Casa di bambola

 di Suzanne Daumann

Le nozze di Figaro dal Festival di Salisburgo viste da Suzanne Daumann.

Leggi la recensione di Luis Gutierrez

SALISBURGO, 15 agosto 2015 - Bisogna salutare il coraggio di Sven Eric Bechtolf nel mettere in scena ai nostri giorni n'opera senza violenza gratuita, nudità, strip-tease, scene esplicite, costumi grotteschi e quant'altro. Nella sua visione per la nuova produzione del Festival di Salisburgo, Le nozze di Figaro è una recita privata realizzata secondo le regole: porte che i aprono, che sbattono, si chiudono: personaggi che si spiano, s'ingannano, si confondono... È leggero e divertente senza essere superficiale, con personaggi disegnati in profondità. La scelta di collocare l'azione negli anni '30 resta tuttavia poco comprensibile, poiché nulla nello spettacolo fa riferimento alla contingenza politica dell'epoca e tutto avrebbe funzionato altrettanto bene nel XVIII secolo.

Le scene sontuose di Alex Eales sono piene di dettagli adorabili che danno l'impressione di una vera casa abitata da vere persone. Bisogna citare anche le magnifiche luci di Friedrich Rom e i costumi eleganti e variegati di Mark Bouman. L'ambiente fa pensare a una casa di bambole: nel primo atto si vede uno spaccato dell'abitazione con al centro la camera nuziale di Susanna e Figaro, a sinistra il guardaroba del Conte, a destra il bagno della Contessa, di sopra il corridoio e una camera, la scala sullo sfondo. Per tutto il primo atto si vedono i personaggi agire un po' dappertutto quando non dovrebbero essere normalmente in scena. L'idea è, senza dubbio, di mostrare le azioni segrete che mettono in moto l'intrigo: Basilio spia, Figaro scrive una lettera, la Contessa languisce... Ed è certo divertente vedere il Conte cambiarsi d'abito tre volte di seguito emettere il guinzaglio al cane per una passeggiata, ed è ancora più divertente sapendo che il cane è proprio quello di Luca Pisaroni, interprete del Conte d'Almaviva. Tuttavia, l'attenzione è distolta dall'azione principale e ci si può domandare se anche l'attenzione del concertatore non sia un po' distratta, poiché musicalmente questo primo atto procede un po' a tentoni, senza trovare una vera unità fra canto e orchestra, con tempi talora un tantino erratici. Fortunatamente, a partire dal secondo atto, i molteplici numeri d'insieme sostituiscono le controscene e la direzione si fa più serrata. Dan Ettinger non rende veramente giustizia a quell'orchestra meravigliosa che è quella dei Wiener Philharmoniker, la sua concertazione risulta spesso banale, senza energia. Solo occasionalmente, per esempio nel finale secondo, con un accelerando dei più sottilmente teatrali, e nell'accompagnamento di alcune arie, si può davvero percepire la qualità di questi musicisti. Benché il maestro stesso accompagni al fortepiano i recitativi secchi, questi sembrano talora sbrigativi.

Il cast è eccellente dall'inizio alla fine: Luca Pisaroni, dunque, è Almaviva. Dotato di una presenza scenica e di un'energia formidabili e di una voce che compensa la perdita di un po' del suo velluto giovanile con il guadagno di potenza e fuoco, incarna un personaggio profondamente umano., dalle emozioni cangianti, fra furori più o meno trattenuti, slanci amorosi verso Susanna, sforzi di ritrovare l'affetto della moglio, un po' vanitoso, un po' ridicolo. Pisaroni sa esprimere tutte queste sfaccettature. Canta l'aria del terz'atto, "Vedrò mentr'io sospiro", con rara intensità, il sio "Contessa, perdono" è lacerante nella sua semplicità e in questi momenti ogni comicità è lasciata da parte.

Annett Fritsch gli risponde come Contessa d'Almaviva. Voce di soprano ampia e agile, assai commuovente nella sua aria "Dove sono", anch'ella è convincente e si augurerebbe volentieri a questa coppia di superare la crisi. La fine, ahimé, non fa presagire nulla di tutto ciò. Dettaglio piacevole di uesta messa in scena, il coro finale "Questo giorno di tormento" non è rivolto al pubblico: i protagonisti festeggiano fra loro, e la Contessa rifiuta il bicchiere che il Conte le offre in segno di conciliazione. Nel suo duetto con Susanna, entrambe sono meravigliose per tenerezza e ironia. Martina Janková, soprano dolce e flautato, è una Susanna comme il faut : sbarazzina, intelligente e vivace. Il suo Figaro è Adam Plachetka. Baritono potente e versatile, con la sua presenza scenica, è un degno avversario del Conte di Luca Pisaroni. Ann Murray è una Marcellina collaudata – il suo delizioso principio d'ebrezza all'inizio del quarto atto non è che un insufficiente sostituto dell'aria "Il capro e la capretta", ancora una volta caduta sotto un colpo di forbice, ahimé. Non meno esperto e impeccabile, Carlos Chausson nel ruolo di Bartolo. Fra le parti secondarie, bisogna citare soprattutto Christina Gansch come Barbarina, e l’Antonio di Ernest Anstine.

Una serata mozartiana gradevole, tutto sommato – applausi ampiamente meritati.  

© Salzburger Festspiele / Ruth Walz