Dal Baltico con ardore

 di Andrea R. G. Pedrotti

Per il settembre dell'Accademia Filarmonica di Verona, la Baltic Sea Youth Philharmonic Orchestra offre un bel saggio di entusiasmo, brillantezza e accorata introspezione.

VERONA, 15 settembre 2015 - Quello della Baltic Sea Youth Philharmonic è un ritorno molto gradito a Verona e al Teatro Filarmonico. E' un'orchestra giovane che porta avanti l'intento di unire nella musica artisti provenienti Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Russia e Svezia. Fondatore e direttore d'orchestra, anche in quest'occasione, è il maestro estone Kristian Järvi; concertatore particolarmente eclettico, il cui repertorio è caratterizzato da esplorazioni di vario genere nei diversi universi musicali. Maestro comunque già affermato e invitato dalle maggiori orchestre sale da concerto internazionali.

Il programma, che poi sarebbe stato molto più esteso, ha preso il suo avvio con il Capriccio spagnolo Op. 34 di Rimskij-Korsakov. E' un brano brioso e fresco, che ben si adatta alle caratteristiche della giovane orchestra baltica. Il gesto del direttore probabilmente non è piacevole a vedersi, ma è palese la perfetta conoscenza dei singoli professori, che egli stesso aveva selezionato. Due passionalità che si accoppiano nella partitura di Rimskij-Korsakov: la maestosità delle terre di Russia, unita alla passionalità quasi erotica dell'Iberia. Molto abile ed elegante (nel vestire, quanto nella tecnica musicale), la ragazza a cui è stato affidato l'assolo al violino. Se si trattasse di un'orchestra canonica parleremmo di lei semplicemente come di “primo violino”, ruolo che probabilmente ricopre come titolare, ma la serata è stata caratterizzata da continui scambi di posizione fra i varii professori, affidando le prime parti a più d'un componente dell'organico. Probabilmente il IV e il V movimento sono stati i più trascinanti, con il canto gitano e il fandango asturiano. Una bella alchimic, con continui passaggi e cambi di agogici e scelte di colore, a sottolineare l'intensità del cresendo emotivo del termine del brano.

Dal grande repertorio russo, siamo passati alla piena contemporaneità, con “Ardor” - Concerto per marimba e orchestra composto ai primi del XXI secolo da Erkki-Sven Tüür. In unione con il precedente, questo brano aiutava a dare, da una parte, la giusta durata alla prima parte del concerto, dall'altra a mostrare nettamente lo stacco di stili, in ossequio alle caratteristiche artistiche del concertatore della serata. La marimba è certamente uno strumento a percussione, ma dalle sonorità del tutto particolari, quasi, se ci si consente la definizione, un organo tribale. E vagamente tribale, esoterico e misterico è tutto il concerto per marimba di Tüür. Musicalmente la sua scrittura ci ricorda musiche più vicine alle composizioni degli anni '50 del XX secolo: il culto della scienza, della fantascienza e dell'inconscia irrealtà. Quasi mistici prodotti della mente degni di una cinematografia che puntava i propri effetti comunicativi più sull'angoscia che non sulla spettacolarizzazione. Ettore che fugge da Achille attorno alle mura di Troia, egli si avvicina, ma mai lo raggiunge e in questo brano viene sempre eccitata la tensione, portata al limite, senza mai esplodere. Un linguaggio musicale da non confondere, tuttavia, con quello del Bolero di Ravel, qui la tensione è più emotiva e introspettiva. Era molto difficile rendere l'effetto, anche da parte dell'orchestra, che, facendo insistere gli archi sui vertici del pentagramma, sovente interrotte da secche percussioni, aiuta e sostiene nell'intento di cui s'è detto. Molto bravi i professori a rendere tutto ciò, bravo il direttore nel guidarla e veramente bravissimo Heigo Rosin, alla marimba. Il giovane e instancabile percussionista omaggia il pubblico con numerosi bis (ne abbiamo contati cinque), ottenendo un meritato e convinto trionfo dai presenti, che non si stancavano di ascoltare i suoi virtuosismi.

Il programma regolare è proseguito con la Sinfonia n. 3 in Do maggiore Op. 52 di Jean Sibelius, un altro brano non lunghissimo (circa trenta minuti), che esalta le qualità di una giovane orchestra che ha il suo punto di forza negli archi: il tema dominante della sinfonia è notissimo e non ha bisogno di presentazioni. Bella la prova anche degli ottoni. Precisione assoluta di tutte le sezioni e fraseggio di rilievo. Emerge in più punti l'indicazione dell'autore di non puntare su un'eccessiva frenesia, facendo strada a un'espressività che molto abbiamo apprezzato.

È marcatissima in tutta l'ampiezza della scrittura l'intenzione di sottolineare il romanticismo che emerge dalla musica. Rammentiamo come una delle composizioni più celebri di Sibelius fu il Valzer Triste; gradito a musicisti coevi, come Gustav Mahler (non perché il valzer fosse triste), per le sue idee musicali ci pare un innovato conservatore. Permane in lui una gran personalità, ancora legata a sistemi melodici più antichi, riportati al presente della sua contemporaneità. Bellissimi i pizzicati della Baltic Sea Youth Philharmonic e tutto il grande flusso sinfonico, con i pianissimi dei fiati che vengono accompagnati con la passione delle ondate degli archi del baltico, chiuse dalla grande mareggiata, quasi nello stile di Antonín Dvořák, dell'ultimo movimento.

Fino a questo punto il lettore potrebbe pensare a un concerto introspettivo, analitico, quasi pseudo-filosofico. Non diciamo noioso, ma ci si potrebbe chiedere dove sia finita la notoria freschezza dell'orchestra che stavamo ascoltando. Spesso la quiete anticipa la tempesta e, infatti, l'infinita, quanto incalzante, serie di bis della Baltic Sea Youth Pilarmoinic ha acceso un entusiasmo sfrenato. Ammettiamo di aver perso il conto di quanti brani siano stai eseguiti, con continui scambi di posizione degli orchestrali, accompagnamenti vocali degli stessi, professori che si alzavano, sempre con stile e precisione, nel momento in cui la propria sezione fosse chiamata in causa. Da Čajkovskij a Polke frenetiche, con applausi ritmati e persone che non accennavano ad alzarsi dalla propria poltrona.

Pubblico piuttosto numeroso, anche se in minor quantità rispetto ai due precedenti appuntamenti. In ogni caso ci auguriamo che quest'orchestra torni ancora a Verona, perché professionalità ed entusiasmo sono sempre graditi.