L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rossini secondo Colla

 di Sergio Albertini Mancuso

Incantevole realizzazione, nella migliore tradizione del teatro di marionette, dell'Italiana in Algeri a cura della compagnia Carlo Colla e Figli. Lo spettacolo, già visto a Pesaro, approda ora a Milano.

Milano 2 ottobre 2019 - Il debutto assoluto, giustamente, era stato nel luglio 2019 a Pesaro. Una riduzione musicale dell’opera L’italiana in Algeri per la XL edizione del Rossini Opera Festival creata dalla Compagnia Marionettistica Carlo Colla e figli presso il Teatro Rossini. Una produzione Associazione Grupporiani Comune di Milano - Teatro Convenzionato, in collaborazione con Human Company Teatro – Recanati; un allestimento che ha voluto in qualche modo celebrare il doppio quarantennale del Rossini Opera Festival – e, in coda, Rossini 150 - e dell’AIDO di Pesaro (Associazione Italiana Donatori Organi), presieduta da Gabriele Riciputi, intersecandosi peraltro nello stesso periodo col Burattini Opera Festival a Palazzo Mazzolari, sempre a Pesaro.

Ma le marionette, in quest’inizio d’autunno, son tornate a casa, nel loro Atelier di via Montegani. Per il dramma giocoso di Angelo Anelli musicato da Rossini si è scelta l’edizione Erato (oggi Warner) diretta da Claudio Scimone con le voci di Marilyn Horne, Samuel Ramey, Ernesto Palacio - attuale sovrintendente del Rossini Opera Festival Pesaro – Kathleen Battle (nelle note di programma sono stati omessi i nomi di Domenico Trimarchi, Nicola Zaccaria, Clara Foti, che pure si ascoltano). Lo spettacolo è segnato dall’inconfondibile sigla dei Colla, una tradizione marionettistica che parte intorno al 1835, e che da sempre ha flirtato, con successo, col repertorio operistico: basti ricordare la partecipazione al recupero del Viaggio a Reims a Pesaro nel 1984 (e di tutte le riprese dello spettacolo di Ronconi), o l’inaugurazione della stagione alla Piccola Scala nel 1970 con El retablo de Maese Pedro di de Falla (ripreso anche al Petruzzelli). Ma, tra fiabe e balletti, la compagnia ha affrontato molto repertorio verdiano (Nabucco, Aida, Il trovatore, Attila, La battaglia di Legnano), Puccini, Vivaldi, Hasse, Mozart (l’ultimo, Il sogno di Scipione), Cimarosa, Melani, Haydn, Haendel, Ponchielli, Il Guarany di Gomes, la zarzuela La Gran Via e L'histoirie du soldat con la regia di Ugo Gregoretti, per la Piccola Scala nel 1981.

Ed ecco, quindi, arrivare L’italiana in Algeri. Sulle note della sinfonia introduttiva, all’alzar del sipario, inizia la magia con il mare in tempesta (e relativo movimento d’onde), la nave in preda ai marosi, il cielo che da roseo si fa sempre più plumbeo, dall’alto avanzano nuvoloni (di morbidissima garza) ed è tutt’un fioccar di lampi sullo sfondo. All’aprirsi del I atto, la corte di Mustafà, bey di Algeri, ecco una fastosa sala moresca, coloratissima: il coro è composto da cinque eunuchi dai bei faccioni sorridenti e con doppi menti (le cui fattezze ricordano quelle di Mauro Coruzzi, in arte Platinette) con candidi turbanti sul capo. La naturalezza dei gesti di Elvira che, disperata, si copre il volto con le mani è uno degli abituali virtuosismi della compagnia. Due servitori neri trasportano un divanetto rosso – elaborato nella sua tappezzeria – con un vecchio e barbuto Mustafà caratterizzato da un naso impressionante. Cambi di scena da far invidia a un teatro vero, con graticci in legno che scorrono per l’arrivo di Lindoro in catene. La nuova scena, di aspetto mediterraneo, caratterizzata da un rigoglioso palmeto e lussureggianti agavi annuncia l’arrivo di Isabella, elegantissima in abito paglierino e parasole, mentre Taddeo ha un giaccone a righe e bastone in mano. Per chi non abbia mai visto uno spettacolo dei Colla, segnalo che i costumi sono sempre di una ricchezza di particolari impressionante. Le arie si susseguono senza un momento di stasi scenica (Isabella canta "Ai capricci della sorte" e Taddeo si siede con fare annoiato sul baule, ad esempio). Per accogliere Isabella, Mustafà ha cambiato abito, con un esagerato turbante piumato e fastoso abito elaborato. Il duetto Isabella-Mustafà rasenta l’incredibile con la loro interazione di gesti e movimenti sul divano: uno dei momenti davvero più esilaranti.

Il secondo atto si apre su un chiosco in giardino; Haly ha le inevitabili scarpe a punta rialzata, orecchini, collana: ha l’aspetto di un moro cattivo. Atto pieno di colpi di scena, come il cambio dietro un paravento di Taddeo per indossare l’abito di Kaimakan; Isabella adesso ha i capelli sciolti e indossa un raffinato costume color pesca e oro. Dopo il trio dei Pappataci, Isabella appare con una coccarda tricolore assieme ai marinai del vascello, oramai prigionieri. Nel suo "Pensa alla patria" uno di essi sventola con grande impatto scenico un tricolore. Nella cerimonia dei Pappataci, sono di particolare bellezza i mascheroni tenuti su dei bastoni dal coro e, tra un piattone di spaghetti, un cappello che cade dall’alto sulla testa del Bey e la ripartenza della nave, si concludono due ore di spettacolo. Segnalo che le quattro marionette, che danno vita ai personaggi principali dell’opera sono alte ottantacinque centimetri e pesano, con il loro sontuoso abbigliamento, ben otto chilogrammi. Sono circa sessanta le marionette utilizzate e manovrate da tredici marionettisti (che a fine spettacolo appaiono, stanchi e sorridenti, sulla scena). I costumi sono di Cecilia Di Marco e Maria Grazia Citterio realizzati dalla sartoria dell’Associazione Grupporiani; l’edizione musicale (con inevitabili tagli, ma non troppi, in verità: sono presenti anche numerosi recitativi) è a cura di Danilo Lorenzini, e la regia di Franco Citterio e Giovanni Schiavolin. Pubblico entusiasta e numerose chiamate finali. Come – e forse più – di quanto a volte non accada in un teatro d’opera…

Sergio Albertini


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