F. Liszt
Concerti per pianoforte e orchestra n. 1 e n. 2
Malédiction
Mephistowalzer n. 1
Giuseppe Albanese, pianoforte
Fabio Mastrangelo, direttore
Moscow City Symphony - Russian Philharmonic
registrato a Mosca il 27 e il 30 agosto 2017
CD Universal 481 7296, 2018
Liszt è indubbiamente un re delle sale da concerto, ma anche nella sua produzione esistono zone d'ombra, in particolare quando si parla delle opere per pianoforte e orchestra. I solisti amano frequentarlo in recital, le orchestre si muovono per lo più fra i due concerti con pianoforte, alcuni poemi sinfonici e lavori sacri. Così, il Mephistowalzer I circola più facilmente nella versione pianistica che in quella orchestrale originaria, mentre Malédiction per piano e archi rientra a pieno titolo fra le rarità lisztiane. Fa piacere ritrovarle in questo CD, affiancate ai ben più celebri due concerti nell'interpretazione di Giuseppe Albanese e della Moscow City Symphony – Russian Philharmonic diretta da Fabio Mastrangelo.
L'orchestra, fondata nel 2000 e dunque appena maggiorenne, ha tutta la compattezza che ci si aspetta dalla tradizione slava, che riconosciamo anche nel controllo dinamico, nella qualità e pienezza del suono dal pianissimo al fortissimo, nella salda preparazione di tutte le sezioni, sempre ben amalgamate. Dialoga alla pari con il pianoforte, anzi, instaura un rapporto dialettico in cui non rinuncia a mostrare la sua forza, pur senza prevaricare, fondendosi, al contrario, talora in un unico, suggestivo organismo sonoro. D'altra parte, Giuseppe Albanese sfodera un pianismo virtuosisticamente più persuasivo che assertivo. Non viene meno alle indiscutibili difficoltà della scrittura, ma le vive come un mezzo più che come un fine, articolando piuttosto con l'orchestra un discorso che Liszt vuole particolarmente frastagliato, e pertanto perturbante e seducente.
Di “caotiche bellezze” scrisse Ignaz Moscheles lodando un'esibizione del sedicenne Liszt in cui si potrebbe ravvisare proprio una prima, embrionale stesura di Malédiction. Difatti nei contrasti iperromantici di questo densissimo quarto d'ora abbiamo condensato l'aspetto visionario del Liszt compositore, contorni perfino avveniristici, che dovevano apparire sconcertanti o bizzarri ai contemporanei, ma anche accentuazioni caratteristiche ammiccanti al grottesco se non perfino al volgarotto, e poi ascese al sublime d'ispirazione classica, a dolcezze ed eroismi ispirati e suggestivi di stampo post beethoveniano (giustamente, nelle note d'accompagnamento, Luca Chierici sottolinea il suo ruolo di modello per il genero Richard Wagner). Tutti ingredienti che, accostati e miscelati in dosi diverse, compaiono negli imperativi dell'allegro maestoso del primo Concerto, o nell'abbandono del successivo quasi adagio che si scioglie in un limpidissimo trillo. O, ancora, nel grande arco del crescendo che domina, dal soffuso incipit al travolgente finale, il secondo Concerto. Il pianista italiano si muove con sicurezza e intelligenza, delineando un percorso non privo di deviazioni e divagazioni su panorami inaspettati, ma sempre senza perder di vista la direzione e la meta.
In chiusura, il Mephistowalzer ribadisce le solide qualità dell'orchestra, sia nel placido incedere danzante della festa popolare, sia nell'emergere di guizzi sulfurei - non troppo inquietanti - negli interventi strumentali solistici. Soprattutto, l'assenza del pianoforte si trasforma in evocazione della futura e ben più celebre trascrizione e riallaccia i legami fra scrittura orchestrale e pianistica che costituiscono la struttura portante di quest'incisione.