La voce del clarinetto

 di Roberta Pedrotti

W.A. Mozart

Concerto per clarinetto e orchestra in La maggiore K 622

Adagio e Fuga K 546

Quintetto per clarinetto in La maggiore K 581

Fabrizio Meloni, clarinetto di bassetto

Marco Rizzi e Laura Bortolotto, violini

Danilo Rossi, viola

Giovanni Gnocchi, violoncello

orchestra Artkronos

Ezio Rojatti, direttore

CD, Deutsche Grammophone 481 4746, 2016

Fabrizio Meloni, primo clarinetto dell'orchestra della Scala, nonché della stessa Filarmonica, non è nuovo a incisioni mozartiane e del concerto K 622 contava già due edizioni discografiche, con Riccardo Muti e con Antonello Manacorda sul podio.

La ragione del ritorno a Mozart, al concerto in La maggiore ma al Quintetto K 581, riposa in uno strumento: un clarinetto di bassetto di fabbricazione francese per il quale Meloni ha confessato un vero e proprio colpo di fulmine. Difficile dargli torto e non apprezzare la calda cantabilità che ne scaturisce e rinnova quel fascino suscitato nel Salisburghese dall'ingresso sempre più significativo nelle orchestre di fiati in continuo perfezionamento tecnico.

Soprattutto nel Quintetto si apprezza l'affiatamento fra i solisti (Rizzi, Bortolotto, Rossi, Gnocchi con Meloni), ma soprattutto l'impasto timbrico favorito dalla morbidezza e dalla corposità del suono del clarinetto di bassetto in tutta la, ragguardevolissima, estensione, così come dalle ombreggiature sinuose che permette all'interprete. Indubbiamente questo è il pezzo migliore del CD, e in particolare il Larghetto, davvero ispirato negli scambi e nei duetti fra fiato e archi.

Meloni rinnova la confidenza con queste pagine alla scoperta entusiasta delle peculiarità dello strumento, più incline al sentimento rousseauiano che alla brillantezza galante, delineando le forme elegantemente levigate del cantabile di Mozart.

Lo accompagna nel Concerto l'orchestra Artkronos, creata appositamente riunendo elementi per lo più in forza agli organici scaligeri: ventisei musicisti di qualità, senz'ombra di dubbio, tecnicamente ferrati e musicalmente sensibili. Manca un po' la coesione del complesso consolidato da un più lungo corso o da una bacchetta più illuminante di quella di Ezio Rojatti, restando fraseggio e dinamiche circoscritte in un ambito piuttosto ristretto, ispirato più che altro dal rapporto diretto con la voce del clarinetto di bassetto. Parimenti l'Adagio e Fuga K 546 inserito a metà del programma a mo' d'intermezzo è sicuramente ben suonato ma, quanto a concertazione e interpretazione, non riesce a essere indimenticabile.

Buona la resa tecnica del suono e di piacevole lettura le note di Nicola Cattò, che comprendono un'intervista a Fabrizio Meloni.

Un appunto editoriale: nel presentare i componenti di Artkronos le sole viole sono citate con nome e cognome, mentre le altre sezioni procedono anteponendo il cognome come in un appello scolastico. Al di là del fatto che la prima forma sarebbe preferibile, si consiglia perlomeno un'uniformità di criterio nel medesimo elenco.