Sesso e Narciso

 di Luis Gutierrez

Christopher Maltman è un eccellente Don Giovanni e regala al pubblico della capitale messicana una delle migliori performance udite negli ultimi anni. Peccato che, sebbene l'allestimento appaia ben più convincente oggi che non al debutto di sei anni fa e la direzione convinca con tempi agili e attendibili, alcune carenze penalizzino il capolavoro del Salisburghese proposto nel festival Esto Es Mozart. Prima fra tutti, la scelta scellerata delle orchestre in palcoscenico preregistrate.

CITTA' del MESSICO, 19 marzo 2015 - Sei anni fa, il 19 marzo del 2009, debuttò la produzione che oggi si riallestisce al Palacio de Bellas Artes. Ricordo quella recita come la peggiore, musicalmente parlando, e teatralmente si avvicinò né poco né punto a quello che è Don Giovanni, naturalmente secondo me, o almeno non l'ho capito. La produzione di Mauricio García Lozano è megliorata enormemente dopo sei anni, dimostrando ci sono casi in cui giova concedere una seconda oppoerunità. Questo può darsi per tre ragioni: ora l'ho compresa, il cambio di collocamento dal  Teatro de la Ciudad (il Palacio de Bellas Artes era in ristrutturazione) e Lozano ha rivisto la sua regia.

García Lozano presenta un Don Giovanni lubrico, che abusta del suo vigore sessuale e della sua posizione sociale ed è, differentemente da altre interpretazioni, narcisista fino all'eccesso.

Sono sempre stato disgustato dai registi che cercano di divertirsi impartendo una lezione o "spiegando un concetto" al pubblico. Disgusto a parte, durante l'ouverture Don Giovanni simula in un gran letto rotondo circondato da una tenda una serie di atti sessuali, inclusi i convenzionali, cunnilingus, fellatio, ménage-à-trois, sodomia, etc. etc., che vediamo nel riflessio di uno specchio onnipresente, in questo momento collocato in posizione obliqua. Ho detto “simula” perché se lo avesse "fatto" sarebbe stato impossibile continuare con l'opera, e non per qualche ragione di censura, bensì per l'impossibilità di respirare bene per cantare e Don Giovanni senza Don Giovanni non è Don Giovanni. Al salire della tenda le donne, con un gran sorriso di piacere e soddisfazione, ricevono da leporello una tavoletta con un numero, che verrà usato poi durante il Catalogo, ma può anche esser visto come l'imposizione di un marchio di proprietà da parte di Don Giovanni, che formalmente le reifica.

L'ouverture termina modulando alla tonalità dell'introduzione, che nelle parole di Alfred Einstein è “una delle meraviglie del mondo”, Leporello termina il suo lavoro di "marchiatore" e inizia a comportarsi come servo fidato. E qui cominica anche a complicarsi la mia comprensione dello spettacolo, poiché la scenografia di Jorge Ballina è composta da letti, cornici di letti e materassi che simuleranno tutti i luoghi in cui si svolge l'opera, posti su una piattaforma quadrata che girerà fra una scena e l'altra. Credo assai probabile che chi non conosca l'opera non abbia la più pallida idea dello sviluppo della trama.

Il regista ci ha mostrato una Donna Anna indignada che scaccia Don Giovanni, a momenti, mentre questo torna continuamente alla carica, il che contraddice il libretto e, a mio parere, la sua psicologia. Non esiste alcuna fonte, né nel libretto di Da Ponte, né tanto meno nella musica di Mozart, che suggerisca l'omicidio alle spalle di un Commendatore inginocchiato, e con la sua stessa spada. Don Giovanni può essere immorale - amorale? - in molti sensi, ma non un vile assassino, almeno a mio giudizio e finchè non si dimostri il contrario.

Il momento in cui più e utile la scenografia, e la regia più esilarante, è durante il Catalogo di Leporello, in cui vengono mostrate tutte le dnne citate, una a una tale e quale a come descritta nell'aria.

Non so chi abbia stabilito l'organico del coro, ma le nozze di Zerlina e Masetto sono celebrate da un seguito così numeroso che molti potenti lo desidererebbero per i loro figli. Lo stesso avviene quando Don Giovanni entra nella gran sala nella quale avrà luogo il finale primo e un coro di quattro o otto servitori, non di più, si tramuta nell'intera sezione maschile del Coro del Teatro de Bellas Artes.

