Dittico Preljocaj

 di Stefano Ceccarelli

Dopo la pausa estiva, il Costanzi riapre con una produzione di danza contemporanea, una serata dedicata a due creazioni di Angelin Preljocaj: Annonciation e Nuit Romaine. Tutto il corpo di ballo, assieme alla sua direttrice, Eleonora Abbagnato, e all’étoile ospite Friedmann Vogel, concorre a dar vita a questo vivace dittico.

ROMA, 15 settembre 2022 – L’Opera di Roma può vantare, da anni, una stabile presenza della danza contemporanea, grazie soprattutto alla direzione di Eleonora Abbagnato, assai sensibile verso questo repertorio. La Abbagnato, inoltre, ne è anche interprete partecipe, come dimostra la sua assidua presenza nelle coreografie di Angelin Preljocaj, nome costantemente in cartellone dal 2016.

La presente serata si articola in due quadri: si può ben parlare, quindi, di dittico. Benché Annonciation e Nuit Romaine siano stati composti e coreografati in momenti differenti della carriera di Preljocaj, trovano tuttavia una certa loro armonia eseguiti uno dopo l’altro. Ambedue, del resto, vantano anche una versione sul grande schermo. Annonciation è ispirato all’episodio evangelico noto come annunciazione, quando l’arcangelo Gabriele comunica a Maria il futuro concepimento e la nascita di Gesù. La coreografia è andata già in scena al Costanzi nel 2017. Nella lettura di Preljocaj, le due interpreti dei ruoli, Rebecca Bianchi (Marie) e Annalisa Cianci (l’Archange), si muovono con gestualità meccanica, ossessivamente ieratica. Tutta la coreografia è attentamente basata sulla prossemica e la figurazione gestuale dei due caratteri, che si fa più tesa nel momento del concepimento e della sua annunciazione. La cifra di Preljocaj si percepisce tutta: attenzione alle figurazioni, citazioni di dipinti, ibridazione musicale e di generi differenti. Bianchi e Cianci danzano benissimo assieme e rendono viva una coreografia scarna, essenziale, basata solo sul gesto delle due danzatrici, come si comprende considerando che la scenografia (dello stesso Preljocaj) è un fondo scuro dal quale i due corpi emergono perché sapientemente illuminati da una luce radente (le luci sono di J. Chatelet).

Molto più articolato è il secondo pezzo, Nuit Romaine. Si tratta di una rapsodia di sedici episodi coreutici apparentemente slegati fra di loro, ma in realtà coerenti con il tema suggerito dal titolo, appunto una notte romana. Nuit Romaine ha avuto il suo battesimo sul grande schermo qualche mese fa, in occasione della Giornata Internazionale della Danza, ed è stato inizialmente concepito come una fantasia coreutica per grande schermo, ispirata dallo splendido Palazzo Farnese. In apertura Preljocaj immagina un tavolo scarno con una serie di ballerini che impersonano degli angeli; il chiaroscuro creato fra l’uso delle luci, il fondale scuro e i candidi costumi dei danzatori crea effetti visivi impressionantemente belli. Fra i pezzi alcuni rimangono, sicuramente, maggiormente impressi nella memoria. Come non ricordare “Les trois Papes”: il sipario si alza su tre papi ieraticamente seduti su alti troni dorati che iniziano a danzare una coreografia fatta di gestualità armoniosamente meccaniche e basate su cellule ripetitive – insomma, la firma di Preljocaj. Splendido il pezzo “Grande Corde” dove due elementi del corpo di ballo ruotano una corda mentre altri, a turno, compiono evoluzioni; il tutto sotto le note del III movimento dell’Autunno di Vivaldi, un accompagnamento che conferisce un sapore popolare e godereccio al quadro. “Les Jarres Dorées” impressiona sia sul lato visivo che su quello coreutico: tre danzatrici giocano con tre grandi giare dorate, coniugando figurazioni da ferme a sensuali danze con elementi del corpo di ballo maschile. Sensuale e danzato con precisione millimetrica è il “Pas de Deux Déglingué” dove l’étoile ospite Friedemann Vogel balla assieme a Eleonora Abbagnato: va segnalato qui l’uso del tutù lungo anche per Vogel, che esalta i robusti movimenti del suo corpo slanciato (i costumi, val la pena rammentarlo, sono della Chiuri in collaborazione con la maison Dior). Delizioso, dal sapore squisitamente neoclassico è “Quatuor Vivaldi”, dove, sotto le note di una rielaborazione della placida aria vivaldiana “De torrente in via bibet” (Dixit Dominus RV 595), Cocino, Castellana, Rezza e Mastrangelo danno vita a un vivacissimo pas de quatre, in cui Preljocaj coniuga la grazia settecentesca al gusto per le simmetrie e le ripetizioni. La sezione finale colpisce sia per i giochi illusionistici con i corpi dei danzatori (“Les Pellerins”) che per il tableau, ambientato in una riproduzione del cortile di Palazzo Farnese dove costumi e scene creano atmosfere seducenti. La serata è un successo e il corpo di ballo è lungamente applaudito.