Belcanto parigino

di Luigi Raso

Rossini & Donizetti
French Bel Canto Arias
scene e arie da Le siège de Corinthe, Guillaume Tell, Le comte Ory, Les martyrs, Lucie de Lammermoor, La fille du régiment

Lisette Oropesa (soprano)
Kristina Fuchs (mezzosoprano), Frank Blümel (tenore) Juan Carlos Navarro (tenor) Ulf Prelle (violoncello solo), Zhi Yi (tenore), Meinhardt Möbius (basso), Alexander Födisch (basso)

Dresdner Philharmonie · Corrado Rovaris
Registrazione effettuata nell’aprile al Kulturpalast Dresden, Germania
PENTATONE
PTC: 5186955, 2022
Durata: 65. 13

Se un recital vocale dedicato Rossini e Donizetti può apparire come un déjà entendu, già al primo ascolto il CD Rossini & Donizetti - French Bel Canto Arias (Edizione Pentanone) dimostrerà il contrario. E di certo, com’è accaduto a chi vi scrive, non ci si fermerà a un unico ascolto.

Sono infatti molteplici i motivi per i quali l’ultimo recital di Lisette Oropesa - magnificamente coadiuvata dalla concertazione di Corrado Rovaris alla testa di quel luminoso e prezioso strumento che è la Dresdner Philharmonie - a buon diritto è da classificarsi tra le uscite discografiche di maggior pregio e interesse artistico dell’anno.

E ciò innanzitutto per la scelta del repertorio, tanto raffinato quanto ricercato e coerente: la selezione dei brani è limitata ad arie dalle opere francesi - tali per adattamento o per nascita - di Gioachino Rossini e Gaetano Donizetti.

Sulle rive della Senna nelle prime quattro decadi dell’800 gli operisti italiani dominavano; e questo recital ci ricorda quanto e come il lirismo e l’espressività del Belcanto di Rossini e Donizetti possa conciliarsi con le inflessioni e i colori della lingua francese. Ne nasce un repertorio che probabilmente è un ibrido, con musica in Italia e parole in Francia, la cui genesi storico-artistica e la vicenda degli adattamenti agli stilemi dell’opera francese di capolavori nati per il pubblico italiano, sono indagati approfonditamente e dovizia di particolari dalle illuminanti note (in inglese) a corredo del CD a firma del musicologo Francesco Izzo.

Ma sarebbe limitativo circoscrivere l’interesse e il pregio di questa incisione (il secondo recital vocale di Lisette Oropesa edito dalla Pentatone, che segue quello altrettanto sofisticato dedicato alle arie da concerto di Mozart e qui recensito) alla ricercatezza dei brani e al tentativo di riproporre pagine del repertorio franco-italiano (o italo-francese?) che meriterebbero una più assidua frequentazione: molto più semplicemente, questo CD è un recital che racchiude musiche raffinatissime, che incantano per l’inventiva, bellezza e intensità melodica, per la sapienza della costruzione delle grandi scene liriche; e poi, a voler semplificare e sintetizzare ancor più il discorso, Rossini & Donizetti, French Bel Canto Arias, è un’incisione cantata benissimo da Lisette Oropesa, che ancora una volta si conferma eminente e indiscussa specialista del repertorio belcantistico, soprano che si apprezza per musicalità e acume interpretativo pur non sfoggiando mezzi vocali di straordinaria sontuosità.

Se poi aggiungiamo che Corrado Rovaris è un concertatore che accompagna benissimo la Oropesa, che si dimostra in perfetta sintonia con la puntualissima e scintillante Dresdner Philharmonie e con il Sächsischer Staatsopernchor Dresden, con i suoi bravi solisti chiamati a fare i pertichini, il risultato è sorprendente; e l’ascolto del CD costituisce una tappa obbligata per chiunque ami questo repertorio.

Elogiare la vocalità di Lisette Oropesa, la sua organizzazione tecnica, la pulizia della linea di canto, i lunghi legati, il nitore delle colorature, la tornitura e la precisione dei trilli e tante altre amenità vocali ci condurrebbe a stilare un elenco di caratteristiche già note e comunque immediatamente percepibili ad un ascolto attento. Invece, nel recensire questo CD, preferiamo soffermarci sull’intelligenza dell’artista, sulla calibrata raffinatezza e aderenza stilistica delle sue interpretazioni, sullo scavo negli accenti delle parti e sulla spasmodica ricerca dei più appropriati colori per ciascuna dei sei personaggi interpretati in questo recital.

E infatti l’ascolto regala proprio la sensazione che la Oropesa abbia assegnato un colore diverso per ogni brano di cui il recital si compone; a ciascuna scena il suo costume, i suoi accenti più appropriati, le colorature ad essa connaturate.

L’apertura del recital è dedicata a Le siège de Corinthe, adattamento di un’opera italiana, Maometto secondo, da Rossini francesizzata nell’idioma e nello spirito: primala grande e complessa scena di Pamyra “Que vais-je devenir?..Du séjour de la lumière”, dall’atto II e, a seguire, la sublime e raccolta preghiera “L’heure fatale approche... Juste ciel, ah!” dall’atto III.

Ebbene, già queste due arie costituiscono un saggio di come dovrebbe essere individuata la giusta inflessione, il colore più appropriato per ciascuna scena lirica.

Dal virtuosismo vorticoso che si origina da “Ô patrie, infortunée!”, si passa all’intenso cantabile “Du séjour de la lumière”: in poche battute muta radicalmente l’atmosfera musicale, i colori si incupiscono, l’intensità si rafforza fino a liberarsi e librarsi nelle volute e nei trilli della cabaletta “Mais après un long orage”.

