David, l'utopista

 di Roberta Pedrotti

 

F. David

Christophe Colomb, Musique de chambre, symphonique et sacrée

saggi di Ralph P. Locke, Gunther Braam, Alexandre Dratwicki e Camille Saint-Saëns

Chantal Santon-Jeffery (soprano), Julien Behr e Cyrille Dubois (tenori), Josef Wagner (baritono), Pascal Monlong (violino),  Pauline Buet (violoncello), François Saint-Yves (organo) Tristan Raës, David Violi, Jonas Vitaud,

Les Siècles, Brussels Philharmonic, iFlemish Radio Choir

direttori François-Xavier Roth, Hervé Niquet

133 pagine con illustrazioni, testi in francese e inglese

3 CD

Palazzetto Bru Zane, Portaits volume 4, 2017

Libro con CD allegati? Incisione discografica corredata da un ricco apparato di saggi? Da qualunque prospettiva la si guardi, la proposta del Palazzetto Bru Zane è di alta qualità e grande interesse: un progetto culturale di ampio respiro anche nella riscoperta di un nome apparentemente di secondo piano nel panorama dell’800 francese come Félicien David (1810- 1876).

Scorrendo i grandi capitoli della storia della musica del paese transalpino, infatti, sembrerebbe che molti dei maggiori snodi, almeno per più di due secoli, si debbano a compositori non autoctoni: l’italiano Lulli (Lully) seguito da Pergolesi, Piccinni, Gluck, Spontini, Cherubini, Rossini (seguito a ruota da Donizetti e Verdi), Meyerbeer, Offenbach… Fra le grandi personalità nate in Francia spicca Berlioz, per l’inventiva e la caratura intellettuale, ma Berlioz non nasce in un terreno altrimenti arido, le sue creazioni non compaiono miracolosamente dal nulla: la sua epica, le sue sinfonie drammatiche e i suoi poemi sinfonici hanno salde radici nell’humus di un sistema teatrale affatto diverso da quello italiano, dove una miriade di piccoli centri, compagnie, imprese garantivano ai giovani compositori una gavetta melodrammatica prima della gloria sulle scene maggiori o di una sana pensione in qualche cappella o nell’insegnamento. In Francia l’opera era un punto d’arrivo, fortemente centralizzato nell’Academie Royale de Musique, cui si affiancavano (oltre al Théâtre Italien che per definizione era riservato ad autori italiani) gli spazi “minori” dell’Opèra Comique, del vaudeville, del mélodrame, ovvero luoghi e generi in cui il canto andava a braccetto con la prosa e tendeva a rivolgersi a un pubblico più popolare.

La palestra dove esercitare e mettere in luce le proprie qualità in uno stile grandioso che preludesse a impegni nella tragédie lyrique e nel grand opéra si trovava, dunque, nelle cantate, in composizioni che orbitassero fra i generi dell’oratorio o dell’ode sinfonica, quale appunto fu il terreno d’elezione di David che di quest’ultima è ritenuto l’inventore, per quanto le sperimentazioni dello stesso Berlioz mettano in guardia dalla tentazione di individuare mitici iniziatori di questa o quella tradizione.

Personaggio singolare, David merita attenzione anche per le sue vicende biografiche, per la sua appassionata adesione al socialismo utopista di Saint-Simon, cui dedicherà più d’una significativa pagina musicale, e per i viaggi nel mondo islamico e nel vicino Oriente, da cui trarrà non trascurabili suggestioni sonore. La sua biografia si legge con il gusto di un romanzo e accompagna l’ascolto di alcune delle sue opere più importanti, fra cui, soprattutto, l’ode-symphonie Christophe Colomb ou La Découverte du Nouveau Monde (Cristoforo Colombo o La scoperta del nuovo mondo, 1847), in cui confluisce sicuramente il retaggio di Spontini, Rossini e Meyerbeer, ma si ravvisa anche un’ambizione non semplicemente epigonica e supportata da una buona solidità musicale. Gli manca, come già rilevarono i contemporanei, la forza e l’originalità per elevare scene come quella della tempesta e dell’insurrezione dei marinai al di là della maniera, ma le pagine più liriche, i quadri simbolici e naturalistici, i momenti in cui affiora l’esotismo rivelano il meglio di David, la sua fine ispirazione e la sua personale declinazione dello stesso universo romantico e immaginifico accolto ed esaltato da Berlioz.

Le pagine sacre, sinfoniche e cameristiche, nonché il potente oratorio Le Jujement Dernier (Il Giudizio Universale) presentate nei tre CD completano il ritratto di un compositore che occupa una sua precisa posizione nella storia della musica francese, pur non essendosi imposto sulle scene con la forza del genio. I saggi di Ralph P. Locke, Gunther Braam e Alexandre Dratwicki offrono, oltre al quadro storico e biografico, minuziose analisi delle partiture e costituiscono, oltre che una preziosa guida all’ascolto, di per sé un valore fondamentale per il cofanetto. L’articolo firmato da Camille Saint-Saëns in mortem di David costituisce, poi, un gustoso documento in cui la penna dell’autore di Samson et Dalila si muove in perfetto equilibrio fra cordoglio, diplomazia e salacità: un altro spaccato del mondo musicale francese del XIX secolo.

Le esecuzioni sono tutte eloquenti, ben curate, di buon livello complessivo e vanno citati almeno i concertatori François-Xavier Roth (Christophe Colomb) ed Hervé Niquet, la voce recitante di Jean-Marie Winling (Christophe Colomb), le voci di Chantal Santon-Jeffery (soprano), Julien Behr e Cyrille Dubois (tenori), Josef Wagner (baritono), il violinista Pascal Monlong, la violoncellista Pauline Buet, l’organista François Saint-Yves, i pianisti Tristan Raës, David Violi, Jonas Vitaud, le orchestre Les Siècles e Brussels Philharmonic, il Flemish Radio Choir.