C’est Noël

 di Stefano Ceccarelli

L’onore di aprire la stagione di balletto è quest’anno tributato a Lo schiaccianoci di Čajkovskij, il titolo natalizio per eccellenza. La direzione è affidata a Nir Kabaretti, mentre la coreografia è di Paul Chalmer. I ruoli principali sono danzati da Flavia Stocchi (Clara), Alessio Rezza (Schiaccianoci), Maia Makhateli (Fata Confetto) e Victor Caixeta (Principe).

ROMA, 21 dicembre 2023 –La stagione ballettistica 2023/2024 del Costanzi si apre all’insegna di Pëtr Il’ič Čajkovskij, esattamente con Lo schiaccianoci, il balletto natalizio par excellence. In questa occasione, il nuovo allestimento è a firma di Paul Chalmer, mentre la direzione viene affidata a Nir Kabaretti (nome assai noto al pubblico romano).

Paul Chalmer sceglie uno Schiaccianoci narrativamente vicino all’originale čajkovskijano, con qualche licenza, soprattutto nella prima parte del balletto. Pur non obliando, certo, l’apporto della versione ‘psicologica’ di Nureyev o di altri allestimenti tradizionali di matrice russa – risalenti, quindi, comunque al modello originale di Lev Ivanov –, Chalmer cammina all’interno del sentiero della tradizione, per esempio, mantenendo divisi i ruoli di Clara e della Fata Confetto. Gioca, però, molto sulla fantasia nella prima parte: un movimentato mercatino di Natale e una spassosa scena famigliare durante la Vigilia di Natale in casa Stahlbaum vengono dirette con notevole maestria e senso del ritmo narrativo. In generale, si può dire che la versione di Chalmer sia riuscita e piacevole, benché alcune parti risultino più efficaci di altre. L’inizio dello Schiaccianoci lascia a bocca aperta, non solo visivamente, ma anche per il ritmo narrativo. Chalmer ha un certo qual gusto cinematografico per le scene mimiche: il Prologo, che si svolge nel mercato natalizio del paese, è una baraonda di gente che va e viene, con tante piccole scenette – la più divertente delle quali è quella in cui Drosselmeyer dona dei dolcetti ai bambini. La neve, opera delle proiezioni video (Renzetti-Bruno), è riuscitissima; in generale, la scenografia (Andrea Miglio) rinuncia all’opulenza tipica di un balletto come Lo schiaccianoci per concentrarsi sulle proiezioni video, che costituiscono di fatti l’impalcatura generale di tutte le scene – con effetti, sicuramente, più o meno riusciti, ma mai deludenti. Anche l’interno della casa degli Stahlbaum (atto I, scena I), i quali hanno invitato i loro amici e parenti a passare con loro il Natale, è ben pensato, con un enorme albero di Natale che fa da perno visivo, mentre le vetrate liberty sono proiettate sullo sfondo. Tutto il quadro è vivacemente animato dalla compagine maschile dei bambini, che si divertono a infastidire le loro coetanee con tiri da monelli (in questo caso si tratta dei giovani Allievi della Scuola di Danza, cui vanno i complimenti per l’ottima performance), come pure dalle poupées mécaniques, dono di Drosselmeyer. La narrazione prosegue con il sogno di Clara, protagonista lo Schiaccianoci. La guerra dello Schiaccianoci contro il Re dei topi è un altro momento clou della regia di Chalmer: il gusto cartoony non deterge completamente un sotteso senso dell’horror (per come era stato, del resto, immaginato dalla penna di H.T.A. Hoffmann) e i danzatori sono assai bravi nell’impersonare gli odiati topi. L’atto si conclude con un bel tableau in una foresta innevata e con il viaggio nel mondo dei sogni, qui reso con una mongolfiera che trasporta Clara e Schiaccianoci nel palazzo della Fata Confetto. Esaltazione dello stile liberty di casa Stahlbaum, il palazzo della Fata, quasi interamente realizzato con le proiezioni e assai poca mobilia, ospita la parte più tradizionale della coreografia di Chalmer, ovvero le danze del Grand divertissement ed il finale Pas de deux. Certamente, la parte più innovativa e divertente del II atto sono tre scimmie, attendenti della Fata confetto, che vivacizzano la scena con giochi, scherzi e schermaglie (applauditissime, peraltro, dal pubblico).

Il personaggio di Clara – che Chalmer lascia bambina, ben distinta dalla Fata, come prescritto dalla tradizione – è danzata da Flavia Stocchi, che riesce a conferirle freschezza ed ingenuità. Ottima la sua intesa con lo Schiaccianoci di Alessio Rezza, étoile del Costanzi, ben noto al pubblico per l’energia, la spumeggiante presenza scenica e l’incredibile precisione non solo nella ‘mera’ esecuzione dei passi, ma anche nell’interpretazione generale del personaggio. Claudio Cocino danza un applaudito Drosselmeyer, elegante, dalle linee terse e piacevoli. La Fata Confetto è interpretata da Maia Makhateli, elegantissima, morbida nelle linee; nel pas de deux finale fa quasi sempre bene, soprattutto piacendo per la pulizia delle linee e la grazia nei movimenti: la celebre Variation de la Fée-Dragée riesce bene, soprattutto nella diagonale e nei brevi e aggraziati movimenti sulle punte. L’intesa con Victor Caixeta dà i suoi frutti. Tornato al Costanzi a pochi mesi dal suo ‘battesimo’ romano in Bayadère (https://www.apemusicale.it/joomla/it/recensioni/20-danza/14139-roma-la-bayadere-28-02-2023), Caixeta è danzatore statuario, ma fulmineo nei movimenti, muscolari e tersi, cui si aggiunge un’esplosività non comune, come si nota dalla serie di salti che fanno da classico perno nelle variazioni maschili come la Variation du Prince Coqueluche. Il loro Adage è elegante e lirico, fatto di forme ben scontornate: assai applauditi, come di consueto, sono i fouettés finali. Veniamo ora al Grand divertissement. Se la danse espagnole è colorata e vivace, forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più sia nella danse arabe (un po’ macchinosa nello ‘srotolamento’ della ballerina) e nella danse chinoise, dove il dragone occupa un po’ troppo spazio sul palco, togliendo possibilità ad uno sviluppo più organico della pur semplice coreografia. Molto meglio la più classica danse des mirlintons. Momenti straordinari, invece, sia per la resa coreografica che per quella scenica sono i due valzer. Il valse des floçons de neige, elegante, è incorniciato da una delicata nevicata proiettata su un bosco tinto di un intenso blu scuro; il grand ballable (più comunemente noto come valse des fleurs) si svolge sullo sfondo di una fiorita animazione delle vetrate liberty del castello della Fata confetto, mentre le ballerine danzano dolcemente vestite di colori variopinti – i costumi, a firma di Gianluca Falaschi, sono di ottima fattura.

La direzione musicale di Nir Kabaretti, oramai di casa al Costanzi nelle serate di balletto, raggiunge forse la sua migliore performance da quando ho avuto occasione di assistere ad una serata da lui diretta. Fresca, vivida, mai meccanica, la partitura dello Schiaccianoci diventa plastica e mostra tutti i suoi tesori, dai momenti più lirici (come l’Adage del pas de deux), ritmati e militari (La bataille de Casse-Noisette et du Roi des souris), a quelli più dolci (per esempio, il valse des fleurs) e di carattere; merito, certamente, anche dell’orchestra dell’Opera di Roma, che dimostra di essere in notevole forma, soprattutto nelle compagini degli archi e dei fiati. Gli applausi finali, copiosi e generosi, testimoniano l’apprezzamento del pubblico.