Il racconto della memoria

 di Andrea R. G. Pedrotti

Boris Pigovat

Holocaust Requiem/ Poem of Dawn

viola Anna Serova

Croatian Radio & Televisione Symphony Orchestra

direttore Nicola Guerini

registrato a Zagabria il 3 e il 5 ottobre 2013

CD Naxos 8.572729, 2015

Non è cosa comune emozionarsi sinceramente ascoltando un CD, infatti quando assistiamo a un'esecuzione dal vivo la musica ci avvolge, il sentimento e l'umanità dei musicisti si fondono assieme ai nostri. In questo disco, registrato benissimo alla presenza del compositore, viene raccontata una storia, una storia di tragedia, sangue, morte e speranza.

Sebbene la scrittura di questo Holocaust Requiem (che mantiene la canonica tonalità in Re minore) e del seguente Poem of Dawn non comprenda temi direttamente derivanti dalla musica ebraica, ne ritroviamo appieno lo stile e la forma mentis. Prima di tentar di raccontare la tragica fiaba, traducendo in sintesi scritta le note di Boris Pigovat, vale la pena di spendere due parole sulla struttura dei brani eseguiti, senza entrare nel dettaglio, ma cercando di far risaltare le tematiche principali. Se il racconto è un testo, per esporlo abbiamo sempre la necessità d'un narratore che sappia andar oltre il codice linguistico convenzionato e sia in grado di toccare le corde più recondite del nostro animo. Sono proprio le corde degli archi che, per virtù simpatica, toccano le zone sensibili del nostro sistema nervoso. Nel marzo del 2015 ascoltammo, in un concerto sinfonico al Filarmonico di Verona [leggi la recensione], Schelomo di Ernest Bloch (non a caso violinista di formazione), il quale si serviva del violoncello quale narratore dei salmi di Re Salomone (Schelomo in ebraico). Il sottotitolo di quel brano è Rapsodia Ebraica; non possiamo pensare che anche una narrazione della Schoah non sia altro che una tetra rapsodia, un'apparizione, una persecuzione delle ombre del passato, del ricordo di una tragedia, ferita lacerante del popolo di Israele e che dovrebbe essere ferita lacerante, e indimenticata, di tutta l'umanità. Purtroppo le sinfonie di Bloch non sono celebri come meriterebbero, allora conviene spostarsi su autori più vicini al sentimento nazional-popolare per rendere il concetto. Sempre a Verona, a settembre [leggi la recensione], abbiamo ascoltato la celebre sinfonia n°1 Titano di Gustav Mahler, ricchissima di tematiche ebraiche non ufficialmente dichiarate, ma parti integranti dell'animo dell'autore. Quello che a noi interessa ricordare, tuttavia, non è Mahler, ma il bis intelligentemente pensato subito dopo dal m° Juraj Valčuha: l'intermezzo di Manon Lescaut di Giacomo Puccini. Anche quel brano si apre con una meditazione, affidata al violoncello, per poi esplodere nella completezza della complessità dell'unisono degli archi. Si potrebbe andare avanti all'infinito, citando, per esempio, la Méditation de Thaïs e molto altro.

L'Holocaust Requiem è definita “composizione tragica per viola e orchestra”, composta da sole quattro parti del Requiem (che, d'altra parte non è altro che una messa per i morti), ossia Requiem aeternam, Dies irae, Lacrimosa e Lux aeterna, unite in un unico flusso narrativo (e qui il nostro ricordo va al poema sinfonico di Gustav Mahler).

Nascosta fra le cinque righe ritroviamo, secondo la nota contenuta in una lettera del compositore stesso, la prima frase della preghiera ebraica “Shma Israel, Adonoi Elokeinu, Adonoi Ehad”. Il resto sono fonti letterarie, come il romanzo Life and Destiny dello scrittore ebreo-russo Vassily Grossman. Ebreo russo come Boris Pigovat, nato a Odessa nel 1953, la cui famiglia fu vittima della barbarie antisemita a Babiy Yar (Kiev). In ricordo di questo episodio venne scritto l'Holocaust Requiem nel 1995 (che gli valse riconoscimenti dalla sua patria Israeliana) e, successivamente (2010) il Poem of Dawn per viola e orchestra.