Rimanendo a Le siège de Corinthe, l’ascolto di “Juste ciel”quasi commuove per l’adamantina fluidità della linea vocale e la struggente religiosità di cui è intriso il cantabile, in plastica contrapposizione con il recitativo scolpito “L’heure fatale approche”, “Juste ciel” è un continuo cangiare di dinamiche, di accenti, di minimi colpi di cesello; e poi ci sono l’ispirata concertazione di Rovaris, l’orchestra e il coro di Dresda a contribuire ad ammantare la preghiera di Pamyra di genuina sacralità.

La linea vocale di Lisette Oropesa acquista intensità e corposità nella crepuscolare “Sombre forêt” da Guillaume Tell: la frase “Arnold! Arnold! est-ce bien toi?” diventa il punto centrale e la climax del recitativo introduttivo. Con l’attacco di “Sombre forêt” si viene catapultati nel mistero della natura: lunghe arcate legate, emissione raffinata traducono meravigliosamente in canto i tormenti di Mathilde, i cui panni, alla luce dell’eccellente esito di questa incisione, ci auguriamo possa vestire presto in teatro.

Si cambia radicalmente registro con le sulfuree colorature della scena della Comtesse Adèle dall’atto I del Comte Ory, “En proie à la tristesse...Céleste Providence”: qui i tanti funambolismi vocali della vorticosa scena, perfettamente scolpiti e definiti,diventano i mezzi per esprimere la prorompente joie de vie di Adéle.

Si resta letteralmente sbalorditi per il passo stringente impresso alle fiorettature vocali, per il vorticoso e incalzante procedere della linea di canto nella cabaletta “Céleste Providence”che si chiude con il crepitìo dei fuochi d’artificio delle colorature.

Basterebbe l’ascolto dei soli brani dedicati al Rossini “francese” per riportarci alla memoria quanto Lisette Oropesa affermò, durante un’intervista concessaci nel corso delle recenti recite dei Puritani al Teatro San Carlo (qui la recensione dello spettacolo), sulla sua idea di Belcanto. In quell’occasione ci disse che bisogna trovare una ragione per ogni frase, per ogni acuto, sovracuto, messa di voce; ogni nota deve trovare la sua ragione di esecuzione (qui l’intervista integrale).

Ed è proprio questa concezione di Belcanto che l’ascolto dell’intero CD trasmette: le colorature sono a servizio dell’espressività; esse appaiono quali espressioni della psicologia del personaggio, mai sterili orpelli della linea di canto, ma sempre in simbiosi con quest’ultima.

A Parigi Rossini contribuì ad aprire le porte musicali della capitale francese a Gaetano Donizetti: la struggente preghiera di Pauline, “Ô ma mère, ma mère! Qu’ici ta main glacée bénisse ton enfant!” dall’atto I de Les martyrs, rifacimento del tormentato Poliuto destinato alle scene partenopee, è interpretata con profonda partecipazione, ricorrendo alla stessa tavolozza cromatica ascoltata nella rossiniana “Juste ciel”: si ascoltano lunghe arcate vocali che disegnano una linea di canto tanto elegante quanto intensa nel procedere fluido e levigato.

Non si rievocano raggi di tetra luna e fantasmi in “Ô fontaine... Que n’avons-nous des ailes?” che in Lucie de Lammermoor sostituisce “Regnava nel silenzio” della originaria Lucia: si tratta di un autoimprestito donizettiano, derivando la musica dalla cavatina “Perché non ho del vento”daRosmonda d’Inghilterra.

Quella francese è un'aria dalla fattura forse troppo convenzionale, ma ornata da eleganti colorature, eseguite dalla Oropesa con garbo, arguzia, leggerezza e puntature nel registro acuto. Ma, esaurita la curiosità dell’ascolto di “Ô fontaine.. Que n’avons-nous des ailes?” si resta dell’idea che “Regnava nel silenzio” abbia, soprattutto musicalmente, efficacia drammatica e musicale ben più immediata e imponente.

È intrisa invece di autentico sentimentalismo e nostalgia “Il faut partir” dall’atto I de La fille du régiment: ritroviamo qui quel canto ricco di pathos che la Oropesa ci ha fatto ascoltare in precedenza, durante le preghiere da Le siège de Corinthe e Les martyrs, e che raggiunge l’acme nella frase “Ah! par pitié cachez-moi votre souffrance”. Ma è l’intera romanza ad essere dipinta ricorrendo a nuance, colori e accenti caleidoscopici che rendono struggente il momento del distacco di Marie dal reggimento che l’ha cresciuta.

Ancor più intrisa di malinconia profonda e composta è “Par le rang et par l’opulence, en vain l’on a cru m’éblouir! Il me faut taire ma souffrance”interpretata dando risalto, grazie a una cura certosina delle dinamiche e dei colori, agli stati d’animo di Marie: per quanto è profondo e articolato il fraseggio di Lisette Oropesa, questa aria è un disegno calligrafico della tormentata interiorità del personaggio.

Si cambia radicalmente - e come si percepisce la netta cesura negli accenti! - nella trionfalistica e patriottica luminosa cabaletta di “Salut à la France!”: equi Lisette Oropesa, perfettamente sostenuta dall’orchestra diretta da Rovaris, dà fuoco all’intero armamentario di colorature, acuti e sovracuti di cui dispone.

Finale con i fuochi d’artificio per un recital che assicura preziosità, colori, colorature, intenso lirismo dal principio al termine. E, ascoltato l’ultimo brano, si riprende immediatamente l’ascolto dal primo.