Il riverbero del genio

di Roberta Pedrotti

AA.VV.

RossiniMania

chitarra Eugenio Della Chiara

CD Bottega Discantica DISCANTICA 278, 2013

Nel XXI secolo l'idea di trascrizione non può più essere quella del XIX secolo, quando , in assenza di mezzi di registrazione e riproduzione, il motore primo era quello di poter rivivere in salotto le emozioni del teatro. Già allora, però, questa semplice finalità stava stretta a un genere di straordinarie potenzialità, come ben dimostrò Liszt, elevando riminiscenze e trascrizioni a opera sublime di analisi e ri-creazione musicale. Si poneva così in modo più netto la questione della soggettività e dell'esperienza dell'ascoltatore nell'approccio alla musica: la prospettiva di chi, infatti, conosce a menadito la fonte ispiratrice, non potrà mai essere la medesima di un orecchio vergine dell'origine melodrammatica di fronte alla nuova veste cameristica. Questione da poco, in apparenza, e lapalissiana, ma in realtà fondamentale, giacché è impossibile prescindere dal contesto di produzione, esecuzione e ascolto, con i rispettivi livelli d'interpretazione indissolubilmente legati e condizionati dall'esperienza soggettiva di tutti gli attori (passivi o attivi è distinzione sfuggente in quest'ottica). Il lavoro su temi altrui ha almeno due autori, di fatto, e di tutti può rivelare molto, svelando pieghe e potenzialità impreviste o solo intuite nella fonte, così come aspetti nascosti o latenti della personalità del nuovo creatore. Il gioco si fa ancora più spericolato e interessante con un autore come Rossini, caratterizzato da straniante astrazione, ironia, da un'invenzione musicale di natura proteiforme, polisemia e, viceversa, perfino asemantica; attuale e inattuale d'un tempo, nostalgico, concreto e preveggente. Scorrendo nomi e dati anagrafici, il gioco di questo CD (registrato in vista del debutto in concerto dello stesso programma, presentato dal Rossini Opera Festival, che ha patrocinato anche l'incisione) intriga sempre di più: Gioachino Rossini (1792-1868), Niccolò Paganini (1782-1840), Alberto Zedda (1928), Gianfranco Mariotti (1933), Davide Anzaghi (1936), Pippo Molino (1947), Paolo Ugoletti (1956), Roberto Tagliamacco (1959), Alessandro Spazzoli (1964), Marco Reghezza (1968), Eugenio Della Chiara (1990). In ordine rigoroso, un genio ispiratore all'origine, un amico sommo virtuoso e compositore a sua volta, due lungimiranti e instancabili promotori di cultura e talenti, sei compositori contemporanei, l'interprete che li ha coinvolti. Da questi incontri fra generazioni di diverse esperienze ma di eguale passione, vediamo concretizzarsi una forma di quella che Gianfranco Mariotti ama definire koiné rossiniana, una sorta di lingua comune appresa e condivisa intorno alla Renaissance e intorno a Pesaro. Della Chiara, che i ventritré anni non li ha ancora compiuti, ha talento, preparazione e competenza per interpretare con suono netto e nitido e perfetto equilibrio fra sensibilità al canto, all'origine teatrale e apertura ai mondi astratti contemporanei di queste rivisitazioni. Sei autori per altrettante divagazioni rossiniane, dal Guillaume Tell all'Italiana in Algeri, dalle Soirée musicales alla Cenerentola, dal Barbiere di Siviglia a Zelmira. Più o meno mascherate e nascoste, fra elaborazioni di contrappunti, riemergere d'echi e suggestioni, esplorazioni del palpito d'una sola cellula, celano e svelano i riflessi di un genio che si riverbera in un continuo rinnovamento. Pare, talvolta, di trovarsi su strade impensate, sonorità novecentesche, fra la sperimentazione d'avanguardia e il cantautorato (in particolare certi incontri progressive fra la PFM e De André), o suggestioni classiche. La chitarra può farsi arpa o percussione, porci su un cammino che ci sembra ignoto o familiare, ma lontanissimo, e poi rivelarci che, nel profondo, era solo Rossini. Il genio profondo e caleidoscopico dagli infiniti riverberi nel tempo, dalle infinite potenzialità nell'incontro con altre esperienze, altre sensibilità. La trascrizione è sempre opera a più mani, su cui incidono più soggettività che si sorprendono a vicenda. In questo cammino la Grande Sonata per chitarra sola di Paganini è un'altra tappa che si muove su temi nati dalla penna del Genovese, ma che sembrano quasi elaborazioni di motivi rossiniani. Variazioni su temi mai scritti, solo immaginati, per l'amico che condivideva, ammirava e respirava la koiné di quel genio di cui aveva diretto la prima di Matilde di Shabran (suonando anche alla viola l'assolo del corno nel secondo atto), opera in cui, guarda caso, Isidoro entra in scena poetando con l'accompagnamento di una chitarra. Il cerchio si chiude, o, meglio, si apre su strade nuove.

Intervista a Eugenio Della Chiara