Così, in una notte di mezz'estate

 di Francesco Bertini

 

L'opera di Mozart, all'aperto nella cornice dello storico palazzo Zuckermann patavino, conquista grazie alla regia di Federico Bertolani e a un bel cast che rende giustizia alla partitura con il contributo della bacchetta di Andrea Albertin.

PADOVA, 24 luglio 2015 - Dopo un anno di pausa, la città di Padova riavvia con successo l’opera estiva all’aperto in attesa della stagione lirica invernale che vedrà rappresentate Norma in ottobre e Aida in dicembre. Come nel 2012, con Don Pasquale, è la bella cornice del Giardino di Palazzo Zuckermann, sede museale nel pieno centro della città, ad accogliere Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart.

Il dramma giocoso, che suggella la collaborazione tra il musicista e il librettista Lorenzo Da Ponte, si presta per lo spazio ridotto offerto dal luogo: il piccolo palcoscenico accoglie l’azione mentre, dietro un sottile diaframma, si cela l’orchestra, a tratti resa visibile dall’illuminazione capace, al contempo, di risaltare l’assetto architettonico del luogo. Se la posizione dell’ensemble può sembrare infelice, e per i cantanti e per la resa sonora in generale, la soluzione adottata premia lo spettatore che entra in maniera totalizzante nell’opera. Il merito va anche ascritto alla regia sobria, ma efficacissima, di Federico Bertolani. La sua concezione lineare e allo stesso tempo intelligente, per spunti personali, si sofferma attentamente sui vari personaggi, riuscendo nell’intento di estrinsecare le peculiarità individuali. L’allestimento scenico di Giulio Magnetto trova nella semplicità il proprio punto di forza. Gli arredi scarni e immutati, durante l’arco dello spettacolo, proiettano gli astanti in una stanza arredata con un paio di letti, una vasca, un paravento e un tavolo con sedie. Su tutto domina il bianco che compare pure nei costumi contemporanei ideati da Manuel Pedretti.

A reggere le fila della narrazione musicale vi è Andrea Albertin. La sua direzione pacata, attenta, specie in virtù dell’ubicazione disagevole, e ben consapevole del dipanarsi della matassa dapontiana, guida con gusto l’Orchestra di Padova e del Veneto, in quest’occasione più diligente e omogenea del consueto. Positiva la prestazione di Bruno Volpato, al clavicembalo, e appropriati gli interventi del Coro Città di Padova, preparato da Dino Zambello.

Il cinismo di Don Alfonso è ben colto da Maurizio Muraro. Il basso veneto è squisitamente saporito nel dar vita al filosofo mozartiano: alla brillantezza attoriale, infarcita di una bonaria solarità, si abbina uno strumento sfarzoso per fraseggio, dizione e prestanza fonica. A reggere il suo diabolico piano è la Despina affidata a Diletta Rizzo Marin. Il giovane soprano ha una disinvoltura scenica tale da supportare una prova musicale alle volte sghemba ma dall’indubbia vis comica. Anna Kraynikova, Fiordiligi, è forse, di tutto il cast, la meno convincente nel tratteggiare il proprio personaggio. Ad una rigidità interpretativa corrisponde una resa scolastica della giovane amante. La dizione perfettibile rende poco incisivo il testo, mentre l’aspetto vocale risalta la brunita zona centrale, palesando alcuni limiti tanto nel registro acuto, quanto in quello grave. Laura Polverelli è decisamente più a proprio agio nei panni di Dorabella che in quelli della recente Rosina padovana. Alle occhiate espressive, ai gesti ammiccanti fa seguito una stimolante lettura, qui e lì inficiata da qualche disomogeneità. Il timbro solare di Paolo Fanale assicura a Ferrando quel sapore gioviale e a tratti innocente. Le tensioni udibili nell’ascesa del pentagramma intaccano alcune emissioni ma nel complesso non sminuiscono lo smalto della prestazione. Al suo fianco, Marco Bussi ha le qualità sceniche ideali per l’efficace delineazione del guascone Guglielmo. Benché la linea canora sia intaccata da una frequente nasalizzazione e da qualche suono spoggiato, la prova dà conto di una maturata consapevolezza del personaggio, reso a tutto tondo.

La calura estiva non ha inibito il cospicuo pubblico che, in una sera di mezz’estate, può ben dirsi pago di aver assistito a uno spettacolo piacevole e giustamente festeggiato.

foto Giuliano Ghiraldini