Il violino della Musa

 di Roberta Pedrotti

 

K. Penderecki

La Follia, Duo concertante, Sonata N. 2, Metamorphosen

Anne-Sophie Mutter, violino

Roman Patkolò, contrabbasso

Lambert Orkis, pianoforte

Krzysztof Penderecki, direttore

London Symphony Orchestra

2CD Deutsche Grammophon, 483 5163, 2018

Il diario dell'amicizia e del sodalizio artistico fra Anne-Sophie Mutter e Krzysztof Penderecki si dipana come un crescendo che procede a ritroso. Si dilatano organici e forme, ma si retrocede cronologicamente dalla Follia per violino solo (2013) al Duo concertante con contrabbasso (2010), alla Sonata n.2 con pianoforte (1999), fino al concerto per violino e orchestra n.2 Metamorphosen (1992-95). Su questo doppio binario misuriamo la forza del fruttuoso incontro fra da un lato la violinista che, ancora da enfant prodige, stupisce il compositore per l'originale, spiccata, precocissima maturità e sensibilità d'interprete, dall'altro il compositore che sembra leggerle nel pensiero, in una sorta di affinità elettiva, e tessere partiture dall'autore stesso paragonate a ricerche labirintiche, di cui l'interprete sottolinea la straordinaria profondità.

Dall'ascolto è evidente come il rapporto sia di reciproca ispirazione e si faccia quasi simbiotico. Il linguaggio di Penderecki è sempre straordinariamente ricco, sensibile alle grandi esperienze russe (Shostakovic in primis) e attento ad accogliere gli strumenti sviluppati dalle avanguardie senza, tuttavia, allinearsi a una corrente. Dalle ampie proporzioni del concerto, articolato in ben sei movimenti nei quali il materiale musicale si evolve e si arricchisce in uno sviluppo continuo, si giunge all'essenzialità della Follia per violino solo, che già nel nome si profila come omaggio al barocco (e a Bach), ma anche al virtuosismo demoniaco ottocentesco e alle lacerazioni della modernità. Un cimento tecnico che Anne-Sophie Mutter tramuta in labirinto emotivo a voce sola.

Anche il Duo concertante sembra aprirsi con un'allusione a Vivaldi che subito, però, si svela come una tenebrosa immersione nel XX secolo, pur senza perdere di vista le forme classiche, quelle stesse che permeano, anche con guizzi insospettatamente sinuosi e quasi giocosi, la Sonata e il Concerto. Benché il dramma si bilanci per lo più con toni introspettivi e affettuosi, infatti, talora fa capolino una sorprendente vitalità dai tratti cantabili, danzanti e più spensierati, che tuttavia finisce per lambire l'angoscia di un labirinto dove ci si può divertire, ma anche perdersi per sempre in una corsa ansiosa senza via d'uscita.

Il contrabbasso di Roman Patkolò, codedicatario del Duo, e il pianoforte di Lambert Orkis sono perfetti complici di Mutter nell'ispirare, penetrare, incarnare il linguaggio di Penderecki. Lo stesso compositore, sul podio della London Symphony Orchestra, dirige infine Metamorphosen in un'edizione, registrata nel 1997, che non si può non definire ideale e di riferimento.

 Le note di Oswald Beaujean contestualizzano e approfondiscono dichiarazioni di Mutter e Penderecki senza prevaricarle e completano così un omaggio davvero eccellente a uno dei più importanti compositori viventi.