Olympia e le sue sorelle

 di Roberta Pedrotti

Offenbach Colorature

Jodie Devos, soprano

Adèle Charvet, mezzosoprano

Laurent Campellone, direttore

Munchner Rundfunkorchester

registrato a Monaco nel luglio 2018

CD Alpha Classics/ Palazzetto Bru Zane / BR Klassik Alpha 437, 2018

La primadonna dell'opera francese, anche quando in Italia l'età del belcanto è tramontata, non può esimersi dallo sfoggiare un agguerrito bagaglio virtuosistico: prima di annunciare sorbire il filtro della morte apparente in un'aria assai drammatica, la Juliette di Gounod si era presentata gorgheggiando i suoi sogni; prima di essere abbandonata da Faust e intonare “Il ne revient pas”, Marguerite aveva imitato con la voce lo scintillare dei gioielli; lasciata la “Petite table” Manon cinguetta per Cours la Reine, né mancano di inerpicarsi ai vertici del pentagramma e di esibire la loro agilità Lakmé o Esclarmonde. E anche quando non sia la primadonna a esibire il canto più brillante, o le primedonne siano due, dalle fioriture di Marguerite di Valois (Les huguenots), Isabelle (Robert le diable) o Inés (L'africaine) per Meyerbeer, Eudoxie (La juive) per Halévy, di Sophie (Werther) o della Fée (Cendrillon) per Massenet, l'opera francese non rinuncia a omaggiare il virtuosismo femminile.

Anche nei circuiti meno opulenti dell'opéra comique e dell'opéra bouffe, là dove spesso lo spettacolo consiste in due o tre solisti, un organico ridotto all'osso e un'attrezzeria minima, un soprano di coloratura resta l'arma fondamentale per il successo, il sovracuto e la volatina i lussi concessi fra le ristrettezze. Così, Jacques Offenbach affina la sua scrittura vocale acrobatica in tutte le declinazioni espressive offerte dal teatro musicale francese del suo tempo. L'emblema resterà, nella memoria collettiva, l'imitazione del meccanismo della bambola Olympia, compresi gli effetti della carica e del suo esaurimento o il parossismo che porta alla rottura del congegno. Tuttavia, l'automa di Spalanzani non è un esempio solitario, né la coloratura spericolata è prerogativa di un cantante artificiale. Olympia è circondata da sorelle umane seduttive, incantatrici, romantiche, tenere, capricciose, un po' folli, gioiose o disperate. D'altra parte, quando Jacques era un bimbetto che iniziava a mettere in luce il suo talento musicale come violoncellista, a Parigi Rossini prestava alle malinconie e ai desideri amorosi di una contessa medievale le stesse note che qualche anno prima (e per la stessa interprete) avevano rivestito le smanie per la moda di una frivola nobildonna contemporanea. La coloratura sopranile alla francese può declinarsi in molti modi, ma resta come comun denominatore la leggerezza di un esprit inconfondibile, parente stretto del virtuosismo strumentale parigino. Lo sapeva, e lo realizzava, benissimo il compositore Offenbach, lo sa e lo realizza assai bene il soprano Jodie Devos.

Al di là delle salite impavide all'estremo acuto e della duttilità di uno strumento chiaro e leggiadro, è proprio lo spirito la carta vincente di Julie Devos, che non è trascendente, ma sempre brillante, sempre pungente nel cogliere il giusto sapore del testo, nell'esprimere la teatralità spumeggiante del virtuosismo offenbachiano. Olympia non è che una faccia della medaglia, ma c'è anche la languida e insidiosa sensualità di Giulietta (si ascolta la Barcarolle con l'ottimo Nicklausse di Adèle Charvet, senza dimenticare che per la cortigiana dei Contes d'Hoffmann, normalmente affidata anche a mezzosoprani, esiste l'opzione per soprano di coloratura). C'è il piglio quasi isterico dell'insofferente Fantasia in Le voyage dans la lune, ma anche l'evanescenza non priva di malizia di Eurydice in Orphée aux Enfers, c'è lo sfoggio sarcastico della primadonna Corilla in Vert-Vert, ci sono esplosioni gioiose e amorose, motti impertinenti e impositivi, tenerezze più liriche. La coloratura che inebria non stordisce, insomma, con una raffica pirotecnica, ma si dipana seduttrice a mostrare la varietà di un genere duttile e sempre attento a cogliere, con sguardo ironico e arguto, lo spirito del tempo: dalla letteratura romantica, alle mode teatrali, dalla politica ai progressi scientifici che solleticano ipotesi fantascientifiche (Le voyage dans la lune è chiaramente ispirato all'opera di Jules Verne).

Con la perfetta idiomaticità del canto di Devos non si può non apprezzare l'ottima Munchner Rundfunkorchester diretta con sicurezza da Laurent Campellone: siano le opere maggiori di Offenbach o quelle concepite per organici meno sfarzosi, tutte meritano allo stesso modo un'esecuzione di qualità, come di qualità sono sempre le note di Alexandre Dratwicki, direttore artistico del Palazzetto Bru Zane, partner e benemerito patrono di quest'altro sguardo nelle pieghe dell'Ottocento musicale francese.