La firma di Valčuha

 di Federica Fanizza

 

Splendida chiusura per le trentesime Settimane Musicali Meranesi con l'orchestra di Santa Cecilia, Juraj Valčuha sul podio e Lise de la Salle al piano.

MERANO, 22 settembre 2015 - Con l' Orchestra dell' Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Juraj Valčuha e con il pianoforte della giovane francese Lise de la Salle si sono chiuse a Merano (prov. Bolzano) martedì 22 settembre le Settimane Musicali Meranesi /Meraner Musikwochen; un progetto giunto alla trentesima edizione, nato nel 1985 con la collaborazione con sir Neville Marriner e l'Academy of St. Martin in the Fields, ospite regole nelle prime rassegne.

Le Settimane Meranesi, inaugurate il 25 agosto con l'Orchestra Nazionale Cinese e la Nona Sinfonia di Beethoven, si articolano in gruppi di concerti con diverse proposte musicali. Nella sezione Classic il programma prevede grandi orchestre sinfoniche che si alternano nel salone centrale del Kursaal meranese. Altri luoghi deputati per concerti sono il Pavillon de Flores, piccolo salotto musicale del Kursaal che ospita le esecuzioni da camera con orario antimeridiano alle 11 (Matinée); tra il Teatro Comunale Puccini, piccola struttura in stile Liberty – Secessione, la piazza delle Terme e nuovamente gli spazi interni del Kursaal, abbiamo le performance notturne - che quest'anno hanno visto l'esibizione dell'organista Cameron Carpenter con il suo show al laser -, i gruppi etnici e Jazz (ciclo Colours). Infine i castelli che circondano la conca meranese mettono a disposizione i loro spazi per ospitare gli ensemble vocali riuniti nel progetto Vox Humana (dalla musica sacra anche contemporanea a proposte che uniscono Mozart al pop).

La manifestazione può contare, tra l'altro, su un buon sostegno finanziario da parte della Provincia Autonoma di Bolzano e su una consolidata presenza di aziende private che ogni anni associano il loro marchio a un determinato concerto. Non teme la concorrenza e la concomitanza per data di altri appuntamenti di qualità e vicini come il Bozen Festival Bolzano (eventi nel capoluogo a soli venti chilometri di distanza) con la presenza consolidata dell'orchestra EYCO (l'Orchestra Giovanile della Comunità Europea) e gli appuntamenti del Concorso pianistico Busoni, affidandosi a una forte fidelizzazione di pubblico locale, abbonati, e di turisti.

Ma è con il ciclo delle grandi orchestre che la manifestazione si è guadagnata uno spazio di primo piano nel panorama internazionale come membro dell' European festival association, ospitando, in questo 2015, compagini come la Filarmonica della Scala diretta da Daniel Harding, la Mariinksky Orchestra con a capo Valery Gergiev, le esibizioni del violinista Daniel Hoper accompagnato dall'Academy of St. Martin in the Fields, per finire con l'orchestra romana di Santa Cecilia e un programma comprendente il Concerto per pianoforte n. 3 di Ludwig van Beethoven e la Prima Sinfonia di Gustav Mahler.

L'attenzione della serata era incentrata sulla prestazione della giovane concertista Lise de la Salle, oramai da tempo avviata a una carriera internazionale prestigiosa che l'ha portata a suonare nelle sale più importanti d'Europa, degli USA e in Asia. Nata nel 1988, ha iniziato a suonare il pianoforte all'età di quattro anni e ha dato il suo primo concerto, trasmesso in diretta da Radio France, quando aveva nove anni. Tra il 1997 e il 2004 ha vinto numerosi concorsi tra i quali il primo premio allo Young Concert Artists International Auditions di New York, che le ha dato l'opportunità di fare il suo debutto a New York e a Washington.

Composto fra il 1800 e il 1803, il Concerto in do minore n. 3 occupa una posizione centrale nella storia del concerto beethoveniano. Se, infatti, in esso la struttura e il rapporto fra solista e orchestra sono ancora improntati al modello  classico, la scrittura pianistica sovente se ne distacca, assumendo tratti di inconfondibile originalità. Anche rispetto ai primi due Concerti per pianoforte, il terzo si impone per un linguaggio più serrato e un uso della tastiera più personale. Già sbozzato intorno al 1800, fu completato intorno al 1802 ed eseguito con Beethoven come solista il 5 aprile 1803 a Vienna; l'anno dopo veniva pubblicato, incontrando un successo che ne ha fatto per tutto l'Ottocento il concerto pianistico beethoveniano più eseguito.

Con quest'opera Beethoven afferma per la prima volta in modo evidente la propria concezione sinfonica del concerto solistico mettendosi in confronto diretto con il Concerto in do min. K. 491 di Mozart. Lise de la Salle ci offre una interpretazione rivolta al romanticismo maturo con un tocco chiaro, ma anche energico e marcatamente virtuosistico che la porta a soprassedere sui tratti della tradizione classica di Mozart e Haydn ancora presente in queste composizioni di inizio '800 del maestro di Bonn. Alla fine applausi calorosi e chiamata alla ribalta per la giovane interprete che concede come bis un estratto dai Préludes di Debussy.

Altra protagonista, l’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia diretta da Juraj Valčuha, attento, invece, lui, a non sovrastare il suono del pianoforte con il vigore ritmico beethoveniano, dando respiro e spazio alle sonorità degli archi. Ma soprattutto riuscendo a controllare l’orchestra, che rispondeva con prontezza al suo gesto, nel segno della ricerca di un dialogo con la solista che, se pur nella correttezza della tenuta dei tempi, non si è instaurato per differenti vedute interpretative, con Valčuha più prossimo al contesto classico e alle radici stilistiche della partitura.

Un gesto chiaro d’autorità, il suo, chiaro anche per l’ascoltatore che poteva partecipare alle sue indicazioni e seguire il rapporto causa-effetto con le diverse sezioni. Un gesto che, nell’esecuzione della Prima sinfonia di Mahler, trovava la sua più alta espressione.

Il primo movimento, caratterizzato da una sonorità misteriosa che allude alla Natura che si risveglia, rievocava con leggerezza la progressiva costruzione della struttura del pezzo. E nella leggerezza dell’esecuzione si è retta tutta la Sinfonia, che altrimenti corre sempre il rischio di trasformarsi in un gran fracasso di fiati e percussioni.

Una vera ovazione ha accolto il finale, un successo personale del direttore che alla fine risponde agli applausi regalando al pubblico una sontuosa esecuzione del preludio della Manon Lescaut di Puccini. Come a voler far intendere che anche i preludi delle opere del verismo italiano, talvolta disprezzati, possono diventare dei piccoli gioielli sinfonici.