di Gustavo Gabriel Otero
Il testamento musicale di Wagner si trasforma in una parabola post moderna sulla luce, la tecnologia e l'energia. Scelta ardita, ma sorretta da un lavoro accuratissimo e, soprattutto, da un cast vocale di prima qualità. Il direttore Alejo Perez si segnala come il più giovane e il primo argentino ad aver concertato Parsifal al Colon.
BUENOS AIRES 4 dicembre 2015 - Il Teatro Colón ha chiuso la sua stagione lirica 2015 con il Parsifal di Wagner in un allestimento controverso quanto impeccabile, con una direzione musicale corretta e un cast sontuoso.
Marcelo Lombardero ha deciso di ambientare l'opera in futuro decadente, dopo una catastrofe naturale o ecologica. Ha deliberatamente risolto di eliminare ogni riferimento a religione, peccato o misticismo e di raccontare la vicenda come un cammino che porta dal possesso della luce da parte di un piccolo gruppo alla democratizzazione dell'energia. Per alcuni si è trattato di una rivelazione, per altri di un tradimento. Sicuramente la verità sta nel mezzo per una produzione provocatoria che elude molte delle idee di Wagner, ma cui non si può non riconoscere un grande lavoro realizzato da una squadra di primo livello.
Nel primo quadro del primo atto abbiamo un ambiente arido, sudicio, decadente, post apocalittico in cui si vede un hotel semidistrutto, container abitati, un altarino con diverse immagini e sullo sfondo una laguna.
La piccola setta di questo ritorno all'oscurantismo - dopo il crollo dell'umanità per il collasso ambientale - ha caratteri militareschi, violenti, di diffuso fanatismo religioso con richiami estetici all'integralismo islamico e armi attuali. Nulla che possa somigliare ai verdeggianti domini di Montsalvat ideati da Wagner.
Perfette le proiezioni che incorniciano il cammino che unisce, sempre in un contesto di aridità e distruzione, i due quadri del primo atto, il secondo dei quali si svolge in quel che sembra essere una centrale nucleare. Titurel, caratterizzato come un generale d'alto rango, appare ordinando il rito ad Amfortas da uno schermo cinematografico. Il rito del Graal è difficile da comprendere: la centrale nucleare è accesa e un alone di luce bagna Amfortas che viene denudato e innalzato con un armamentario come in una specie di crocifissione.
Il secondo atto è, a nostro modo di vedere, il più compiuto. Qui musica, testo e scena si integrano nel migliore dei modi. Klingsor è un potente moderno in giacca e cravatta che da un concegno elettronico controlla ul suo regno pieno di tecnologia, informazione, quotazioni di borsa e schermi. Le Fanciulle Fiore sono avveniristici manichini o realtà virtuali che si esibiscono in fredde movenze pressoché esplicite sessualmente e Kundry una seduttrice dalla sensualità aggressiva. Alla fine la lancia scagliata da Klingsor distrugge questa realtà virtuale e luminosa.
Alla fine, Parsifal manipola la centrale nucleare generando energia. Si assommano in questo momento numerosi simboli: luce dalla cupola della sala, un fanciullo illuminato che cammina nel corridoio centrale della platea, Parsifal che scompare, i fanatici dell'ordine che avanzano fino al proscenio e, quindi, il protagonista che riappare. Tutto si conclude con potenti riflettori che abbagliano il pubblico, in una metafora della democratizzazione della luce che è al centro della visione di Marcelo Lombardero.
Con i suoi pro e i suoi contro, e le obienzioni sollevate non si può non riconoscere l'immenso lavoro dell'artista argentino e della sua straordinaria suadra. Magnifica la scenografia di Diego Siliano, cinematografiche le luci di José Luis Fiorruccio e perfetti i costumi di Luciana Gutman.
Dal punto di vista musicale, si è cercata una cura nel dettaglio strumentale, senza tuttavia evitare alti e bassi: sbavature degli ottoni in diversi momenti, imprecisioni negli attacchi di archi e fiati, una certa mancanza di tensione drammatica e contrasti. Nonostante ciò bisogna riconoscere Alejo Pérez di essere il primo maestro argentino a dirigere il Parsifal al Teatro Colón, nonché il più giovane.
Come nei momenti d'oro della sua storia si è presentato il Coro Estable e nondimeno si è inteso alla perfezione il Coro dei bambini.
Christofer Ventris è stato un Parsifal ammirevole. Buon attore, di volume notevole, adeguata proiezione, chiaro e consapevole nella dizione e dotato di bel timbro. Stephen Milling è risultato un Gurnemanz di altissima qualità; il suo canto è suadente e la sua presenza scenica incisiva. Completava un eccellente terzetto principale Nadja Michael come Kundry. Alla bellezza del suo canto ha unito una recitazione disinvolta e una qualità musicale eccezionale.
Un gradino sotto l'altissimo livello dei tre protagonisti, si è posto Ryan Mc Kinny, messo un po' alla prova vocalmente dalle esigenze di Amfortas. Multo efficaci sia Héctor Guedes (Klingsor) sia Hernán Iturralde (Titurel), e corretto pur senza abbagliare il resto del cast.
foto Prensa Teatro Colón/Máximo Parpagnoli (campi corti) o Prensa Teatro Colón/Arnaldo Colombaroli (campi lunghi)
Buenos Aires, 04/12/2015. Teatro Colón. Richard Wagner: Parsifal. Dramma sacro in tre atti. Libretto di Richard Wagner. Marcelo Lombardero, regia. Diego Siliano, scene. Luciana Gutman, costumi. Ignacio González Cano, coreografia. José Luis Fiorruccio, luci. Cecilia Bassano, assistente alla regia e drammaturgia. Christopher Ventris (Parsifal), Stephen Milling (Gurnemanz), Ryan Mc Kinny (Amfortas), Nadja Michael (Kundry), Héctor Guedes (Klingsor), Hernán Iturralde (Titurel), Iván Maier e Norberto Marcos (Cavalieri del Graal), Alejandra Malvino (Voce), Vanesa Tomas, Cecilia Aguirre Paz, Sergio Spina e Fernando Grassi (Scudieri), Oriana Favaro, Rocío Giordano, Victoria Gaeta, Vanesa Aguado Benítez, Eleonora Sancho e Cecilia Pastawski (Fanciulle Fiore). Orchestra, Coro di voci bianche e Coro Estables del Teatro Colón. Maestro del Coro di Voci bianche: César Bustamante. Maestro del Coro: Miguel Martínez. Direttore e concertatore: Alejo Pérez.