In questo finale si constatano i maggiori problemi: uno musicale, assai serio, per l'utilizzo di una registrazione che sostituisce le tre piccole orchestre che suonano, dopo essersi accordate, sul palcoscenico, una con coppie di oboi, corni e archi a interpretare il minuetti, due con violini e contrabbasso per la contradanza e la danza alemanna. Non so chi abbia suggerito questa soluzione, suppongo per abbattere i costi, però è la prima volta che la vedo dopo aver assistito a moltissime rappresentazioni di quest'opera e devi dire che mi è parsa molesta fuori misura.

Il secondo problema era concettuale: chi assiste al ballo nel libretto e nella partitura sono gli amici degli sposi contadin, suppongo i più intimi anche se la moltitudine che li accompagnava in “Giovinette che fate all’amore” confondeva non poco le idee. Il regista ha deciso di "invitare" un gruppo di persone sofisticate e sufficientemente depravate, tornando a offrire una razione di sesso simulato nel tentativo di ballare minuetti, contraddanze e alemanne. Non ho ben compreso questa variazione che non aggiunge informazioni per l'interpretazione dell'opera. È in questo finale che vediamo tutti i personaggi e possiamo apprezzare i costumi certamente atemporali delle Donne, vestite secondo uno stile passato non si sa quanto remoto, e gli altri in abiti attuali. A mio parere i costumi disegnati da Jerildy Bosch assolvono al loro compito, coerentemente con l'allestimento.

Nel secondo atto abbiamo avuto cose notevoli. Donna Elvira canta “Mi tradì quell'alma ingrata” e il recitativo accompagnato che la precede in proscenio a sipario chiuso. In alcun modo ciò potrebbe riferirsi a questo numero come alieno allo sviluppo dell'opera, essendo stato composto per il debutto viennese con a disposizione Caterina Cavalieri, amica di Mozart e amante di amante di Salieri, cantante perticolarmente abile nel virtuosismo più complesso, come aveva dimostrato quale prima Konstanze in Die Entführung aus dem Serail.

Le scene del cimitero e della condanna di Don Giovanni sono concettualmente interessanti, poiché coloro che occupano le tombe del Pantheon e afferrano il blasfemo sono i fantasmi delle donne abbandonate.

A proposito, non ho citato Víctor Zapatero, eccezionale nel realizzare un eccellente disegno luci.

Un dettaglio che non ho compreso è stata la presenza di un cigno sulla mensa di Don Giovanni, fra le portate da consumare. Non ho idea di quale simbolo identifichi il cigno in quest'opera, ma di certo deforma il testo perché Leporello dice esplicitamente “Questo pezzo di fagiano” nel prendere un'ala del cigno. Un uccello è un uccello, ma non il medesimo.

Durante la cena che intoruduce il finale dell'opera, ha fatto ritorno la maledetta registraziome, che ha accompagnato le citazioni da parte di Leporello di Martín y Soler, Righini e Le nozze di Figaro. Non capisco perché il direttore musicale, o il regista, o qualcun altro, abbia deciso di non usare le coppie di oboi, clarinetti, fagotti e corni con un violoncello per intepretare una grandiosa Harmonie di Mozart. Non posso dire ciò che penso veramente riguardo l'uso di registrazioni in opere che non lo richiedano specificamente – alcuni casi più o meno contemporanei esistono–; per lo meno dovrebbero annunciarlo pubblicamente nelle locandine, o sarà possibile in futuro che alle Bellas Artes si sostituisca l'orchestra, buona o cattiva che sia, con incisioni? Capitò in Rigoletto con la banda interna, cosa che non fu rilevante come in Don Giovanni, che prevede gli strumentisti in scena, non in quinta, ma visibili per il pubblico, veri e propri personaggi. Non so.

Questa volta, a differenza di sei anni fa, abbiamo trovato una compagnia assolutamente migliore, anche se con alcune notevoli carenze almeno a mio parere. Per chiarezza, scrivo spesso "a mio parere" perché non mi considero né un narratore influente né tantomeno l'oracolo di Delfi.

Mozart scrisse la sua partitura per tre donne, tutte sopranis econdo gli standard attuali, benché Donna Anna abbia la tessitura più elevata. In molte occasioni Donna Elvira o Zerlina si assegnano anche a mezzosoprani, ma non in questo caso.

