La virtù del pathos

 di Roberta Pedrotti

 

Arias for Nicolino

brani di Handel, Sarro, A. Scarlatti, Pergolesi

Carlo Vistoli contraltista

Stefano Demicheli direttore

Talenti Vulcanici

CD Arcana A 427, 2017

Nicola Grimaldi, detto Nicolino, (1673-1732) è uno di quelli artisti esemplari per comprendere realmente, fuori dai luoghi comuni, quale fosse la civiltà artistica dei castrati. Non un incessante spettacolo pirotecnico di trilli, volate, sovracuti, abissi, fiati infiniti, ma, nei suoi vertici, l'alta espressione di interpreti completi, di musicisti che rapivano le folle non con effetti speciali, ma con la sostanza della forza data al dramma e alla parola nel loro canto. Il virtuosismo serve all'affetto e al dramma, il legato, il fraseggio, l'accento servono all'affetto e al dramma, come all'affetto e al dramma serve l'arte scenica che questi uomini di statura superiore alla norma potevano coltivare con inusitata autorevolezza. Nell'alternanza degli stili – ché non si può pensare che da Scarlatti a Gluck l'estetica mutasse poco o nulla prima della celebrata Riforma – può cambiare il modo in cui il canto si sposa al testo, con cui il virtuosismo ne amplifica e talora ne trascende intenzioni, sfumature e sottintesi, ne tornisce l'articolazione. Non cambia il principio che l'opera sia sempre teatro e quello dei suoi interpreti un recitar cantando.

Fra Scarlatti, Sarro, Handel e la Salustia di Pergolesi, incontro fra il virtuoso al tramonto e il compositore debuttante sfumato al debutto scenico per la scomparsa repentina del primo, Carlo Vistoli esplora il ventaglio di affetti, situazioni, personaggi nati per la personalità di Grimaldi. Ne esce un bel ritratto parallelo, che nel ripercorrere le virtù dell'antico castrato mette in luce i pregi del giovane contraltista. Vistoli ha una voce morbida, di bellezza e naturalezza che paiono innate, tanto è pastosa la sua emissione. Ascoltandolo sale alla ribalta il personaggio, non l'interrogativo sul genere dell'interprete, il cui canto non ha nulla di falso o artificioso.

Quasi scontato, dunque, che siano le pagine cantabili e patetiche quelle in cui vengono esaltate le qualità del contraltista, il cui esordio con “Cara sposa” da Rinaldo pone subito sul tavolo le carte vincenti di un legato nobilissimo innervato da un'intima intensità espressiva. Ma il pathos delle melodie più cullanti si plasma sulla parola, segue la logica del verso e della prosodia muovendosi in una declamazione quasi sospesa (“Cor ingrato”) o in plastici moti dell'anima. Il principio estetico della varietà, della mobilità espressiva trova piena risposta nell'intelligenza con cui Vistoli aderisce al dipanarsi melodico disegnando l'amore e lo sdegno, il dubbio e la risoluzione, il cavaliere, il sovrano, il padre. Proprio nelle due arie dalla Salustia, infatti, impressiona come la dolcezza contraltile sappia indurirsi nell'autorità di un genitore irato che minaccia la figlia. D'altra parte, Il Cambise di Scarlatti permette di ascoltare nell'intenzione musicale tutta l'autorevolezza dell'imperatore e del condottiero.

Infine, se la duttilità dimostrata in precedenza non fosse bastata, il cimento con la celeberrima apoteosi virtuosistica di “Venti, turbini prestate” chiude il CD con l'affermazione di disinvolta sicurezza nella coloratura. La misura che si addice a Handel – non esattamente l'autore più spericolato del suo tempo – evita la trappola di tentazioni ottocentesche senza far venir meno l'ebrezza insita nella pagina, anzi viepiù ammantata di franco slancio.

In un programma dedicato a un castrato napoletano e a opere, Handel escluso, tutte nate all'ombra del Vesuvio, una formazione partenopea come quella dei Talenti vulcanici della Fondazione Pietà de' Turchini offre il miglior sostegno con una perfetta compenetrazione dello stile, accenti ben netti, sonorità morbide e colorite a dovere in delicate sfumature anche nelle pagine esclusivamente strumentali.

Il libretto trilingue, con un saggio di Paologiovanni Maione è accurato e completo come si conviene a un recital d'alto livello qual è questo.