Incubi e carillon

di Roberta Pedrotti

A. Schönberg

Pierrot lunaire

registrato nel marzo 2014

A. Portera

Red Music

registrato nel settembre 2014

Anna Clementi voce

Ensemble Bios

Andrea Vitello direttore

CD Continuo Records CR114, 2015

Sonorità livide e aguzze. Sarcasmo macabro. Maschere inquietanti. Così siamo abituati a immaginare il sorriso spettrale e ambiguo del Pierrot lunaire di Schönberg, la sua ironia perturbante. Ma se quel turbamento si esprimesse con toni innocenti e familiari? Se l'espressionismo più spietato giocasse a nascondino con giocattoli e filastrocche infantili? Non potrebbe, forse, essere ancor più destabilizzante, inquietante?

È il sentimento che si avverte all'ascolto di questo Pierrot lunaire affidato alla voce di Anna Clementi con l'Ensemble Bios diretto da Andrea Vitello. Non una lettura edulcorata, idea davvero inconcepibile, né bamboleggiante, ma una lettura che gioca anche sulla familiarità innocente di richiami al carillon, sulla seduzione accattivante del gioco e della fiaba, in cui si insinuano, sottili e implacabili, le lame traslucide di un subconscio inquieto, morboso, malato, cangiante.

Anna Clementi è in tal senso perfetta per come recita il testo di Albert Giraud, volto in tedesco da Otto Erich Hartleben, piegando intonazione, colore, prosodia, metro e ritmo nei meandri di un'ombra che nasce dal candore, di un'inquietudine che si sposa all'innocenza. Di una dolcezza che non manca di ferire.

Il mondo dell'infanzia è stato oggetto d'attenzioni nel cinema e nella letteratura fantastica e del terrore, certamente anche con facili effetti ed esiti dozzinali “di genere”, ma soprattutto con capolavori come The Turn of the Screw di Henry James prima, di Banjamin Britten poi.

Quello stesso lavoro psicologico profondo e perturbante sulle fantasie, le ombre notturne, gli incubi e le allucinazioni più profonde possono celarsi nella maschera giocosa di un Arlecchino con il suo buffo carillon, che all'ombra di una Luna inquieta può trasfigurarsi in un Pierrot fatale e nel suo mondo sonoro inafferrabile, mobile e distorto come una scenografia espressionista.

Così un Pierrot lunaire che si presenta, al primo impatto, più innocuo e meno adulto, finisce per essere non meno labirintico e spettrale, non meno profondo ed inquietante di uno apertamente aspro e contundente.

Alle allettanti, iridescenti, sottili e letali ragnatele notturne di Schönberg seguono tre brevi pagine del contemporaneo Andrea Portera (classe 1973), Red music: un trittico di omaggi a tre giganti dell'area ex sovietica, Sonatina (tribute to Prokofiev), Carillon (...thinking Shostakovich) e Untitled (Hommage an Rostropovich). I titoli, dalla forma classica allo strumento giocattolo fino a una contemporanea indeterminateza alternano italiano, francese e inglese con inglese e tedesco per le dediche, non sinonime come si potrebbe intendere a uno sguardo superficiale, bensì a significare un atto dovuto a saldo di un debito artistico, un pensiero e un atto spontaneo di stima e riconoscenza. In queste tre prospettive l'autore filtra nel suo linguaggio fatto di polifonie fittissime di trame sonore le reminiscenze di queste tre personalità: le articolazioni ritmiche e timbriche, le geometrie di Prokof'ev, il lirismo e i guizzi grotteschi di Šostakovič, infine una sorta di ricerca sonora da cui emerge, infine, il canto del violoncello dedicato a Rostropovič.

Di questo trittico è interprete ugualmente efficace e rifinito l'Ensemble Bios.

Il ben curato libretto (ma sarebbe stato meglio segnalare l'anno di composizione dei pezzi di Portera), con saggi e biografie degli artisti, completa degnamente l'incisione.