L’eretico Akhnaten di Philip Glass

di Pietro Gandetto


Prosegue il ricco programma del festival MITO settembre musica con la prima italiana dell’opera Akhnaten del compositore americano Philip Glass al Piccolo Teatro Strehler di Milano, eseguita in forma di concerto. Successo per i solisti e l’orchestra del Teatro Regio di Torino.

MILANO, 15 settembre 2015 - Il festival MITO fa rivevere la storia del rivoluzionario faraone egizio Akhnaten sulle note di Philip Glass, secondo un lessico musicale e un’atmosfera ben lontani da quelli in cui siamo abituati ad immaginare l’Egitto dopo un secolo e mezzo di Aida. Un’opera in tre atti, eseguita in forma di concerto domenica scorsa all’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto di Torino e l’altra sera al Piccolo Teatro Strehler di Milano.

Una musica addensante, epica, evocativa, ma non monumentale nel senso tradizionale del termine. Una partitura fortemente incalzante, grazie a un costante susseguirsi di ritmi zoppi e sincopati, terzine, quartine, quintine, il tutto in un alternarsi di momenti di forte drammaticità ed elevato lirismo. I temi musicali dell’opera, così come gli accompagnamenti orchestrali, sono ripetuti allo sfinimento, con l’effetto di creare nel pubblico una sottile e profonda tensione, una costante e inarrestabile immedesimazione.

La firma di Glass si sente, soprattutto in quell’inconfondibile “americanismo” che solo alcuni compositori d’oltreoceano possono vantare. Due mondi apparentemente lontani, l’America e l’antico Egitto, ma in realtà molto più vicini di quanto si possa immaginare, come dimostrano le pagine orchestrali di Glass, mistiche e a tratti esotiche, evocative e religiosamente intimistiche.

Ispirata al testo di Immanuel Velikovskij, Oedipus and Akhnaten, l’opera richiama i fasti del faraone “eretico” Akhnaten dell’XVIII dinastia (noto anche come Amenofi IV), che tentò di imporre il suo rivoluzionario monoteismo sul tradizionale politeismo egizio. Il libretto, redatto da Glass in collaborazione con Shalom Goldman, Robert Israel, Richard Riddel e Jerome Robbins, è scritto in parte in egiziano antico, in parte in ebraico e a tratti in accadico, come la parte del Grande Coro. Molto efficaci le videoproiezioni di Luca Scarzella raffiguranti le rovine dei templi egizi e delle piante delle città antiche, alternati alle maestose statue faraoniche del Museo Egizio di Torino.

Venendo ai cantanti, di pregio la performance del controtenore inglese Rupert Enticknap, nel ruolo del protagonista Akhnaten, garbato nell’emissione, penetrante negli acuti e con i giusti volumi nel resto della partitura. Altrettando apprezzabile la performance di Gabriella Sborgi (nel ruolo della moglie di Akhnaten , Nefertiti), che ha dominato l’impervia partitura con un fraseggio elegante e maturo e dosando l’emissione con la giusta tensione drammatica. Abbiamo particolarmente apprezzato la perfetta simbiosi tra la voce del controtenore e quella del mezzosoprano: ottima sintonia d’intenti nell’impasto timbrico, nei colori, nella modulazione dei volumi e nelle ricerca delle dinamiche. Apprezzabile anche la Regina madre Tye di Valentina Valente, ruolo piuttosto esigente. Puntuale nella resa ritmica, ma carente di espressività il terzetto di Giuseppe Naviglio (Horemhab), Mauro Borgioni (Aye) e Marcello Nardis (Sacerdote di Amòn), che che tanto ricordava il primo dei tre Chichester Psalms di Leonard Bernstein.

Non è parsa invece particolarmente calzante la scelta di alternare al canto alcune parti recitate in italiano. Da un lato, la voce recitata spezzava la tensione drammatica creata dalla potentissima musica di Glass e, dall’altro lato, l’interpretazione dell’attore Valter Malosti ci è sembrata un po’ monocorde e priva di autentico spessore.

L’orchestra e il coro del Teatro Regio di Torino hanno saputo destreggiarsi con disinvoltura nelle insidie della partitura glassiana, anche se l’impervia cornice acustica del Piccolo Teatro Strehler ha effettivamente impedito di poter godere appieno delle varie dinamiche e delle modulazioni della partitura. Nel complesso apprezzabile la direzione del Maestro Dante Santiago Anzolini, conoscitore della musica di Philip Glass, del quale ha diretto la prima mondiale dell'opera Il corvo bianco all’EXPO del 1998 a Lisbona, e nel 2006 la prima europea della sua Sinfonia n. 8 con l’Orchestra Bruckner di Linz. Sempre puntuale e a fuoco nelle agogiche e nella varietà timbrica che caratterizzano l’opera.

A fine spettacolo, composti ma calorosi applausi per tutti e soprattutto per i protagonisti Rupert Enticknap e Gabriella Sborgi.