Nella prima parte (Requiem aeternam) sono per primi i legni a introdurci nella riflessione: dobbiamo immaginarci di essere a Odessa, Varsavia o in qualunque altro dei, purtroppo numerosi, luoghi d'Europa vittime dei rastrellamenti nazisti. Il legni insinuano il sospetto e l'immediato giungere degli archi la pacifica eterna attesa (Requiem aeternam, appunto) dell'arrivo delle S.S. Sul finire del brano la quiete sta cessando, con ottoni e percussioni, che preannunciano l'imminente irrompere dei soldati; l'arpeggio degli archi si fa più insistito e angoscioso: siamo accompagnati un crescendo di volume e intensità, quasi nel timore che le S.S. siano già arrivate. Poi prosegue l'attesa e aumenta l'angoscia: l'arpeggio si fa sempre più stretto, sino a quando il fiato pare mancare, quasi l'orchestra stesse simulando una attacco di panico.

Seconda parte (Dies irae): le Schutz-staffeln (squadre di protezione) sono arrivate e bisogna mantenere il nascondiglio dove ci si era celati, sotto i letti, le assi del pavimento o in recondite mansarde. Lo staccato e sostenuto ritmo iniziale sono i passi cadenzati degli stivali alemanni che pestano ritmicamente il terreno: attesa e ansia crescono. Nei pochi attimi di pace sembra vedere spiragli di luce interrotti dal passare e dal chiacchiericcio dei soldati. Pare se ne siano andati, ma - in parallelo temporale pressoché perfetto con l'angoscia del Requiem aeternam- le assi vengono divelte, le porte sfondate e le persone portate via a forza nella concitazione. L'ira si è compiuta.

La quiete dopo la tempesta ci conduce al Lacrimosa, una meditazione disperata, ma sempre dignitosa, su quale sarà il proprio destino, condotti ai vagoni piombati, per chissà quale destinazione, ovviamente se si è sopravvissuti al rastrellamento. Il suono dell'orchestra è più dolce e la melodia più ariosa: si riflette e si spera, dopo che il fatto è stato compiuto e il proprio destino è, ormai, nelle mani di altri. Lux aeterna, non più “pace eterna”, ma “luce eterna”: si è arrivati a destinazione dopo il viaggio, è il campo di sterminio. Su questo aggiungiamo un riferimento biografico che è ci è parso naturale e il cui titolo sintetizza il contenuto di questa quarta parte del Requiem: Tu passerai per il camino. Vita e morte a Mauthausen di Vincenzo Pappalettera. Nulla da aggiungere a tal proposito, se non che in quel luogo il destino della vita si era fatto morte, ancor prima del trapasso, tenuti in piedi solo dall'istinto di conservazione e dalla, per alcuni fallace, speranza, non casualmente l'ultimo dei mali contenuti nel vaso di Pandora.

Aggiunta finale saggia è il Poem of Dawn (Poema dell'alba), alla prima incisione assoluta. È un brano che sa di rinascita, ma non di totale palingenesi: il passato non si cancella, le ombre riecheggiano, ma la vita ci spinge a proseguire nel nostro cammino; nella sezione centrale sembra di veder davvero sorgere il sole e le nubi cineree dei camini si sono dissipate, ma il colore e la tonalità restano melanconici. Quel dramma (non tutti i drammi) è terminato e la viola è il nostro ricordo, la nostra speranza, la nostra tristezza, la rimembranza di un'ombra che non deve essere spettro. La salvezza completa non arriverà mai, ma bisogna sempre credere in essa e perseguirla, tornando più forti di prima. Questa fu, è stata, è e sarà sempre una delle grandezze del popolo ebraico.

Ottima interprete dei brani a lei affidati è la violista Anna Serova, che giostra il suo strumento con passione e sentimento, rendendo al meglio le evoluzioni che il pentagramma le richiede, infondendo caloroso rigore alla sua prova di solista.

Stesso discorso per la Croatian Radio & Television Symphny Orchestra, condotta al meglio dal m° Nicola Guerini. Passionalità e precisione sono la cifra caratteristica della concertazione del maestro veronese, che sa ben sfruttare le sonorità di un'orchestra che, parimenti a molti altri complessi dell'est Europa, pone in luce una gran preparazione tecnica, unita a un gran calore e una gran ricchezza d'armonici (ben resi dalla registrazione), specialmente nei bassi. Nota di merito va agli archi per la pienezza del suono dimostrata.

L'incisione del CD è avvenuta alla Vatroslav Lisinski Hall di Zagabria.