Altre stagioni

di Roberta Pedrotti

Into Nature

Vivaldi Seasons and other sounds from Mother Earth

musiche di Vivaldi, Marini, Janequin, Merula Uccellini, Pasino

Enrico Onofri, direttore e primo violino solista

Imaginarium Ensemble

Registrazioni effettuate nell'aprile 2018

CD Passacaille 1062, 2019

Quante diverse stagioni si sono succedute sulle note di Vivaldi, testa d'ariete della riscoperta di un autore a lungo pressoché dimenticato e tornato alla ribalta, anche teatrale, con sempre maggior prepotenza nel corso del XX e del XXI secolo. Spesso viste con il senno di poi, Le quattro stagioni si accostavano alla Pastorale di Beethoven, ispiravano trascrizioni, rivisitazioni, associazioni con pezzi come Las quatro Estaciones porteñas di Piazzolla. Grandi orchestre si sono compiaciute di sonorità opulente per tempeste, ghiacci, idilli e vendemmie, ma anche complessi storicamente informati, solisti virtuosi - si tratta pur sempre di concerti per violino, archi e continuo. E, tuttavia, il bello dell'arte è proprio che anche quando qualità e quantità sembrano suggerire che si sia già detto tutto, qualcosa si potrà sempre dire.

Ci prova ora Enrico Onofri con l'Imaginarium Ensemble. Ci prova su un doppio binario, storico e naturalistico. Seguendo il primo si rivolge più che al senno di poi, a quanto ha invece preceduto la creazione vivaldiana, che se anche appare innovativa per la sua struttura a programma, s'inserisce in un filone naturalistico ben consolidato. Ecco allora accostata a Vivaldi un'antologia di brani del XVI e XVII secolo accumunati dall'ispirazione bucolica e ornitologica, di origine strumentale o anche vocale trascritta e "diminuita" (variata) all'uso antico. Fra queste si segnalano Fuggi dolente core (1655) di Biagio Marini, modellata su un tema popolare che tornerà anche nella Moldava di Smetana e nell'inno nazionale israeliano, e Le chant des oyseaulx (1528) di Clément Janequin, per il quale si sono evitate il più possibile le diminuzioni concentrandosi sul gioco strumentale d'imitazione dei pennuti. Uno spirito giocoso che ricorre, peraltro più volte, nell'evocare galline e cuculi non meno di usignoli e tortore. 

La ricerca storica si rivolge anche all'organico, che passa dai divertimenti per due o tre violini (in un caso con l'aggiunta della viola, in un altro di viola e violoncello) con basso continuo a una realizzazione vivaldiana "a pieno regime" che, comunque, si rifà alla prima edizione a stampa (Le Cène, 1725) e conta appena sette archi: un solista (Enrico Onofri), quattro violini (Alfia Bakieva, Paolo Perrone, Setsuko Sugita e Monika Toth, ciclicamente anche solisti a loro volta), una viola (Maria Cristina Vasi) e un violoncello (Alessandro Palmeri). L'essenzialità cameristica degli archi incontra un continuo che diventa un vero e proprio deuteragonista interlocutore con Simone Vallerotonda all'arciliuto, Michele Pasotti alla tiorba e Riccardo Doni diviso fra organo e cembalo. Il tessuto sonoro risulta leggero e vivido, non evanescente; l'equilibrio così instaurato, dinamico, in continua evoluzione di fraseggio e timbri, sempre all'interno di un'attenta consapevolezza filologica.

La fedeltà dichiarata con scrupolo alla prassi esecutiva barocca e alle indicazioni delle fonti storiche (sempre Le Cène come punto di riferimento) si sposa, proprio nella ricerca del repertorio e nella scelta dell'organico e dello sviluppo del continuo, al secondo binario, quello naturalistico. Onofri modella l'imitazione sull'osservazione, cerca di calibrare i tempi, le articolazioni, il respiro su quelli effettivi dei suoni di natura. Una sorta di ritorno alle origini e all'ispirazione più o meno palese dei brani in programma. 

Ci provano, abbiamo detto, Enrico Onofri e l'Imaginarium Ensemble, a dire qualcosa di nuovo sulle Quattro stagioni, fra riflessione storica e naturalistica. Ci provano e ci riescono, con un'intelligente boccata d'aria pura, fra campi e canti d'uccelli.