Una voce, un pianoforte e un corno

 di Stefano Ceccarelli

L’Istituzione Universitaria dei concerti (IUC) ci regala un emozionante e variegato concerto che ha il suo fulcro nei Lieder di Schumann, Schubert e Britten: è Ian Bostridge, blasonato interprete del repertorio, a eseguire un’ampia silloge dal Liederkreis per voce e pianoforte op. 24 di Robert Schumann; l’Auf dem Strom per voce, corno e pianoforte D 943 e un’antologia dal celebre Schwanengesang D 957 di Franz Schubert; e, infine, il ciclo The Heart of the Matter di Benjamin Britten, nella prima esecuzione italiana della versione integrale. L’esecuzione liederistica è inframmezzata da pezzi strumentali, in realtà vere e proprie canzoni senza parole (per dirla con Mendelssohn), dov’è il corno di Alessio Allegrini a essere accompagnato dal pianoforte: si tratta del Lied e Humoreske per corno e pianoforte di Leone Sinigaglia e l’Adagio e Allegro in la bemolle maggiore op. 70 di Schumann.

ROMA, 28 novembre 2015 – La IUC si distingue sempre, nel panorama nazionale, per proposte originali, interessanti, raffinate. Un perfetto esempio ne è questo concerto in cui si instaura un parallelismo fra la voce del tenore e quella del corno: sì, dico proprio voce del corno, usando una figura retorica qui più che mai calzante, giacché l’uso del corno nelle composizioni presentate rasenta quello della voce umana. I tre protagonisti sono il tenore Ian Bostridge, il cornista Alessio Allegrini e il pianista Julius Drake. Bostridge non ha certo bisogno di presentazioni, soprattutto come interprete liederistico del repertorio romantico: interprete a tutto tondo, non solo vocale, viste le sue fatiche di esegeta della musica di Schubert (mi riferisco, ovviamente, allo studio sulla Winterreise, suo cavallo di battaglia). Al suo fianco il fido Julius Drake, famoso soprattutto come accompagnatore di voci, prediletto compagno artistico di Bostridge in una liaison oramai consolidata, i cui frutti sono i numerosi concerti assieme. Notissimo al pubblico romano e non, Alessio Allegrini è il primo corno dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; si esibisce da solista con grande successo, grazie a un ottimo controllo del suono del corno, strumento romanticamente bello ma infido per il fisiologico rischio di stonatura, soprattutto in attacco di fiato. Il programma è ricchissimo e alterna romanticismo (Schubert e Schumann), atmosfere fin de siècle (Leone Sinigaglia, praticamente ignoto al grande pubblico) e la raffinata tensione della musica britteniana, perfetta interprete dell’hobsbawmmiano secolo breve. L’arte di Bostridge è certamente tra le più singolari interpretazioni del canto dei nostri tempi La sua vera forza risiede nell’interpretazione, appunto, personalissima, anticonvenzionale, anticlassica. La sua voce è granulosa, troppo maculata e brunita per un tenore, troppo vibrata e chiara per un baritono. Chi si aspetti da lui il penetrante calore della voce di Fischer-Dieskau, o la tersa chiarezza di quella di Wunderlich, è ben lontano dalla realtà delle cose. Voce, del resto, troppo poco potente per un cantante d’opera del repertorio belcantistico e romantico: insomma non certo una classica bella voce. Eppure sa essere magico, ipnotico. Tutto risiede nella sua concentrazione, nell’intelligenza musicale. Un gusto personalissimo, coniugato a un accorto fraseggio, rendono le sue performances un’esperienza unica. E, a scanso di equivoci, ne hanno decretato la fama mondiale. Dunque, non poteva non inserire nel concerto Schubert e Schumann. L’antologia dal Liederkreis schumanniano, che parla di amori, di sogni, di natura (anche con un velo di ironia), è un ottimo antipasto per rendersi conto di chi sia Bostridge. Soprattutto il colore di molti passaggi, di molte frasi: il «Träumend, wie im halben Schlummer» del Morgens steh’ich auf und frage, così pacatamente porto; l’allitterazione a scioglilingua dell’incipit di Es treib mich hin, es treibt mich her!; la strofa del canto degli uccelli in Ich wandelte unter den Bäumen; l’inizio nostalgico, pacato di Schöne Wiege meiner Leiden; il nobile legato d’un fiato con cui apre il paesaggio sul Reno di Berg’ und Burgen schaun herunter; il dolore lancinante, espresso con una chiusura sonora e opacizzazione volumetrica, dell’attacco di Anfangs wollt’ ich fast verzagen. Dopo Schumann, il suo amato Schubert: lo Schwanengesang. La seconda strofa del sogno del soldato (Kriegers Ahnung), Bostridge la canta tutta soffusa, continuando con calibrate tensioni di volumi e accenti. La celeberrima Ständchen, la serenata, fa forse emergere il tallone d’Achille dell’inglese: per carità, interpreta e legge con trasporto, ma una serenata vuole infinita dolcezza, legato fluido come l’acqua, mentre Bostridge troppo si concentra sul marcare talune allitterazioni (ad esempio: «Des Verräters feindlich Lauschen»). Al contrario, proprio un gusto come il suo riesce a conferire somma ironia a Abschied, ove altri sarebbero addirittura melensi. Ultimo ciclo presentato è The Heart of the Matter di Benjamin Britten, autore feticcio di Bostridge, di cui è sommo interprete. La sua voce, anzi, è perfetta per il repertorio novecentesco. Con grande lucidità, Bostridge ci ricorda che Britten «was a pacifist» e che avrebbe aborrito gli ultimi, tragici eventi, gli attentati terroristici, le siriache vendette. Come aborrì la Seconda Guerra Mondiale, i cui orrori sono sublimati nei versi della Sitwell in parte musicati da Britten, che aveva previsto l’alternanza di canto e lettura nel ciclo The Heart: la versione oggi presentata, per la prima volta in Italia, è il riadattamento operato dal compagno di Britten e celeberrimo tenore Peter Pears. Fin dall’attacco ferino del Prologue, Bostridge si mostra perfetto interprete del sentire britteniano: tutti gli accenti, i colori, i volumi sono perfettamente consoni al gusto dell’inglese. Still falls the rain è cantata con atmosfere allucinatamente eteree, estatiche, su un tessuto ritmico incessante dato dai ribattuti del pianoforte. La lettura delle liriche è commovente; la conclusione affidata alla sordina del corno è un autentico coup de théâtre.

Fra una selezione di Lieder e l’altra è il corno di Allegrini a cantare. Prima nel Lied e Humoreske di Sinigaglia, divertente, spigliato, dove il corno assume le movenze di un baritono caldo e sensuale. Nell’Adagio e Allegro di Schumann la performance di Allegrini tocca sublimi vette grazie soprattutto allo sfoggio di un nobile legato. Al cornista vanno i miei più sentiti complimenti. Ottimo l’accompagnamento di Drake.

Il concerto, che presenta rarità e una disposizione dei pezzi studiatissima e seducente, risulta un autentico successo: applausi avvolgenti salutano i tre artisti, apprezzati certamente anche dai radioascoltatori di RaiRadio3.