Hector secondo Igor

di Roberta Pedrotti

H. Berlioz

La damnation de Faust

Verreau, Roux, Rubio, Mollet

Choeurs Elisabeth Brasseur - Choeur Enfants RTF

Orchestre Lamoureaux, Paris

Igor Markevitsch, direttore

registrazione Deutsche Grammophon 1960

rimasterizzazione in CD e Blu Ray Pure Audio, Deutsches Grammophon, 483 6377 GM3, 2019

La frase della viola sola che introduce la ballata del Roi de Thule. Basterebbe quel momento a consegnare questa Damnation di Faust alla storia. Tutta la concertazione di Igor Markevitch, però, è una miniera di meraviglie, così densa, cupa, tagliente, implacabile, così abile nel districarsi, con decisione pari alla disinvoltura, nelle fitte maglie dell'invenzione berlioziana. Impermeabile a ogni tentazione istrionica, a ogni estroverso virtuosismo, Markevitch ribadisce il suo controllo assoluto. L'esattezza ritmica, la cura dell'articolazione metrica, la sottigliezza delle dinamiche sono amministrati con la misura di un fraseggio profondo e incalzante. Si pensi al nervosismo che pervade la Course à l'abîme, quasi ansiosamente sussurrata contro un coro femminile orante sempre più inquietante nella sua immobilità: Markevitch non arriva mai a forzare il precipizio, e così lo spalanca con precisione chirurgica. Dopo un istante di funerea immobilità il Pandaemonium possiede davvero un'ampiezza di pensiero sovrumana al pari della trascendenza dell'Apothèose: la roccia del più profondo abisso infernale e gli spazi celestiani, il colore più cupo e denso e quello più luminoso e trasparente sembrano essere due epifanie della stessa materia. La massa nera non collassa informa, l'etere sottile non si perde in una trama evanescente, entrambe sono plasmate dal demiurgo con intelligenza precisa e preziosa sostanza. Nulla giunge per caso, e i legami si riconoscono chiari nei richiami evidenti, occulti, ricorrenti, carsici che Markevitch controlla e delinea fin dalla prima scena.

Tutto è talmente sensato, talmente forte nelle sue basi che perfino gli svarioni evidenti del coro nella Fugue sur le thème de la  Chanson de Brender sembrano rientrare in un disegno di spavalda emancipazione del brutto, del grottesco. Ovvio, questo non giustifica i difetti d'intonazione, ma segna ancor più la gloria di una concertazione capace di reggere indenne i colpi dei singoli incidenti.

Sembra direttamente plasmato dalle mani di Markevitch anche il cast, sia per la scelta dei colori, sia per il fraseggio: tutto, semplicemente, saggiamente giusto. Fine, espressivo, ma asciutto. Richard Verreau giostra il peso dell'emissione e la densità del timbro per creare un Faust virile, un sapiente e un amante. Michel Roux sa essere chiarissimo, quasi un baryton Martin, ma anche sciogliere un "Voici des roses" inaspettatamente brunito, con una grana vocale che emerge felpata nella mezzavoce. Talora Consuelo Rubio pare un po' opaca, ma il suo canto sa tingersi di dolore, passione ferita, intima verità, e fondersi perfettamente a quello delle viole nelle sue arie.

L'incisione non è una novità, ma è uno di quei classici che val sempre la pena rispolverare. Oggi la Deutsche Grammophon lo fa nel migliore dei modi, con un bel cofanetto a libro, con più cartone che plastica, e una rimasterizzazione di lusso, in Cd e Blu-ray Pure audio, che rende quanto più possibile giustizia all'arte del maestro un po' russo (di nascita e fede politica), un po' francese (di formazione), un po' italiano (di matrimonio), ma patrimonio universale.