La tempesta in una stanza

di Isabella Ferrara

Al Teatro Bellini il testo teatrale di William Goldman, tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, va in scena con la regia di Filippo Dini e, sul palco, Arianna Scommegna, Aldo Ottobrino, Carlo Orlando.

Napoli, 7 novembre 2023 - Dal romanzo di Stephen King, al film cult Misery non deve morire, va in scena la storia, claustrofobica a dir poco, del famoso scrittore Paul Sheldon che si ritrova a vivere l’incubo della sua Nemesi nei panni della Sua Ammiratrice n.1, l’infermiera psicopatica Annie Wilkes, che, dopo averlo salvato da un incidente, lo tiene prigioniero fisicamente e mentalmente, nella propria casa isolata nella neve e nei suoi stessi romanzi; legato alle sorti di un’altra creatura, quella nata dalla sua stessa penna, la Misery che “non deve morire”.

È il suono della tempesta di neve iniziale che ci prepara a quella tempesta della mente a cui assisteremo.

Il palco è una piccola stanza con un letto e un comodino che ricorda la camera dipinta da Van Gogh, dove un’altra follia legata all’arte si consumò già. In seguito la scena ci sorprenderà e, ruotando su sé stessa, rivelerà altri spazi, angusti ma che nascondono speranze di fuga o di salvezza; come un carillon con piccoli oggetti incastrati fra di loro e una musica a tratti tensiva e beffarda.

I due protagonisti in scena ci trascinano nella loro storia, nel loro dramma, in cui trovano spazio l’ironia e il riso amaro di certe situazioni paradossali della vita, in cui la paura e l’assurdo si incontrano, lasciandoci interdetti a sorridere di una sorte che dobbiamo provare a modificare. Non c’è tensione da thriller del tipo che avvinghia alle poltrone, non c’è solo sgomento, ci sono delle vie d’uscita. Soprattutto ci sono due persone in lotta per la vita, la propria o quella dell’altro; una lotta che si sublima, che deve sublimarsi, all’interno dell’atto creativo. A interrompere la vicenda del tutto personale che coinvolge l’infermiera, lo scrittore e la ‘loro’ creatura immaginaria, rinchiusi nelle pagine di un libro da scrivere, interviene lo sceriffo di Carlo Orlando, che porta la luce di una realtà che vive fuori da lì e una speranza di salvezza seppure tragicamente delusa.

Il Paul scrittore di Carlo Ottobrino ci fa sentire la sua sofferenza fisica, la disperata forza che anela alla salvezza, e, con ironica perplessità, lo sconforto nel fallimento. Riesce a trasmetterci anche il culmine del suo momento creativo, del flow, il flusso che cancella tutto quanto c’è intorno, immergendolo in una nuova emergenza.

La Annie di Arianna Scommegna è sorprendente. L’attrice sul palco è bravissima. Una interpretazione della follia e del disagio che non richiede confronto, non anela a soddisfare le possibili aspettative di chi, già lettore o spettatore del famoso film, ricorda il personaggio che valse l'Oscar a Kathy Bates. È una donna malata che riesce a mostrarci tutto lo spazio della sua psicopatia; una lucidità estrema, una chiarezza di espressione che cattura l’attenzione con il racconto di sé stessa; una ricerca costante di coerenza negli eventi narrati, che riempiono la solitudine di una mente in cerca di una fuga nell’esistenza degli eroi immaginari. Il passaggio repentino di tutti gli stati d’animo sul corpo, nella voce e negli atti della Annie sul palco, le immediate ripercussioni fisiche e psichiche che producono su Paul, che si contorce nella sua prigione, danno un ritmo nuovo a una storia conosciuta, che appare diversa. Con tempi perfettamente sincronizzati, serrati, ma anche dilatati quanto basta per immaginare l'estenuante spossatezza della reclusione. Ed infatti si attende l’epilogo di uno spettacolo forse un po’ lungo: come Annie per Misery, vogliamo solo sapere la fine, vogliamo saper come sarà. Ma quando arriva sorprende a sua volta, un altro piccolo spettacolo nello spettacolo a cui siamo chiamati a prendere parte.