Sul desiderio e l’abbandono

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ancora in atto ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web e alla televisione importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura, alimentando un senso di aiuto per ciascuno di noi. Sul canale Arte dall’Opernhaus di Zurigo in Svizzera è stata trasmessa in diretta la serata di danza con la coreografia di Christian Spuck.

ZURIGO – La Winterreise di Christian Spuck, premiata nel 2019 con il “Prix Benois de la Danse”, si accosta con astrattismo generalizzato al celebre ciclo liederistico, portando in scena una suggestiva miscela di quadri d’insieme e intime performance solistiche. Il coreografo tedesco intraprende un viaggio nel sé più profondo ed esplora temi senza tempo come la separazione, l’amore, l’estraniazione, e l’abbandono, nonché il desiderio, consentendo al mezzo della danza di fornire inedite prospettive su una tra più grandi opere musicali di matrice classico-romantica. Dopo la felice edizione alla Scala di Milano, firmata dal coreografo Angelin Preljocaj ritroviamo nuovamente (e completamente differente) in forma di balletto la Winterreise, il capolavoro del 1827 di Franz Schubert costituito da ventiquattro lieder per voce e pianoforte. Il compositore tedesco Hans Zender ha rielaborato il ciclo nel 1993 con il titolo Schuberts Winterreise e questa sua versione per tenore e piccola orchestra è molto più di una semplice orchestrazione: tanto sensibile quanto radicale, svela la possibilità di interruzione del ciclo, avvicinandosi alle poesie di Wilhelm Müller, spingendosi nei meandri più oscuri dell’animo. Il suo utilizzo nella serata dall’Opera di Zurigo fa riemergere pulsazioni di stampo schubertiano, rivelandone lo spessore musicale. Affine ad Hans Zender, anche la messa in scena del valente coreografo Christian Spuck, rimontata a richiesta del pubblico e visibile grazie alla formula del live streaming, con la direzione musicale di Benjamin Schneider, le scenografie di Rufus Didwiszus, i costumi di Emma Ryott, le luci di Martin Gebhardt e la drammaturgia dello stesso Spuck insieme a Michael Küster. Il canto si deve all’interessante voce tenorile di Mauro Peter e per protagonisti abbiamo i bellissimi, affiatati, freschi e precisi danzatori del Ballett Zürich, dotati di corpi in grado di esprimersi secondo i canoni della contemporaneità e di restituire un’interpretazione libera, incisivamente interpretativa in virtù della forte presenza teatrale senza stereotipi, al fianco dei musicisti della “Philharmonia Zürich” diretti da Benjamin Schneider.

I quadri danzati si contraddistinguono per intensità e  un senso drammatico che supera di gran lunga altri lavori di Spuck per la perfetta sensazione di solitudine nel linguaggio del corpo e snel dizionario del movimento. Ne risulta un prodotto di qualità, altamente sofisticato, non godibile a tutti, anzi a beneficio di pochi eletti idonei a lasciarsi trasportare nel viaggio della musica da camera, e nelle viscere della terra. La scelta accurata dei costumi, delle scenografie tra le tinte del bianco e del grigio a rievocare neve e ghiaccio, del nero a imprimere un senso luttuoso, privilegia inoltre negli oggetti o negli artifici una variegata simbologia, come se le forme dei danzatori fossero un tutt'uno con l’errare. L’alfabeto gestuale di Spuck è rigoroso, si fonda sull’esigenza di una forma chiara e di una scrittura accurata, trovando una cifra innovativa nella sensualità degli esecutori, ben capaci di restituire concettualmente l’apoteosi stessa dei Lieder. La partitura ampliata di Zender si avvicina alle poesie in maniera nuova, elettrizzando sonorità che riflettono strati di desolazione ancora più avverse w offrendo al Balletto di Zurigo la capacità di accostarsi alla nostra quotidianità. Il talento dei ballerini è indiscutibile: Giulia Tonelli, Elena Vostrotina, Katja Wünsche, Jan Casier, Alexander Jones, William Moore, Inna Bilash, Rafaelle Queiroz, Michelle Willems, Esteban Berlanga, Wei Chen, Matthew Knight, Francesca Dell’Aria, Mélissa Ligurgo, Meiri Maeda, Constanza Perotta Altube, Elizabeth Wisenberg, Cohen Aitchison-Dugas, Daniel Mulligan, Kevin Pouzou, Dominik Slavkovský, Emma Antrobus, Mélanie Borel, Sujung Lim, Aurore Lissitzky, Alba Sempere Torres, Jesse Fraser, Mark Geilings, Loïck Pireaux, Lucas Valente, Jessica Beardsell, Chandler Hammond, Luca Afflitto, Jacopo Arregui, Riccardo Mambelli, Barbara Goodman. L’algida messa in scena di Rufus Didwiszus è risultata perfetta nella realizzazione di Spuck in cui ritroviamo tanta danza, senza momenti sospesi o statici, lo sfondo e il centro sempre e comunque in movimento. Ballerini camaleontici si calano a ben rappresentare il mondo della natura e del fantastico: ali d’angelo realizzate con rami piumati, lente camminate sui trampoli agli angoli del palcoscenico, fasci di ramoscelli sulla schiena, occhi bendati, luci al neon firmate ingegnosamente da Martin Gebhardt, i corvi a significare un passaggio da uno stato ad un altro, la rettangolare botola che si trasforma in urna, figure quasi carnevalesche, la testa di una smisurata antilope simbolo del sacrificio, e infine quella nudità sinuosa che traspare in più registri tra intrecci e dinamiche complesse. I costumi di Emma Ryott aiutano l’allestimento con evidente persuasione, lasciando intravedere (o immaginare) gli scultorei corpi. Il capolavoro di Schubert risplende coreuticamente con eleganza in ineffabili entrate ed uscite, lasciando allo spettatore un senso di compimento. Racconta Josef von Spaun: «Quel giorno ci cantò... tutta la Winterreise. L’atmosfera malinconica di quei Lieder ci aveva lasciati totalmente stupefatti. Il poeta Schober affermò che gli era piaciuto solo Der Lindenbaum. Schubert gli rispose soltanto: “Io amo questi Lieder più di ogni altro, e anche voi li amerete”».