Autoritratto di Carlo Broschi, detto Farinelli

di Roberta Pedrotti

The Farinelli Manuscript

arie di Broschi (?), Latilla, Conforto, Giacomelli, Mele

dal Manoscritto donato da Farinelli a Maria Teresa d'Austria nel 1753

Ann Hallenberg, mezzosoprano

Stefano Aresi, direttore

Stile Galante

registrazione effettuata a Diemen, Olanda, nell'aprile 2019

CD Glossa GCD 923521, 2019

Preservare l'arte di un interprete quando ancora la voce non poteva essere catturata, conservata e riprodotta a piacimento. Specie quando la generazione di Faustina Bordoni Hasse (1697-1781) e di Carlo Broschi Farinelli (1705-1782) consacra il divo come parte integrante della creazione artistica, portatore di un proprio stile e della propria personalità, si esprime anche il desiderio di afferrare e conservare l'inafferrabile ed effimera traccia del canto.

In un pregiato manoscritto destinato in dono a Maria Teresa d'Austria, Farinelli realizza un autoritratto musicale, consegna la sua voce d'artista alla carta come ora lo potrebbe fare un'incisione discografica: una serie di arie emblematiche del suo repertorio e delle sue migliori qualità, alcune di queste appuntate con le proprie personali. Ora, riletto filologicamente, il prezioso album diventa un CD, l'autoritratto su carta prende vita sonora nell'omaggio di una delle più scaltrite e raffinate interpreti del repertorio sei-settecentesco, Ann Hallenberg.

"Son qual nave che agitata", di paternità incerta, e "Quell'usignolo" di Giacomelli sono senz'altro fra le arie più celebri associete al nome del mitico castrato, esempi perfetti di aria di tempesta e di uno stile non meno fiorito ma più elegiaco e galante. Entrambe, nelle variazioni farinelliane (alcune mai ascoltate integralmente finora) e in un'esecuzione ligia ai più approfonditi studi sulla prassi esecutive, rendono alla perfezione l'ardimento di una vocalità agile al limite dell'umano, di un gusto spiccato per la diminuzione, vale a dire per un tipo di variazione che infittisce la scrittura di note di breve durata, ricamo sottilissimo ed espressivo che, basti pensare all'imitazione del canto dell'usignolo, non risulta mai fine a se stessa, bensì rispondente a una precisa concezione estetica dell'espressione della parola cantata. Le spettacolari mirabilie vocali di Farinelli, appare evidente all'ascolto di questi brani nell'articolazione prescelta dall'artista come proprio lascito, sono sempre elaborate con una precisa logica di eloquenza e pregnanza teatrale. Anche un'aria patetica, dall'andamento più placido com'è "Vuoi per sempre abbandarmi?" dal Natal di Giove di Latella porta in sé l'idea di un cesello di trilli, mordenti, terzine, gruppetti che sublimano l'immagine del dolore, del pianto, del fremito interiore. L'astrazione dell'affetto e della situazione è una modalità espressiva, non una negazione espressiva, è un prezioso bagaglio retorico nell'ugola del vero artista, non il vuoto esercizio dell'usignolo meccanico. 

Perfetto esempio di tale sublimazione, in una raccolta di arie estrapolate dal contesto, è il passaggio da pagine d'ispirazione eroica ("Son qual nave che agitata") e altre d'ambiente bucolico in cui, addirittura, Farinelli interpreta non un guerriero amoroso, ma la pastorella Licori con il suo semplice amore per Tirsi. Si confrontano, secondo principi della retorica classica, diversi registri, elevati e medi (come dire, nell'esempio virgiliano, l'Eneide e le Bucoliche), ma, anche al di là del sesso e dello status del personaggio, l'atteggiamento dell'interprete, l'estetica dell'espressione attraverso la sublime astrazione rimane il medesimo.

Hallenberg, con la direzione di Stefano Aresi, la collaborazione dell'ensemble Stile galante e di seri riferimenti musicologici, si fa attenta portatrice di queste istanze, senza cercare di stupire con contrasti pirotecnici, bensì entrando nel dettaglio della scrittura farinelliana - ché se gli autori son diversi e non sempre noti l'impronta dell'interprete informa ogni aspetto della raccolta e della sua esecuzione. Con disinvoltura, chiarezza d'eloquio e nettezza d'emissione, le variazioni minute, perfino quelle audaci e onomatopeiche dell'aria dell'usignolo, perfino gli effetti d'eco, fra eroi e pastorelle, arcadia e tragedia trovano la loro precisa definizione. Ecco allora delineato, finalmente in un'unica registrazione, con affettuoso anelito di fedeltà il ritratto che Farinelli lasciò di sé. Un ritratto d'estrazione eterogenea nei singoli elementi, eppure, ascoltare per credere, perfettamente definito e coerente nella sua forma finale.

Da leggere, infine, con attenzione, le note di copertina a cura di Stefano Aresi, che chiariscono l'inconsistenza di alcuen diffuse leggende sugli ultimi anni di Farinelli, e segnatamente sul suo rapporto con i reali spagnoli.