Eterna bellezza, sorriso leggero

di Irina Sorokina

Il Balletto dell'Opera di Tblisi porta a Modena un'incantevole edizione del titolo forse più noto e amato dell'intero repertorio.

MODENA, 1 febbraio 2024 - Al Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena arriva Il lago dei cigni da Tbilisi, la capitale della Georgia, uno dei tre paesi caucasici che per lungo tempo fecero parte dell’Unione Sovietica. Il Teatro dell’Opera di Tbilisi vanta una lunga tradizione, aprì le porte al pubblico nel lontanissimo 1851 e già un anno dopo ospitò uno spettacolo di balletto arrivato dall’allora capitale dell’Impero Russo, San Pietroburgo, che presentò il secondo atto della Sylphide coreografata da Filippo Taglioni, padre e maestro della celeberrima Maria, e Polka-Vengherka, un pezzo brillante di danza di carattere che si stava consolidando in Russia. Giselle non aspettò molto per essere presentata al pubblico della capitale della Georgia; un anno dopo fu messo in scena il secondo atto con lo spettacolare Pas de Villis. Da lì la tradizione ormai esistente non si spezzò mai e il piccolo paese vantò personalità artistiche di altissimo livello nell’ambito sia dell’opera lirica sia del balletto.

Dal 2004 il Balletto dell’Opera di Tbilisi è diretto dalla grande artista Nina Ananiashvili, una delle star del Bolshoi del suo periodo più glorioso e dell’American Ballet Theater; sotto la sua direzione la compagnia ha fatto conoscere la propria arte non solo in Europa, ma anche nei paesi come Cina, Taiwan, Israele, Egitto, Oman, Dubai, e nei vicini Armenia e Azerbaigian.

Tantissimi balletti vengono rappresentati in giro per il mondo, ma pochi hanno fatto davvero storia e pochissimi vengono conosciuti dal pubblico più ampio; la loro lista difficilmente arriva ad una decina dei titoli. Fedele D’Amico, nel suo articolo Una santa con le scarpe di seta dedicato a Giselle, la definì così: “Più che un balletto, è il balletto, una certa idea del balletto incarnata in forme capaci di inflettersi, nella loro angelica abilità secondo gli ambienti in cui appare, senza mutare la loro essenza”. Tuttavia molti amanti della danza, se venisse proposto a loro nominare il titolo che rappresenta quest’arte così speciale, nominerebbero non Giselle, ma Il lago dei cigni. Uno dei capolavori del tardo Marius Petipa, in questo caso affiancato dal timido genio Lev Ivanov, viene conosciuto dalla fetta più larga del pubblico che frequenta i teatri e fa inevitabilmente il pieno ovunque, incluse le città medie e piccole. La messa in scena attuale della compagnia georgiana è realizzata da Alexei Fadeechev nel 2016.

Non ci sono dubbi che il pubblico vorrebbe sempre vedere ll lago dei cigni nella versione tradizionale e la compagnia georgiana soddisfa questo desiderio presentando uno spettacolo bellissimo per gli occhi con le scenografie di Vyacheslav Okunev, una vera celebrità che nell’arco della lunga carriera firmò moltissime produzioni dei maggiori teatri pietroburghesi quali il Mariinskij e MIkhajlovskij (nell’epoca sovietica chiamate rispettivamente Kirov e MaIyj). Pietroburghese doc, nato nell’epoca sovietica quando questa città tra le più belle del mondo si chiamava ancora Leningrado, ha nel suo attivo una lista davvero infinita di produzioni, più di trecentocinquanta. E al Teatro Comunale di Modena, come in tutti gli altri teatri in cui si esibisce la compagnia georgiana, l’occhio cade prima di tutto alle scenografie di Okunev. Cade, si ferma e non riesce a staccarsi nell’ammirare forme classiche, linee dolci e colori ben amalgamati delle scenografie dipinte in cui si inseriscono costumi ricchi dal bel taglio, tutto illuminato dalle stupende luci di Steen Bjarke, un grande contributo nella riuscita della messa in scena: ci piace ricordare che al fascino eterno del Lago dei cigni da sempre contribuisce l’aspetto visivo.

