Cantar Beethoven

di Roberta Pedrotti

L. van Beethoven
Songs & Folksongs
tenore Ian Bostridge
pianoforte Antonio Pappano
violino Vilde Frang; violoncello Nicolas Altstaedt
registrato a Londra nell'ottobre 2019
CD Warner Classics 0190295276430, 2020

Il lungo travaglio per un'unica creazione operistica, Leonore/Fidelio, ha alimentato l'idea che Beethoven non avesse affinità con il teatro – e le sue musiche di scena? e la costruzione drammaturgica delle sue composizioni? – né tantomeno con la scrittura vocale. Senz'altro il rapporto con l'opera fu complesso e difficile, ma la questione non si può ridurre ai minimi termini svalutando teatralità e rapporto con il canto.

L'ascolto di questo cd può essere un bel punto di partenza per riconsiderare la questione ponendo l'accento sul Beethoven liederista, tanto più che, in una locandina senz'altro lussuosa, al pianoforte siede un musicista con la passione per l'attività cameristica, ma noto soprattutto sul podio per sinfonie e opere, Antonio Pappano, mentre la voce è quella di un interprete decisamente sui generis, Ian Bostridge.

La parte finale del programma è dominata da una selezione di canzoni popolari britanniche arrangiate da Beethoven per l'editore George Thomson. Un lavoro protrattosi per quasi quindici anni e centosessantaquattro arrangiamenti: routine, si direbbe, pura convenienza economica per paginette senza pretese ma assai ben pagate. Certo, si imporranno alcuni rifacimenti per venire incontro alle capacità strumentali della clientela di Thomson, ma soprattutto si evidenzia anche in queste commissioni una cura non indifferente: Beethoven richiede espressamente i testi, senza i quali è impossibile realizzare dei “prodotti perfetti” e sarebbe costretto a rifiutare il pur lucroso ingaggio. Irish, Scottish o Welsh Songs che siano, Bostridge si trova a cantare nella sua lingua madre e per il professore di Oxford conquistato dalla musica la tradizione delle isole britanniche rivisitata da uno dei massimi compositori d'ogni tempo è un irresistibile invito a nozze. Se poi il pianista è di origini italiane ma nato e cresciuto in Inghilterra – né Vilde Frang e Nicolas Alststaedt non sono da meno per idiomaticità con violino e violoncello – l'equilibrio fra spirito folkloristico e riscrittura sofisticata è garantito. The pulse of an Irishman ci fa sentire in un pub irlandese così vero da sembrar finto, o così finto da sembrar vero: se non è istinto treatrale questo! E il discorso potrebbe valere per ciascuno di questi bozzetti popolari di diverso affetto, o per Marmotte, saltellante nonsense popolaresco su versi di Goethe.

Per contro, l'unico brano in italiano, “In questa tomba oscura”, mette in luce una tendenza opposta nel trattamento del canto, con una melodia ridotta ai minimi termini, rappresa in una declamazione intimista che la dizione aguzza di Bostridge enfatizza nel timbro chiaro e nell'evanescenza cangiante dei colori, in quello studio minuziosissimo che invece di tendere alla naturalezza porta a un'astrazione spettrale non priva di suggestione.

Idioma diverso, considerazioni non dissimili per il peculiare rapporto fra articolazione della fonetica e del colore, dei Lieder tedeschi, composti in un arco di tempo che va dai primi anni '790 al 1817, dal promettente ventenne possibile successore di Mozart e Haydn, al compositore di successo in crisi, afflitto dalla sordità e dal fallimento sentimentale. La varietà d'affetti, e dunque di maschere, è rappresentazione in piccoli quadri poetico-musicali di elementi autobiografici, segue il suo percorso artistico e quello privato piegando l'invenzione melodica all'intenzione del testo senza che canto e strumento perdano la loro idiomaticità, anzi, indulgendo talora quasi con tenerezza in schietta cantabilità. Bostridge lo evidenzia ancora una volta con quel suo dire ora tagliente e scattante, ora languido, ora prosciugato e annichilito. Pappano non è da meno e, anzi, bilancia l'inquieto spiritello vocale con un tocco pianistico insieme analitico e ampio, rotondo e concreto anche nella sua sensibile varietà, nella sua capacità di assottigliarsi nel più intimo raccoglimento.

Il risultato è, per certi versi, straniante, come ogni approccio di Bostridge, ma il paragone con l'approccio psicanalitico alla Winterreise sarebbe fuori luogo: il cantante inglese è troppo intelligente per ricondurre ogni analisi alla medesima sintesi. Beethoven è, senz'altro, più concreto, terragno, come nel misto di nostalgia e trasporto, ironia e ferita in Adelaide, tuttavia i contrasti, le inquietudini, i dolori e le melanconie e  quanto di personale, scatti umorali compresi, il compositore pone nei suoi Lieder sono ricondotti all'essenza in una dimensione astratta e per nulla rassicurante.

Fa pensare, e non è poco per uno che ancora si crede non esser fatto per scriver per la voce pur avendo rivoluzionato la sinfonia proprio introducendovi per primo parole e canto.