La colpa e la catarsi

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Entusiasma ancora una volta il dittico De Falla/ Mascagni con la regia di Renato Zanella e la direzione di Jader Bignamini. Si conferma ottimo il cast e l'avvicendamento nel ruolo di Turiddu mette in luce in Dario Di Vietri un elemento, seppur perfettibile, decisamente promettente.

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VERONA 10 marzo 2015 - Seconda recita in crescendo per il dittico El amor brujo\Cavalleria rusticana. Ci rimangiamo quanto detto in occasione della prima: evidentemente il meccanismo registico era perfettibile, poiché l'insieme scenico è risultato di qualità ancor maggiore. Renato Zanella ha talmente arricchito di dettagli intelligenti e pertinenti la sua regia da renderne la visione una costante riscoperta; il suo approccio con il balletto di De Falla e il melodramma di Mascagni non annoia mai, anzi, risulta sempre interessante e sempre più coinvolgente. Piccoli dettagli, che non avevamo colto prima, accrescono l'effetto emotivo della danza, come quando un sapiente scambio fra primi ballerini pone al centro rituale ora gli uomini, ora le donne. È un rituale di amore e morte; v'è quasi un riassunto e l'antefatto di Cavalleria rusticana. Riconosciamo chiaramente lo stereotipo di Lola e Santuzza, quanto quello di Alfio e Turiddu. Un dramma di passione travolgente e gelosia tragica che Renato Zanella ha saputo far suo e trasmettere al folto e entusiasta pubblico in sala. Lo stesso discorso fatto per il balletto, vale anche per Cavalleria rusticana: il collegamento fra i due lavori non è limitato al sorgere del sole e al susseguirsi del giorno con la notte, ma esiste un trait d'union fra la prima e la seconda parte della messa in scena di straordinario effetto catartico. Il coinvolgimento è assoluto. Non si può definire altro che geniale l'effetto comunicativo ed espressivo della disposizione del coro nel “Regina coeli”: un semicerchio di stampo classicheggiante, che occupa tutto il palco, le croci schierate, un veloce e accennato offertorio, il perfetto fuoco visivo su Santuzza e la sapiente posizione scenica affidata a mamma Lucia. Tutto è ineccepibile: l'epilogo di una accennata via crucis trasforma in Golgota la collina dei templi siciliani e ogni minimo movimento accompagna perfettamente l'atto narrativo della musica di Mascagni. Non vorremmo dilungarci troppo su una regia già ampiamente descritta in occasione della prima recita, ma vale la pena ricordare un altro momento della rappresentazione: la processione di donne velate, guidata da Santuzza, durante l'intermezzo. Perfettamente schierate paiono condotte al martirio dopo il peccato commesso: sofferenti come Gesù Cristo condotto alla crocifissione, e velate da bei drappi di pizzo nero - un elemento che appare spesso anche in El amor brujo - incedono con calma e ordine, ma faticano a camminare e, talvolta, cadono, sotto il peso della colpa. Hanno infranto la morale cattolica e, quindi, vengono estromesse e punite. Esse vivono il medesimo dramma di Santuzza, di cui sono epigone e proiezione immaginifica. Come la fanciulla scomunicata sono impure e macchiate d'infamia. Da sottolineare, ancora una volta, la perfetta gestione delle masse, da parte di Zanella. L'effetto visivo probabilmente non sarebbe stato il medesimo, se non fosse stato accompagnato dalla costantemente eccelsa bacchetta di Jader Bignamini. Alle volte ci si distrae leggermente dall'azione mirando il suo gesto, preciso, misurato, ma dalla musicalità vibrante. La dinamica è impetuosa, ma mai rumorosa; i volumi orchestrali solo eccellenti, le sezioni equilibrate alla perfezione e le scelte espressive di Bignamini sono fra le migliori che si possano desiderare, in entrambe le partiture.

Il cast vocale offre, nuovamente, una prova di livello: in crescita, rispetto a domenica scorsa, la mamma Lucia di Milena Josipovic. La cantante aveva offerto una prestazione positiva anche alla prima, ma, nella serata di martedì, ha affrontato il personaggio con maggior partecipazione e personalità. Permane di buon livello l'Alfio di Sebastian Catana, che conferma l'impressione positiva avuta pochi giorni or sono. Vale lo stesso discorso per Clarissa Leonardi (Lola), la quale dimostra, ancora una volta, un mezzo vocale e una presenza scenica rimarchevoli. In questa serata il ruolo di Turiddu è stato affidato al tenore italiano Dario Di Vietri: il giovane interprete denota qualche problema nella gestione dei fiati e la voce tende ad affievolirsi nel registro acuto. Non ha sicuramente la stessa disinvoltura scenica di Eyvazov, ma la recitazione è, tutto sommato, convincente. Sarebbe stata preferibile una maggior cura di accenti e fraseggio, pur avendo egli messo in luce buoni spunti espressivi. Il mezzo vocale è, comunque, notevole e, considerata l'età (soli trent'anni), riteniamo che Di Vietri abbia tutte le possibilità per accomodare alcune imperfezioni e proporsi come tenore drammatico di livello. Ancora una volta trionfatrice Ildiko Komlósi, come Santuzza: la cantante ungherese domina il ruolo, nell'espressione, e piega senza sforzo apparente ogni asperità del pentagramma. Interprete e attrice d'eccezione, con stile ed estrema raffinatezza, tratteggia una Santuzza memorabile, capace di strappare entusiastiche e meritate ovazioni al pubblico in sala.

Assolutamente ineccepibile la prestazione del sempre ottimo coro della Fondazione Arena di Verona, guidato con precisione e professionalità da Vito Lombardi. Ancora una volta il complesso areniano si dimostra uno dei migliori del panorama lirico italiano e non solo. Al termine applausi entusiasti anche per il corpo di ballo e, in particolare, per la bravissima Teresa Strisciulli, Evghenij Kurstev e Antonio Russo.

Le scene e i costumi erano a cura di Leila Fteita e le bellissime luci, erano di Paolo Mazzon.

Il nuovo allestimento, di proprietà della Fondazione Arena di Verona, è difficilmente esportabile senza la cura di Renato Zanella, che ci auguriamo, possa debuttare come regista anche nell'anfiteatro sito a pochi metri dal Filarmonico, poiché la sua arte visiva e comunicativa potrebbe regalare momenti indimenticabili all'interno della magica atmosfera dell'estate veronese.