O come Otello, O come oggi

 di Giuliana Dal Piaz

Il festival canadese, realtà sempre più consolidata e prestigiosa anche a livello internazionale, prosegue il suo percorso shakespeariano nel segno dell'integrità del testo, senza indirizzarsi alla sperimentazione e al teatro di ricerca. Lo conferma anche questo Othello ambientato ai giorni nostri in una Venezia governata da una Dogaressa.

Stratford (Canada), 27 giugno 2019 - Lo Stratford Festival – da festival teatrale estivo nato per mantenere in vita anche in Canada, come in Gran Bretagna, rappresentazioni regolari delle opere di William Shakespeare, aggiungendovi poi quelle di pochi altri autori “classici” – sta diventando ormai un evento che si estende per quasi sette mesi, con un maggior numero di conferenze introduttive, alcune anche a Toronto; più spettacoli in cartellone, alcuni di autore contemporaneo; un nuovo grande teatro in costruzione, il Tom Patterson Theatre, che si aggiungerà ai tre utilizzati finora; un impatto generale sull’ambiente dello spettacolo dal vivo canadese senza precedenti. Il Comitato per i luoghi e i monumenti storici (HSMBC) ha appena assegnato al Festival una targa commemorativa della fondazion, indicandolo come “evento storico nazionale”, che attrae attualmente più di mezzo milione di spettatori l’anno. La targa recita: “Nel 1953, Tom Patterson lanciò un festival annuale di teatro shakespeariano nella sua cittadina natale di Stratford. Il direttore artistico Tyrone Guthrie e la scenografa Tanya Moiseiwitsch concepirono l’innovativo palcoscenico del Festival, che, circondato su tre lati dal pubblico, favoriva uno stile fluido e dinamico di rappresentazione, inteso a dare nuova vita alle opere di William Shakespeare. Nel corso degli anni, oltre a contribuire alla rinascita economica di Stratford, il Festival ha ampliato il proprio repertorio e si è guadagnato rinomanza internazionale, formando intere generazioni di professionisti teatrali e dando inizio alla carriera di alcuni tra i migliori attori canadesi”.

Tutto ciò, mantenendo sempre intatti i testi shakespeariani, nell’ottica di un “teatro di parola” tradizionale che limita le sperimentazioni al rispetto o meno dell’epoca storica e, di recente, alla trasformazione al femminile di alcuni personaggi marginali.

È esattamente quello che accade in quest’Othello: Nigel Shaw Williams lo trasporta al mondo odierno con un Doge veneziano donna e la presenza in scena di alcune soldatesse (forse perché Desdemona ed Emilia sono all’origine gli unici personaggi femminili in un ambiente profondamente maschile), ma non ha bisogno di cambiare una sola delle parole dell’autore perché il pubblico possa riconoscervi istanze ancora valide oggi. Ed ecco che – nel pianeta umano dominato, come sempre da invidia, avidità e voglia di potere, e ora anche dalle controverse questioni di razza, genere ed immigrazione – appaiono di grande attualità il razzismo e la misoginia di Iago, che fanno leva sull’inconfessato complesso di inferiorità del Moro, accusato di ignoranza e incomprensione della “sofisticata” società veneziana.

Il filo conduttore di questa stagione, che riguarda in qualche modo tutti gli spettacoli in programma, è “breaking boundaries”, rompere le barriere: in questo caso, è Desdemona, spesso impropriamente descritta come una fanciulla ingenua e poco consapevole, a infrangere le regole del proprio mondo, prima sposando uno straniero di colore e poi ancora rivendicando l’integrità delle sue scelte senza mai rinunciare all’amore per Otello, inteso come profondo legame sentimentale e non come obbligo di sottomissione al marito.

La messa in scena è minimalista, lisce pareti grigie con tre uscite, una di esse schermata solo da velature, scalini e pavimento del palcoscenico neri.

Con risultati molto efficaci, sono gli effetti luce a disegnare sulle pareti profili di palazzi, finestre e colonne per l’ambientazione delle scene. Ogni volta, poi, che Iago si abbandona ai monologhi rivelatori dei proprî stati d’animo e delle proprie intenzioni, macchie o fumate nere, o addirittura le tortuose convoluzioni di un cervello, si allargano sulle pareti, inducendo nello spettatore sensazioni volutamente sgradevoli.

Molto incongrua e isolata dal contesto la scena con cui si apre lo spettacolo: un gruppo in nero totale, tra cui spicca la figura immobile di Iago che guarda in senso opposto, si muove ad un ritmo di musica di tipo hip-hop. È un gruppo di protesta contro il governo veneziano, di neri che invocano il Black Power, di soldati intenti a un esercizio di arti marziali? Che ci fa Iago in mezzo al loro, anche se “in direzione ostinata e contraria”? Mistero.

Bravo Michael Blake come Otello, ottimo “physique du rôle” e dizione chiarissima, un’interpretazione piena di dignità che sfocia poi nella nota tormenta passionale. La giovane Amelia Sargisson fa del suo meglio nella parte di Desdemona, ma le mancano una maggior esperienza di palcoscenico e la guida di una regia più incisiva. Gordon S. Miller sarebbe capace di un ottimo lavoro, ma il suo Iago –dizione spesso trascurata, che toglie chiarezza al testo – appare troppo impegnato a trasformare le frasi in battute di spirito e strappare la risata del pubblico (!), per trasmettere l’adeguata sensazione di minaccia incombente del deus-ex-machina di questa oscura tragedia. Molto convincenti sia il Cassio di Johnathan Sousa sia l’Emilia di Laura Condlln, qui trasformata, da cameriera, in assistente personale e guardia del corpo di Desdemona: l’ambiente, del resto, è quello di un presidio militare! In genere buoni tutti i comprimarî.

Lo spettacolo non è di quelli da cui si esca profondamente soddisfatti. Da una parte, Otello è tuttora la tragedia più assurda e innecessaria della storia del teatro e deprimente di conseguenza: come lui stesso dice, “must you speak of one that loved not wisely but too well; of one not easily jealous, but being wrought perplexed in the extreme” ("parlerete di uno che troppo amò, con non troppa saggezza; d’uno che, non incline a gelosia, istigato, si fece trasportare all’estrema dissennatezza"). Dall’altra, risulta ancora una volta estremamente difficile, per regista e attori, raggiungere quella perfetta sintonia tra idea, testo e realizzazione capace di strappare il pubblico dalla sedia.

Foto di scena: David Hou

 

OThELLO

tragedia di William Shakespeare (1603)– Festival Theatre, Stratford, dal 27 maggio al 27 ottobre.

 

Regia: Nigel Shawn Williams. Scene: Denyse Karn. Luci: Kaileigh Krysztofiak. Combattimento in scena: Anita Nittoly. Intimità in scena: Slobhan Richardson.

 

Musica e regia del suono: Verne Good.

 

Personaggi e interpreti:

 

Otello – Michael Blake

 

Desdemona – Amelia Sargisson

 

Iago – Gordon S. Miller

 

Cassio – Johnathan Sousa

 

Emilia – Laura Condlln

 

Roderigo – Fahrang Ghajar

 

Lodovico – Juan Chioran

 

Bianca – Shruti Kothari

 

Brabantio – Randy Hughson

 

Montano – E.B. Smith

 

Doge di Venezia – Michelle Giroux