello giornalistico al più immediato appeal del diritto penale di cui le trame operistiche sono intrise, ma quello che riguarda gli aspetti meno lampanti e più intimi del diritto privato (quella branca del diritto derivante dallo ius civile, il diritto romano più antico, strettamente connesso alla religione e rivelato dai pontefici).

Il volume di Annunziata, che prende il nome dalla celebre aria della Sonnambula, "Prendi l’anel ti dono…",  affronta dieci titoli del repertorio più noto nei quali è rinvenibile in maniera evidente una questione giuridica determinante ai fini dello sviluppo della narrazione, ossia opere nelle quali il caso giuridico non costituisce una mera nota ad colorandum, ma è il fulcro dell’intera vicenda. 

Cosa avrebbe potuto fare Nemorino se fosse andato da un avvocato dopo la truffa contrattuale di Dulcamara, che gli vende una bottiglia di Bordeaux spacciandola per un prodigioso elisir d’amore? Forse non molto, perché alla fine Nemorino riesce a sposare Adina, e non ha quindi subito un danno concreto e attuale per effetto della truffa. Vuoi sapere a che titolo Annina andò a Parigi “ad alienar cavalli, cocchi e quanto ancor [Violetta] possiede”? Ascolta bene cosa dicono Violetta e Germont.  Passando alla Sonnambula di Bellini, Elvino poteva strappare ad Amina l’anello di fidanzamento appena donatole, credendo che ella l’avesse tradito, revocando, così, una donazione nuziale? E così si prosegue con l’Oro del Reno in cui si ha poi uno degli esempi più lampanti di inadempimento contrattuale, che denota la nuova sensibilità ottocentesca per l’economia di mercato e il valore sempre più forte del contratto.  

Si affrontano poi Le nozze di Figaro di Mozart dove si assiste a una promessa di matrimonio condizionata al mancato pagamento del debito. Ci si chiede cosa avrebbe potuto ottenere il povero Rigoletto se avesse fatto causa a Sparafucile, che oltre a incassare i 40 scudi avuti di anticipo, non esegue la prestazione, uccidendo Gilda invece del Duca.  La risposta è ‘probabilmente niente’, perché il contratto concluso inter partes è un contratto immorale, che non ha tutela nel nostro ordinamento. Infine, ci si interroga su dove Puccini avrebbe potuto ambientare Gianni Schicchi oggi, forse in un cybercafé o in una videoconferenza su Skype, invece che dal notaio, visto che in Francia sono stati recentemente introdotti servizi online che offrono strumenti informatici in grado di validamente redigere testamenti olografi.

Qual è l’approccio seguito da Annunziata? La maggior parte dei testi sono analizzati nella prospettiva del diritto vigente nel luogo e al momento della prima rappresentazione. Un modus operandi quasi dovuto, data la rilevanza sociale che i temi trattati nell’opera avevano nel momento in cui veniva offerta al pubblico. Si pensi al Matrimonio segreto di Cimarosa, che tratta un argomento per certi versi molto presente nel costume sociale del sei-settecento, quello dei matrimoni clandestini. Altrettanto interessante il tema dei contratti e del denaro nell’opera di Verdi. La traviata non è unicamente la storia d’amore strappalacrime della prostituta sventurata che muore, ma anche uno spaccato sul ruolo del danaro, dei contratti e delle donazioni, che muovono e governano molte delle azioni dei protagonisti secondo una logica che la società romantica ottocentesca stenta a riconoscere, ma che Verdi neanche troppo velatamente tratta e che Annunziata riporta alla luce come un archeologo dell’opera.

Il lavoro di Annunziata non si ferma a questo. Studia e indaga i libretti in una prospettiva comparatistica, rilevando i molteplici aspetti letterari di cui sono intrisi. L’analisi giuridica non è uno sterile esercizio fine a sé stesso volto a trattare l’opera come un avvocato tratterebbe i fatti del suo cliente, ma l’occasione per offrire al lettore uno spunto di riflessione nuovo, letterario, storico e sociale, che vada al di là della componente teatrale e musicale. La trattazione è spesso corroborata da un’utile comparazione con il diritto vigente, soprattutto nei casi in cui il tempo della storia rappresentata è lontanissimo da quello della première dell’opera e dunque dal pubblico cui essa è rivolta (cfr. L’oro del Reno). 

In altri  casi, poi, la legge del Settecento o dell’Ottocento francese o austriaco (o comunque dei territori dell’impero asburgico come Milano o Venezia) differisce sostanzialmente dalla normativa odierna. Allora ci si chiede cosa avrebbe potuto fare il protagonista se avesse cercato tutela legale ai giorni nostri. Si hanno, poi, richiami al diritto romano, alle consuetudini francesi, per tornare infine agli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali contemporanei.  

Un tuffo costante nel passato con repertini ritorni al presente.  Una ricerca coinvolgente e appassionante, mai didascalica o fine a sé stessa, che immerge il lettore in un mondo fiabesco, fatto di quei racconti e di quegli aneddoti che oggi si sentono sempre meno.  

Leggendo Annunziata si ha come l’impressione di partecipare a un salotto letterario ottocentesco, in cui le storie di principesse, eroine, soldati e servi venivano affrontate con il sapore della scoperta, con il gusto della condivisione e la capacità di intrattenere il pubblico.

Un lavoro acuto e intelligente, in grado di farci capire che il modo in cui siamo abituati a pensare l’opera è solo uno dei tanti, e che in realtà l’universo che ci hanno lasciato Verdi, Puccini e Mozart è ancora ricco di sorprese e di mondi da scoprire.  Basta saperli riconoscere.