Erika Grimaldi ha interpretato Donna Anna splendidamente, come attrice e soprattutto come cantante. Spero di rivederla presto. Olivia Gorra ha ben recitato come Donna Elvira, lasciando però molto a desiderare sotto il profilo musicale. I problemi d'intonazione sono stati ricorrenti e dalla prima aria ha spinto la voce alle soglie del grido.

Nell'idea di Mozart, Zerlina è la  prima donna dell'opera. A Praga la interpretó Caterina Bondini e a Vienna Luisa Laschi, aentrambe figure di spicco nelle rispettive compagnie. In origine erano previste due arie per Zerlina e per Donna Anna, mentre, come dissi prima, la seconda aria di Elvira fu inserita dalla versione viennese. Il Romanticismo ha concentrato la supremazia di Zerlina in Donna Anna, a causa essenzialmente del carattere buffo della prima e serio della seconda, non essendo i Romantici famosi per il loro senso dell'umorismo.

Il ricorso a una giovane cantante dell'Estudio de la Ópera de Bellas Artes, Angélica Alejandre, semplicemente non si è rivelato all'altezza della situazione, l'attrice era carente e il canto ora cresente ora calante. Per rendere l'idea, al termine della sua aria del secondo atto, dopo un tentativo di streap-tease, “Vedrai, carino”, il pubblico delle Bellas Artes, composto da applauditori compulsivi, non ha reagito, né offerto alcun cenno d'apprezzamento. Se Kiri Te Kanawa ha cantato una delle due contadine delle Nozze di Figaro, non lo riterrei un prossimo ruolo indegno di questa ragazza, se desidera continuare sulla strada di Mozart.

Ernesto Ramírez, Don Ottavio, ha recitato secondo le aspetattive, benché un po' più pedante del normale, probabilmente per le indicazioni del regista. In compenso musicalmente è stato meno elegante del normale. Sfortunatamente, fra questi più e meno non si è potuta calcolare una buona media.

Juan Carlos Heredia, pure membro dell'Estudio de Ópera de Bellas Artes, è stato, invece, un distinto Masetto.

Ho un gran problema con il Commendatore di Guillermo Ruiz, essendo classificato come basso-baritono, a mio parere più baritono che basso, ragion per cui la sua non è di quelle voci che afferrano per la gola Don Giovanni e il pubblico come fanno e hanno fatto i grando bassi profondi. La mia impressione soggettiva è stata che lo abbiano amplificato, cosa non difficile da credere dato il crepitio delle casse alla mia sinistra, guardando dalla sala, e il crimine delle registrazioni. Due persone degne di fede mi hanno fatto il favore di smentirmi, per cui posso affermare che Don Guillermo ha una voce assai potente. Tuttavia, ha continuato a mancare quel basso profondo fatale - in altro senso rispetto a quello di altri cantanti, nessuno dei quali presente oggi. Consiglio comunque ardentemente che si riparino come si deve le casse, onde non suscitare sospetti.

Armando Gama ha interpretato un eccellente  Leporello, ma credo che non sia una buona idea scegliere un baritono, seppur buono, essendo questo uno dei grandi ruoli di basso cantante della storia dell'opera. In alcuni momenti la carenza delle note basse è stata ben udibile, essendo inudibili le dette note.

Infine troviamo un autentico Don Giovanni. Christopher Maltman è stato un solido e brillante antieroe; ha cantato “Finch’han dal vino” brillantemente e senza debiti d'ossigeno, cosa che avviene spessissimo a cantanti non abituati all'altitudine di Città del Messico. Nella Serenata è parso di vedere la sua voce, quasi di toccarla. Nei momenti in cui era richiesto si è inteso fermo e vigoroso. La sua interpretazione vocale è una delle migliori cui abbia assistito alle Bellas Artes. La recitazione pure molto buona, nonostante la persistenza non sempre motivata dei suoi atteggiamenti lubrichi. Ammirandosi continuamente allo specchio ha confermato il suo esacerbato narcisismo. 

Srba Dinic ha diretto in maniera adeguata - con tempi in linea con le attuali tendenze storicamente informate, che apprezzo - orchestra, coro, cantanti e registrazioni. 

Sicuramente le mie impressioni possono essere discusse e dibattute, e chiedo indulgenza per ogni errore. Scrivere è un rischio non necessario, come lo è esprimere un'opinione.