Quando si deve parlare dell’interprete del doppio ruolo di Odette/Odile, la penna si ferma, indecisa. La causa dell’indecisione sono gli inevitabili ricordi delle grandi, grandissime che si calarono nei panni della poetica fanciulla stregata e della sua sosia demoniaca; questi ricordi potrebbero portare a conclusioni affrettate e, addirittura, ingiuste. Il doppio ruolo si adatta bene al fisico e alla preparazione tecnica della ballerina svizzera diplomata all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo Laura Fernandez, bel viso, fisico armonioso, port de bras “parlanti”, aplomb sicuro, fouetté scintillanti, mimica espressiva. Si esita un attimo per scegliere tra il suo cigno bianco e il suo cigno nero: onestamente, è bella e brava in entrambi i ruoli.

Il giovane Filippo Montanari nel ruolo del principe Siegfrid produce un’impressione insolita e desta perplessità. Fisico perfetto da ballerino, viso simpatico e buona tecnica; verrebbe a dire “cosa si vuole di più?”. Con simpatia e rispetto per il giovane artista, con l’augurio che quel che manca, prima o poi arriverà, rimaniamo un po’ stupiti da questo principe che vanta precisione dei passi, leggerezza e morbidezza incredibili nelle movenze ed è un partner premuroso. Stupiti della mancanza del personaggio; dall’inizio alla fine, questo Siegfrid sorride simpaticamente come se volesse dire “andrà tutto bene!”, cammina graziosamente come se non volesse toccare il pavimento, compie il lavoro di partnering con la sua innamorata accuratamente, ma senza una vera espressività. Rimane un bel figurino simile a quelli che si possono vedere nei musei teatrali che espongono le maquette delle scenografie.

Non sufficientemente incisivo appare anche Efe Burak nel ruolo di Rothbart, che necessita di più carattere e più qualità demoniache; in fin dei conti, nel libretto figura come “il genio del male”. Nello spettacolo in questione vediamo un essere indefinibile, capace di correre in cerchio e saltare nel modo corretto, sforzandosi di apparire temibile, ma il gioco fallisce. Questo Rothbart ha poca sostanza e – esistono ravvicinamenti strani, usando la celebre espressione di Pushkin – fa venire in mente una recensione della prima del Lago dei cigni rinnovato o, meglio dire, ricreato al Teatro Mariinskij nel 1895 per mano di Petipa, Ivanov e Drigo, che giudica con ironia l’interprete del ruolo dello stregone Nikolaj Soljannikov come “un folletto bonario”.

La lista dei personaggi di contorno che non vorremmo chiamare tali si apre con un energico Benno di Masaaki Goto; fanno bella figura David Ananeli (il maestro delle cerimonie), Ina Azmaiparashvili (la principessa reggente); graziose e precise sono Marharyta Sidorkina (Ulrike) e Sopiko Tsintsadze (Adelinda).

Il corpo di ballo femminile è sicuramente il quarto protagonista del Lago dei cigni, dopo Odette, Odile e il principe Siegfrid: il lavoro delle fanciulle di Tbilisi soddisfa gli alti criteri necessari quando si tratta dei balletti classici che presentano lunghe e complicate coreografie di massa. I cigni venuti dalla Georgia risultano ben preparati tecnicamente e capaci di sentire “la spalla” di una collega. Tre sono le bellezze principali del capolavoro di Petipa e Ivanov: il Pas d’action “bianco” del secondo atto, il Pas de deux “nero” e le danze di carattere del terzo. Nella produzione georgiana il Pas d’action viene eseguito con comprensione perfetta dello stile dell’introverso Ivanov, l’esatto contrario di quello dell’estroverso Petipa; le ballerine eseguono gli spostamenti con sicurezza e mantengono bene le linee.

La buca d’orchestra rimane vuota al Teatro Comunale di Modena, e possiamo solo rassegnarci. Qualche osservazione critica non rovina minimamente la serata e il pubblico riserva gli artisti gli applausi lunghi e calorosi.