Inchino alla Zarina

 di Roberta Pedrotti

 

L'Orchestra Filarmonica di S. Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov ribadisce con forza la sua qualità assoluta e la sua preotente personalità. Rimskij Korsakov esalta le sue peculiarità e ne viene a sua volta esaltato, mentre lo spirito di Mahler sembra sfuggire in una interpretazione tanto sfarzosa e magniloquente.

BOLOGNA, 29 ottobre 2015 - Alla Zarina ci si inchina, non la si guarda negli occhi, ma ne si percepiscono la maestà, il luccichìo delle gemme, la luce delle perle, le trasparenze dei veli, le trine, le sete e le morbide pellicce.

Trovarsi innanzi alla zarina delle orchestre, la Filarmonica di S. Pietroburgo, è un'esperienza prima di tutto fisica, fatta di vibrazioni, masse, materie. Il virtuosismo straordinario dei suoi elementi si esprime in una dimensione concreta, tattile, che ci fa percepire la violenza o la dolcezza di ottoni che non conoscono rivali al mondo, l'imponenza inaudita delle arpe, i gravi formidabili che danno ai contrabbassi, come a tutti i tagli più profondi delle varie famiglie, una penetrazione e un'autorità senza pari. O, ancora, la compattezza degli archi, una muraglia cangiante che, di caso in caso appare levigata di fine intonaco o colossale e petrosa, ora metallica, tesa, fibrosa perfino, ora improvvisamente densa, cupa, compatta, sempre come se a manovrare gli archetti fosse un'unica mano. Vedendo qualche mano levarsi dal pubblico per reggere uno smartphone e immortalare alcuni momenti non si può che solidarizzare con l'estremismo antitecnologico di Krystian Zimerman: che senso ha distrarsi da una tale immanenza fisica per conservarne solo un'ombra digitale?

La Shéhérazade di Rimskij Korsakov è il brano perfetto per loro, loro sono l'orchestra perfetta per Shéhérazade. Un'affinità elettiva ideale, idiomatica, là dove il virtuosisimo e il colorismo della partitura trovano pieno senso e realizzazione, mentre le peculiarità degli esecutori possono esaltarsi in tutte le migliori qualità. Non è musica di per sé profonda, ma acquista una sua profondità fisica nell'essenza materica pietroburghese, sa ammaliare nello sviluppo di timbri e volumi, di prodezze solistiche (il primo violino meriterebbe un'ovazione a scena aperta per i suoi interventi), potenti e persuasivi come l'arte affabulatrice della bella Shéhérazade, che, d'altra parte, nel poema sinfonico, gioca per immagini e suggestioni più che per narrazioni e contenuti veramente articolati. Puro edonismo sonoro, al quale c'inchiniamo, felicemente vinti e sottomessi a Sua Maestà.

La seconda parte del concerto esce dal repertorio patrio per rivolgersi a uno dei massimi sinfonisti di tutti i tempi, ma raramente affrontato da Temirkanov e dalla sua orchestra: la Prima Sinfonia di Mahler offre senza dubbio un degno cimento tecnico a questa magnifica corazzata russa, che appaga ogni possibile edonismo, vuoi per lo sfoggio sfacciato di decibel senza tema di confusione o grida, vuoi per l'eccellenza dei solisti, vuoi per il calibro infallibile nel giostrare i colori collettivi. Pura voluttà del suono, che nella sua congenita ampiezza sembra ricondurre Mahler in un clima ancestrale, sospeso: la natura si risveglia verso un “meriggiare pallido e assorto” immagine della morte, Persefone sul crinale fra il mondo dei vivi e dei morti, l'incedere di una maestosa Demetra. Temirkanov, magniloquente, si fa coinvolgere più da una matrice beethoveniana nello sviluppo e nella ricorrenza di cellule ritmico-melodiche che non dalla mobilità metrica, dall'ambiguità, dall'ironia che sono pure la cifra caratteristica di Mahler, delle sue pulsioni conscie e inconscie fra eros e thanatos, radici ebraiche, popolari austroungariche, colte.

Insomma, una splendida esecuzione, ma la grande Zarina non si è lasciata guardare negli occhi fuori dal suo regno: ha danzato nello sfarzo delle sue vesti più meravigliose evitando di compromettersi con un autore dall'ethos insidioso come Mahler, preferendole il devoto favorito di corte Rimskij Korsakov. Non possiamo non inchinarci, applaudire, uscire inebriati di fronte a tanta meraviglia sonora, a un'orchestra unica al mondo, sotto certi aspetti seconda a nessuna, tuttavia resta un dubbio: questa gioiosa macchina da guerra, questa sovrana dal fascino conquistatore fuori dai patrii confini si esibisce praticamente solo con il suo direttore musicale Yuri Temirkanov, ma cosa accadrebbe con un'altra bacchetta? Quale personalità prevarrebbe? Con quali esiti? Chissà che la curiosità non venga un giorno appagata, magari con una lettura di Mahler pari per qualità tecnica, differente per linea interpretativa.