Tre volti del Novecento

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Un trittico coreutico curato da Renato Zanella presenta al Teatro Filarmonico di Verona diversi volti, angosciosi e sensuali, contrastati e riappacificati, dell'amore e dei rapporti interpersonali attraverso le musiche di Schönberg, Stravinskij e Ravel.

VERONA, 12 febbraio 2015 - Debutta al Teatro Filarmonico di Verona il trittico di danza XX Secolo, interamente coreografato dal direttore del corpo di ballo, Renato Zanella. Un autentico excursus nella carriera del maestro e, attraverso tre tappe fondamentali, nella sua carriera e nel secolo scorso.

Un trittico che partiva dalla Notte trasfigurata (Verklärte Nacht) di Schönberg, perciò da un amore infedele, ma sincero, passando dal sentimento Duo Concertante di Stravinskij – concepito come il sunto di un rapporto di amore-odio fra due amanti, che si riscoprono amici solo nel finale –, fino a giungere all'autentica sensualità del Bolero di Ravel.

Lo scenario della Notte trasfigurata è del tutto fedele ai versi di Richard Dehmel che ispirarono Schönberg, le scene sono scarne, quasi stilizzate, ma notevolmente efficaci. Una serie di sbarre scure sembrano simulare una selva che si apre nel finale al sorgere del sole. L'espressività dei danzatori è di grande effetto e di grandissima fedeltà alla linea musicale, con movimenti poco consueti, forse, per il pubblico italiano (lo spettacolo viene da San Francisco), ma apprezzati con convinzione. Non c'è mai una sistematica rigidità nei corpi degli intepreti che, talvolta, paiono lasciarsi andare – specialmente la protagonista, avvinta dal pentimento per il peccato commesso, l'aver tradito carnalmente l'amato e portarne in grembo le conseguenze. Ottima l'idea dello stacco cromatico dei costumi: un contrasto estremo di bianco e nero, presumibilmente raffiguranti la purezza e la colpa. Al termine la giovane viene perdonata e la luce riempie il palco, a simboleggiareil redenzione e la fine della notte.

Questa è stata la parte più lunga e impegnativa della serata, anche tenendo conto che a Verona ci si avvale di un organico di stabili e di aggiunti, che hanno saputo, comunque, trovare un amalgama ottimale fra loro. Organico, oltretutto, privato di alcune prime ballerine, ora in maternità e alle quali vanno i nostri più sinceri auguri. È bene ricordare tutti gli interpreti, visto l'impegno profuso: i protagonisti Teresa Strisciulli e Evghenij Kourtsev, coadiuvati dai bravissimi Annalisa Bardo, Michaela Colino, Pietro Occhio, Carmen Diodato, Marco Fagioli, Mirand Pulaj, Federica Cristofaro, Elisa Mazzoli, Yasmine Mechergui, Daniela Morrone, Lorenzo barberini, Luigi Celani, Ivan Piccioli e Massimo Schettini. Questo elenco ci è reso doveroso dal fatto che i loro nomi non compaiano tutti nelle locandine ufficiali, ma solo in quelle fornite alla stampa.

Dopo un breve intervallo è stata la volta del Duo Concertante, che poneva sugli scudi, ancora una volta, la bravissima Teresa Strisciulli, ora assieme ad Antonio Russo. Accompagnati dal violino di Günther Sanin e dal pianoforte di Pietro Salvaggio, i due artisti hanno dato vita alle tipiche schermaglie amorose (con tanto di lamentele e spintoni) di una coppia di amanti, che prima si rifugiano nell'odio per poi giungere all'autentica amicizia. Il fondale sono semplici proiezioni monocromatiche e, anche nel litigio, pare che Russo e la Strisciulli si sfidino in abilità, con un contatto minimo, solo quando la logica e la trama lo richiedano. Zanella ha saputo sfruttare benissimo anche le pause musicali del brano, durante le quali la narrazione non si interrompe, ma resta sempre viva.

Il Duo Concertante di Zanella si è fatto ammirare sui più importanti palcoscenici del mondo, come Stoccarda, Montecarlo o Vienna, e ora si mostra anche al pubblico italiano e veronese.

Tuttavia è l'ultimo il balletto che abbiamo apprezzato maggiormente: il Bolero di Maurice Ravel, già visto a Verona nel 2012. Al centro della scena un piccolo palco con la prima ballerina, Myrna Kamara, ad affrontare la breve e sensualissima danza, con dei movimenti che parevano rammentare sia l'esotico fascino del Medio Oriente, sia la passionalità mediterranea. Come noto il Bolero è composizione particolarissima, la quale potrebbe durare ore come pochissimi istanti. I quindici minuti previsti fuggono in un batter di ciglio, appagato dalla completezza visiva fornita da altri sei primi ballerini (tutti già nominati precedentemente), posti simmetricamente ai lati della scena, ma in una simmetria dinamica, mai statica, atta a trasmettere il continuo fremere della musica di Ravel, quel fremere che non regalerà mai un'autentica esplosione finale, sebbene il termine sia tecnicamente compiuto nella forma armonica.

Prima e terza parte della serata hanno avuto protagonista, nel golfo mistico del Filarmonico, l'orchestra dell'Arena di Verona, diretta al meglio da Roman Brogli Sacher. Gli equilibri orchestrali sono ineccepibili, pregevole il fraseggio musicale, ma, soprattutto, di altissimo livello l'espressione e la partecipazione. Palco e buca sono legati alla perfezione, fondendosi in un tutt'uno.

Veramente splendide e azzeccate le luci di tutta la serata.

Al termine convinti e meritati applausi per tutti: direttore, coreografo e ballerini.

Considerati i tempi, da sottolineare la bella iniziativa della Fondazione di offrire agevolazioni sui prezzi dei biglietti; questo ha consentito alla platea di popolarsi più che discretamente, così come i palchi. Da rammentare che la serata non faceva parte dei turni di abbonamento ed era infrasettimanale, perciò si auspica una maggior presenza per le repliche.

foto Ennevi