Corri nel bosco...

di Michele Olivieri

In prima mondiale per le festività natalizie la fiaba dei Fratelli Grimm viene rivisitata positivamente in un nuovo balletto con la coreografia di Vincenzo Veneruso e del direttore Jean Sebastien Colau sulle note di Sergej Rachmaninov dirette da Danila Grassi alla guida dell’Orchestra del Teatro Massimo.

PALERMO – “...I suoi occhi erano azzurri come laghi, le sue labbra erano scarlatte come petali di rosa, il suo viso era bianco come la neve pura. E per questo la chiamavano Biancaneve...” questa splendida storia vive da più di due secoli. Nata dal folklore tedesco, è diventata patrimonio di tutta l’umanità grazie ai fantasiosi narratori, i Fratelli Grimm. Con questa inedita Biancaneve la dimensione onirica ha risvegliato la magia delle festività siciliane di fine anno grazie a un mondo incantato di castelli, boschi, maledizioni e incantesimi, rifacendosi allo spirito del romanticismo. Sicuramente è stata una notevole sfida restituire lo stile elegante e fragile per un titolo eseguito nel tempo dalle principali compagnie mondiali. Tale capolavoro è una delle pagine più belle dell’immaginario di ogni bambino. La relazione tra la musica di Rachmaninov e la coreografia nata dal tandem Veneruso-Colau (con assistente Guido Sarno) è un percorso simbiosi.

Tutti conoscono la favola dei fratelli Grimm: guadagnò ulteriore popolarità dopo l’uscita dell’omonimo film firmato da Walt Disney che vinse addirittura l’Oscar. Dopo tale successo, la storia della mela avvelenata è stata adattata in musical, produzioni teatrali, film e la danza ovviamente non ha fatto eccezione. Il pregio dell’allestimento palermitano in due atti è la lettura che si rivela ben comprensibile per i più giovani e interessante agli adulti. Così, in una stretta collaborazione, ha visto la luce un balletto classico a serata intera, divertente e dinamico.

La scenografia con i fondali dipinti di antica memoria è stata realizzata nei laboratori del Teatro Massimo guidati da Christian Lanni e Stefano Canzoneri, a cura di Apolonia Polona Loborec; i costumi accademici portano la firma di Cécile Flamand, le luci calibrate sono di Maureen Sizun Vom Dorp. Scenari su larga scala con significativi cambiamenti, effetti che si avvicinano alla grande tradizione rivelando l’essenza dell’artigianalità. Le note sono quelle del Concerto per pianoforte n. 2, della Rapsodia su un tema di Paganini e della Sinfonia n.2 di Sergej Rachmaninov (rendendo così omaggio al compositore russo in occasione dei centocinquanta anni dalla nascita e ottanta dalla morte). La trama in parte riscrive la fiaba sostituendo il personaggio del principe azzurro con il cacciatore, che invece di strappare il cuore di Biancaneve lo conquista e ne è ricambiato, salvando la protagonista dall’incantesimo con un bacio. Per i Grimm il simbolismo della mela si riferiva al frutto proibito, e l’atto di addentarla segnava il passaggio dalla vita spensierata dell’infanzia alla vita adulta. Qui, invece, il grande scalone posto al centro della scena assume la virtù della perseveranza, e lo specchio ovale che campeggia nel fondale è il viaggio della protagonista verso la luce. Tecnicamente è un lento crescendo che aumenta il volume e la forza dello sviluppo e le parti successive cadono gradualmente dall’eterea sospensione al mondo fisico.

Sebbene questo balletto presenti una scrittura elaborata, in realtà non è una mera esecuzione virtuosistica, infatti per lunghi tratti le parti solistiche seguono la linea melodica orchestrale, senza passare mai in secondo piano, facendo coesistere in maniera convincente energia e pacata distensione. Le sontuose armonie romantiche-accademiche e la trasparenza delle strutture coreiche sfoggiano vigore nei passaggi più complessi, come gli immancabili pas de deux. I danzatori, chi più chi meno, esprimono efficacemente la passione e il sogno con passaggi dalle calde tonalità. Da menzionare i tre protagonisti, Carla Mammo Zagarella (Biancaneve), Cacciatore) e Francesca Davoli (Regina).

La musica fa rivivere i temi vivificanti dei sentimenti con un finale trionfante, scacciando tutto ciò che di maligno regna, assicurando allo spettatore la vittoria finale del bene sul male nella personificazione dell’innocenza. Veneruso-Colau curano attentamente la qualità dell’esecuzione, combinando lo stile classico a quello neoclassico, omaggiando così anche George Balanchine e Serge Lifar. Proprio da questi a due insuperabili maestri si rifà il bagaglio tecnico del linguaggio coreografico con le codificate prese, posizioni, giri, bilanciamenti, salti, geometrie, ma il tutto con maggiore libertà e velocità nell’introduzione di nuovi passi, figure, dinamiche (soprattutto nella parte alta del corpo) mantenendo rigorosamente le punte. La direzione di Danila Grassi alla guida della giovane (per l'anagrafica dei componenti) Orchestra del Teatro Massimo è particolarmente austera anche nei passaggi più lirici eseguiti con leggerezza sognante e melanconico desiderio.

La trama avvincente e la partitura lasciano ampio spazio all’immaginazione.

Al direttore Jean Sebastien Colau si deve inoltre l’ottimo lavoro di management economico per il corpo di ballo, infatti con lo stesso budget degli anni precedenti ha saputo raddoppiare i titoli in stagione. Rinunciando a invitare guest internazionali la ripartizione economica ha permesso ai precari di avere più giorni di lavoro, dando altresì slancio e possibilità di crescita ai ballerini di casa. Allestendo più balletti si ha, inoltre, la possibilità di far lavorare le équipe sartoriali e soprattutto i laboratori scenografici del Teatro Massimo, così da arricchire anche i depositi con costumi, scene e attrezzeria e ridurre i costi delle future produzioni. D’altronde nessun incantesimo può rendere bello ciò che è brutto, o attraente ciò che è malvagio. E da che mondo è mondo, uno specchio magico riflette solo la verità.