Definire l'indefinito

di Roberta Pedrotti

A. Bruckner

sinfonie 6 e 9

R. Wagner

Siegfried-Idyll e Preludio al primo atto di Parsifal

direttore Andris Nelsons

Gewandhausorchester Leipzig

registrazione dal vivo al Gewandhaus di Lipsia, dicembre 2018

2 CD Deutsche Grammophon, 00289 483 6659, 2019

Wagner e Bruckner. Un binomio consacrato dalla venerazione che il giovane austriaco, tutto consacrato alla composizione sinfonica e sacra, nutriva per il "maestro dei maestri", viceversa concentrato più sulla teatralità totalizzante della musica. Lo scarto generazionale, il rispetto devoto del giovane ideale discepolo per il modello eletto contrappone, dunque, diversi terreni d'elezione, ma anche diversi percorsi formativi, tanto è erudito, caparbio, scaltrito nella dottrina Bruckner, quanto Wagner affina i suoi strumenti sul campo in modo meno organico, seguendo l'istinto, il genio, anche autodidatta. 

Nella sua registrazione dell'integrale delle sinfonie di Bruckner con la Gewandhausorchester, Andris Nelsons le accosta a pagine strumentali wagneriane, scelta naturalissima, ma nondimeno assai utile all'ascolto. In quest'ultimo cofanetto, la Sesta e la Nona sono precedute dal Siegfried-Idyll e dal preludio al primo atto di Parsifal, vale a dire una pagina intima, aurorale, ispirata dalla nascita del figlioletto e dedicata alla moglie, e l'apertura solenne dell'ultima opera, monumento sacrale della musica che plasma un tempo che si fa spazio; un richiamo al mondo epico e leggendario germanico, alle radici pagane della Tetralogia, e, viceversa, a un misticismo di marca cristiana, al mito del Graal e alla rigenerazione pasquale. Il cristianesimo di Parsifal, però, è solo in parte la religione di Bruckner, cattolico devotissimo là dove l'incontro di Wagner con la fede resta personale, filtrata dalla sua poetica, da riferimenti ideologici, spirituali, letterari diversi.

Rispecchiamenti e ribaltamenti fra Wagner e Bruckner sono accarezzati con sapienza fin dal Siegfried-Idyll, morbidissimo anche se eseguito in formazione sinfonica e non cameristica, grazie alla capacità di Nelsons di far emergere il calore intrinseco al suono della Gewandhausorchester. Un suono avvolgente di legni e ori antichi, che non scintilla sfacciato, ma si fonde dolcemente nel flusso della melodia infinita dell'Idillio. La sua eco è ben chiara nella maestà composta, per quanto autrevole, dell'incipit della Sesta di Bruckner e, via via, nell'incalzare, nell'intrecciarsi inesausto ma sempre cantabile dei temi. Quella costruzione frammentaria, s'iscrive in un'arcata coerente, s'incorpora nel velluto orchestrale, ma rimane anche sottilmente intelleggibile, sottotraccia, elemento costitutivo imprescindibile e propulsore. Ogni tassello dell'architettura bruckneriana va al suo posto, a confermare l'antica affinità elettiva con il complesso di Lipsia. Resta, sapientemente intrecciato in un solido disegno, un senso profondo di dolore, di turbamento, di ricerca inesausta di un'irraggiungibile perfezione, di tensione all'ideale che si compie nell'insieme, ma resta ad agitarsi nel particolare. Nelsons fa convivere benissimo finito e indefinito, appagamento e insoddisfazione, visibile e invisibile, elaborato e rimosso, con una gestione davvero ammirevole della tensione interna alle intere sinfonie. La sensazione non può che esaltarsi nella Nona, nella sinfonia tormentata e incompiuta dedicata «dem lieben Gott», il cui accostamento con il preludio dell'ultima opera di Wagner, con l'opera "cristiana" di Wagner, sembra non meno inevitabile e ancora una volta istigatore di pensieri sulla dialettica e lo sviluppo dei temi, sull'effondersi del discorso che in Parsifal delinea un'altra dimensione mistica e sacra, nella Nona la cerca, solenne ma inquieta, fino a dissolversi in quell'Adagio del terzo movimento, l'ultimo completato dall'autore, che sembra guardare a Bayreuth senza perdere il suo peculiare e perturbante intreccio di solidità compositiva e turbamento creativo, sempre avvolti nello splendore del suono della  Gewandhausorchester.