di Suzanne Daumann
Il tenore Werner Güra con il pianista Christoph Berner offre una straordinaria Winterreise al pubblico parigino.
PARIGI, 7 giugno 2015 - Per il week-end liederistico della Biennale d’Art Vocal, la Philharmonie de Paris ha invitato, fra i migliori artisti dei nostri tempi, anche il tenore Werner Güra, interprete per eccellenza di Schubert.
Accompagnato da Christoph Berner al piano, come di consueto, canta in quest'occasione un'opera emblematica: la Winterreise. Composto sulla base di una raccolta poetica di Wilhelm Müller, questo ciclo mette in scena una figura assai cara a Schubert, il Wanderer, il Viandante. Un giovane è stato rifiutata dall'amata e, pieno di collera e amarezza, lascia la città per attraversare la campagna invernale. Müller aveva colto nella sua comletezza la tavolozza delle umane emozioni in immagini suggestive, e Schubert le ha messe in musica da par suo. Teneri ricordi, selvaggia disperazione, fatica, coraggio, avvincono e turbano in questo ciclo. Quasi ogni Lied è soggetto a brusche variazioni d'atmosfera.
Werner Güra accorda la medesima importanza alle parole come alle note che canta. Così, ci accompagna in un autentico viaggio interiore. La sua voce calda, dalle inflessioni baritonali, ha acquisito con gli anni un timbro meno argentato, più ambrato. Da maestro assoluto, si abbandona con confidenza al mondo invernale di Schubert. Come un cantastorie, descrive un mondo interpretando i personaggi che lo abitano. Con Christoph Berner, il duo è collaudato, si intendono quasi telepaticamente. Il pianista sostiene e sottolinea talvolta, con discrezione, illustrando al piano il gelo dei paesaggi dove si aggira il cantante, evocando il suono degli zoccoli dei cavalli da posta o il batter d'ali di un corvo.
Fin dall'inizio, questo addio impregnato di nostalgia, tenerezza e sarcasmo che lascia spazio alla collera nel secondo Lied, fino all'incontro con lo strano suonatore d'organetto, Werner Werner Güra avvince il suo pubblico. Sussurra, tuona, disegna paesaggi ed evoca tutte le sfumature dell'umano sentire. Pianissimo, fortissimo, le notes si susseguono alla perfezione come bolle di sapone, ciascuna un'effimera creazione di bellezza, e ogni Lied è a sua volta un'entità completa a sé. Il duo non ha paura né del silenzio né della lentezza. Per Der Lindenbaum scelgono un tempo quasi statico che permette di respirare un po', e talora si concedono momenti di silenzio per rinforzare le note appena intese e quelle a venire.
Possiamo anche ben dire di conoscere l'opera a memoria, ma ci domandiamo ugualmente come andrà a finire. Finisce con una figura eingmatica, un suonatore ambulante su un lago ghiacciato a cui il protagonista propone di accompagnarlo, e con una piccola lacrima. Finisce con un momento di silenzio raccolto prima degli applausi. Una tempesta d'applausi che si suggella con un bis: gli artisti rirpendono Frühlingstraum, agrodolce contrapposizione fra un tenero sogno e l'aspra realtà.
Si esce nel sole del pomeriggio parigino, un po' increduli, dopo questa esperienza, nel ritrovare il mondo che seguita il suo corso come se nulla fosse.