Splendori ed errori

 di Suzanne Daumann

Eccellente resa musicale del capolavoro di Berlioz con la direzione di Philip Jordan, Jonas Kaufmann, Sophie Koch e Bryn Terfel protagonisti. Spettacolare ma sovraccarica la messa in scena a cura di Arvis Hermanis.

PARIGI, 13 dicembre 2015 - La messa in scena di questa nuova produzione dell’Opéra de Paris, firmata Alvis Hermanis, è splendida da vedere, sebbene un tantino sovraccarica. La video proiezione - sullo sfondo e molto, molto grande - d'immagini spesso sontuose sarebbe bastata a sottolineare i propositi del regista. I propositi del regista? L'idea di trasporre la leggenda di Faust ai nostri tempi e di comparare la figura del protagonista a Stephen Hawking è interessante, ma fino a che punto funziona? Nella leggenda, Faust, sapiente vecchio e disincantato, vuole ritrovare gioventù e gioia di vivere. Méphistophélés gliele promette e lo conduce in viaggio. Faust seduce l'innocente Marguerite e l'abbandona. La fanciulla è condannata per matricidio e lui offre allora la sua anima per la salvezza di quella di lei. Faust dunque come Stephen Hawking, e in qualche modo l'intera umanità che, constatata la quasi inabitabilità del pianeta, si propone di colonizzare Marte. E la sua Marguerite? E la condanna? Non pervenute in questa sarabanda di danze e proiezioni video. Forse sarebbe opportuno che un regista con idee così autonomamente strutturate scrivesse un testo con una struttura autonoma, invece di voler a tutti i costi farle coincidere con uno preesistente.

Splendore visivo, dunque, una messinscena musicale che segue la partitura perfino nella scelta dei colori - ma sovraccaricata d'immagini, di personaggi, di suggestioni, faticosa per l'occhio e alla lunga per lo spirito. Ci si chiede come i cantanti potesse concentrarsi e sbocciare in mezzo a questo gran caos, considerato che nemmeno la psicologia dei personaggi sembra interessare troppo il regista. Almeno, così, i cantanti non sono obbligati a compiere ogni sorta di azione cantando.

Splendore musicale senza dubbio: l’Orchestre de l’Opéra National de Paris sotto la direzione di Philippe Jordan serve la sublime partitura con finezza, così come il Coro. Coprono un po' Faust all'inizio, finché non si trova un certo equilibrio. Conoscendo le qualità di Jonas Kaufmann, che dunque è Faust questa sera, ci si può domandare d'altra parte se questo effetto non fosse voluto, giacché sembra spento e dimesso per tutta la prima parte, prima di svelare con il suo primo "Margarita!" tutto lo slancio della sua voce, e da lì è semplicemente sublime nelle sue arie, accattivante e fine attore nella discrezione di un personaggio senza troppo rilievo.

Sophie Koch incarna Marguerite, assai toccante e convincente con la voce calda e ampia. La sua aria "D’amour l’ardente flamme" è un istante di grazia totale, tanto più che qui la messa in scena riunisce musica, forme, colori, movimenti – qui un tutt'uno. Solo per un momento, ahimé… Bryn Terfel è un Méphistophélés da sogno con la sua bonomia ambiguamente mescolata con perfidia diabolica. Le tre voci sono meravigliose anche negli assiemi.

Così, si esce dalla sala con il cuore gioioso per la musica, lo spirito tormentato da interrogativi. Peccato, avrebbe potuto essere tutto perfetto.