Shokhakimov, rimandato ad aprile

di Roberta Pedrotti

Il giovanissimo direttore uzbeko Aziz Shokhakimov non convince alle prese con la Quinta Sinfonia di Mahler. Eccellente, invece, la prova dell'oboista Paolo Grazia nell'unico concerto che Strauss dedicò al suo strumento.

BOLOGNA, 8/11/2013 - Le cose belle sono anche le più delicate. Se poi la bellezza si estende considerevolmente nel tempo e nello spazio, servirla senza perdersi, senza cali di continuità diviene ancora più arduo. Aziz Shokhakimov ha compiuto venticinque anni da poco più di un mese, un curriculum già notevole e alcune importanti scritture in tasca, ma il suo biglietto da visita presentato per la stagione del Comunale non è stato dei più convincenti.

La scelta della Quinta Sinfonia di Mahler, con la sua ora di durata e le sue innumerevoli difficoltà, come pezzo forte della serata si è rivelata quantomeno azzardata: sia stata l'inesperienza, la scarsità di prove, la poca forma fisica sarà forse presto per dirlo, ma, certo, gli sbandamenti dell'orchestra (con la necessità di una pausa per una seconda accordatura), la prova a tratti inquietante della tromba, l'andamento privo di nerbo, mordente, di intuizioni musicali e idee interpretative ci hanno lasciato decisamente l'amaro in bocca e hanno fatto pesare non poco i cinque movimenti della monumentale opera mahleriana.

Niente inquietudini, ironie, suggestioni klezmer, sfolgorii timbrici, tubamenti grotteschi, profondi malesseri e abbandoni sensuali. Ci siamo trascinati con fatica in un'esecuzione affatto deludente.

Nella prima parte non ci aveva colpiti troppo nemmeno l'Overture Accademica di Brahms, ma, brano d'occasione scritto piuttosto controvoglia, le aspettative non erano alte; un aperitivo un po' insipido ma che non ci guasta gusto o appetito. Molto più convincente, davvero una graditissima sorpresa, il Concerto in Re Maggiore per oboe e piccola orchestra di Richard Strauss. Un brano d'improba difficoltà, che vorrebbe dipingere la perfetta serenità arcadica della pace e della libertà ritrovate dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma in cui l'impegno richiesto all'interprete (dovuto in gran parte alla scarsa dimestichezza con l'oboe cui mai prima d'allora aveva dedicato un brano solistico) imprime una certa qual tensione. Quasi l'energia repressa sotto il giogo del regime scalpitasse nell'espressione gioiosa di un lungo canto legato, quasi un ciclo infinito di fioriture e virtuosismi in un'unica arcata sonora appena punteggiata da occasionali interventi di altri strumenti. Paolo Grazia è bravissimo, sorprendente: non solo ha ragione delle asperità della parte, ma interpreta, gioca con le dinamiche, sfuma e fraseggia. E, alla fine, non si risparmia e non teme di ripetere un'intera sezione come bis.

Paolo Grazia è bolognese e da anni primo oboe dell'orchestra del Comunale. Val la pena di ricordare quanti grandi artisti e professionisti lavorino nei nostri teatri e meritino di essere valorizzati appieno.

Shokhakimov, invece, tornerà alla testa dei complessi del teatro in aprile per Evgenij Onegin: ci auguriamo che l'impressione interlocutoria di una serata poco riuscita possa migliorare, formando un giudizio più completo.

Il successo di pubblico è comunque assai caloroso per tutti già oggi.