Agrodolce semplicità

 di Roberta Pedrotti

F. Schubert

Heimweh, Lieder

Anna Lucia Richter, soprano

Gerold Huber, pianoforte

Mattias Schorn, clarinetto

SA - CD Pentatone, PTC 5186722, 2019

Non un ciclo di Lieder, non una Winterreise o una Schöne Müllerin o uno Schwanengesang, bensì un tema, la nostalgia, Heimweh, da non confondersi con il più vago e inafferrabile struggimento della Sehnsucht. Così il soprano tedesco Anna Lucia Richter debutta per l'etichetta Pentatone con un album dedicato alla musica vocale di Schubert.

Tre Lieder di Mignon dal Wilhelm Meister di Goethe e i tre Ellens Gesang da The lady of the lake di Walther Scott costituiscono gli unici due nuclei di, relativa, continuità, in un programma che intorno al concetto portante raduna per lo più pagine indipendenti: Ad der Mond, Der Zwerg, An mein Herz, Heimweh, Totengräbers Heimweh, Viola – Blumenballade, Erster Verlust, Abschied von der Erde, Der Hirt auf dem Felsen.

L'approccio di Anna Lucia Richter colpisce subito per la vocalità chiara che in acuto tende a suoni un po' tesi e fissi che, però, nel complesso e in questo contesto, non dispiacciono, anzi, conferiscono a queste pagine un che di antiteatrale, di intimo, talora di infantile, talora di liliale o di diafano, quasi spettrale. Il soprano tedesco tratteggia senza enfasi, con delicatezza un abbandono nostalgico che si declina in diverse espressioni, più patetiche, incalzanti o estatiche. Con il suo canto fra il fanciullesco e l'angelico, fra sogno e malinconia fa talora pensare allo spirito estatico e gioioso della mahleriana Himmlische Leben, fraseggia con intelligenza e amministra bene i suoi mezzi. Pone la sua vocalità totalmente al servizio del testo, impegnandosi anche come attrice nell'unico melologo schubertiano, Abschied von der Erde, delicato addio alla vita e alla natura. E qui emerge, eco musicale della parola detta o origine sonora razionalizzata nel parlato, il pianoforte di Gerold Huber, controparte eccellente dell'espressione vocale di Richter. In ogni pagina del programma, tuttavia, Huber ha modo di ribadire la sua statura in questo repertorio, dialogando con il soprano con grande sensibilità e per il respiro del canto e per una dialettica sempre viva e discreta di colori e accenti, soppesando analogia e contrasto nel suono e nell'espressione. E, come rigenerato dal contrasto con l'essenzialità disarmante del melologo, il programma si chiude con uno dei pochi, e splendidi, Lieder schubertiani in trio: il clarinetto di Matthias Schorn si unisce a Huber e a Richter nel purissimo slancio idilliaco e nostalgico di Der Hirt auf dem Felsen, trionfo della felice e non scontata semplicità d'espressione del soprano e della sua complicità musicale con ottimi compagni d'avventura. Una complicità talmente efficace da trasformare anche un filato asprigno nell'intima nostalgia di un paradiso perduto, raccontando il Lied non come levigato belcanto, ma come poesia riservata, sincera anche a costo d'apparire acerba.

Completano il CD, in tedesco e in traduzione inglese, le note dettagliate di Doris Blaich e i testi cantati.