Il rischio di un mondo senza Luna

 di Giulia Vannoni

Al Festival Carl Orff di Andechs, nuovo allestimento dell’opera in un atto Der Mond (La Luna) tratta dalla celebre fiaba dei fratelli Grimm. Nel cast Franz Hawlata

ANDECHS 25 luglio 2015 - Secondo Italo Calvino La Luna è la più bella fiaba scritta dai fratelli Jakob e Wilhelm Grimm. Una vicenda dai risvolti così surreali (quattro vagabondi che rubano il nostro satellite e, alla loro morte, ciascuno ottiene di portarne con sé uno spicchio nell’oltretomba) è stata trasformata da Carl Orff in una breve opera, Der Mond, definita dallo stesso compositore Ein kleines Welttheater, ossia “un piccolo teatro del mondo”. In Italia non solo questo gioiello è pressoché sconosciuto, ma il nome stesso del suo autore gode di scarsa notorietà e viene associato quasi esclusivamente ai più che inflazionati Carmina Burana. Per una ricognizione operistica di Orff, dunque, bisogna necessariamente recarsi in Germania: ad esempio ad Andechs – splendida località sul lago di Ammer a pochi chilometri da Monaco – dove ogni estate si tiene un festival monografico dedicato al compositore, che qui è sepolto nel monumentale santuario.

La colpevole rimozione nei confronti della sua musica è in parte legata a una biografia lontana dal politicamente corretto: durante il periodo nazista Orff veniva posto in antitesi ad altri illustri compositori del suo tempo (bollati, invece, con il marchio infamante di autori di “musica degenerata”). Eppure i suoi studi di pedagogia, dove si fondono a tutto campo ginnastica, musica e danza – e che potrebbe essere visti come declinazione del motto mens sana in corpore sano, divenuto tristemente famoso in epoca fascista – sono di sorprendente modernità, così come il suo metodo per l’insegnamento della musica ai bambini, basato sull’unità tra suono, parola e gesto.

Der Mond è andata in scena ad Andechs nell’auditorium ligneo ricavato nel complesso del convento, dove le macchine non hanno accesso e – per la gioia dei bambini – gli animali scorrazzano in totale libertà. L’orchestra del festival, formata da giovanissimi componenti dell’Akademie des Münchner Rundfunkorchesters, ha mostrato esemplare sicurezza sotto il braccio deciso di Christian von Gehren. Il direttore ha saputo ben valorizzare l’assoluta originalità della scrittura musicale, la ricchezza timbrica e, soprattutto, ha esaltato la strepitosa varietà agogico-dinamica di una partitura dove si alternano repentinamente ritmi incalzanti e quasi ossessivi, in cui è possibile scorgere echi del jazz, del cabaret (Der Mond è del 1939) e di sonorità del tutto sperimentali, che Orff otteneva attraverso strumenti insoliti, spesso d’ispirazione orientale. All’altezza del compito anche gli interpreti vocali. Il narratore, impegnato in una scrittura tenorile molto acuta, era un corretto Manuel König. Il ruolo di San Pietro, che fa ubriacare i morti nell’aldilà per sottrarre la Luna e ricollocarla nel cielo, era affidato a un fuoriclasse come Franz Hawlata, che ha saputo infondere tratti d’icastica comicità al personaggio nonostante qualche segno di logorio vocale. Molto efficaci i quattro vagabondi, che rubano la Luna (Michael Schlenger, Adrian Brunner, Benedikt Eder e Thilo Dahlmann: due baritoni, un tenore e un basso) alle prese con un espressivo declamato ritmico. Completava il cast, nei panni di un contadino, Carl Rumstadt, mentre piccoli interventi solistici erano affidati ad alcuni componenti del coro, che in quest’opera gioca un ruolo fondamentale: l’ottimo Andechser Festspielchor, formato da pochi elementi e integrato dalle voci bianche del Kinderchor der Carl Orff-Volksschule Andechs.

La difficoltà nel rappresentare una vicenda così lontana da ogni realismo è stata brillantemente risolta nello spettacolo di Marcus Everding attraverso l’uso di videoproiezioni, realizzate da Raphael Kurig e Thomas Mahnecke. I personaggi, con indosso i semplici costumi realizzati da Christine Gebhardt, si muovevano così nel chiarore notturno creato dalle proiezioni. Ma, a fronte delle suggestive foto di meravigliosi scenari astronomici, a rimanere impressa nella memoria è l’immagine finale di un bimbo che di notte, guardando il cielo finalmente illuminato, osserva stupito: “È tornata la Luna”. Del resto sono i bambini i veri destinatari delle favole.

Foto: Stefan A. Schuhbauer von Jena