Una Sylphide italiana al Mariinsky

di Irina Sorokina

L'italiana Camilla Mazzi debutta come protagonista dello storico balletto al Teatro Mariinsky.

SAN PIETROBURGO, 26 marzo 2025 - Se si vuole trovare il balletto con una scena d’apertura dal fascino irresistibile, la risposta è una sola: è La Sylphide, il balletto più antico a entrare in repertorio. Risale addirittura al 1832, mancano solo sette anni al suo bicentenario. Al sipario alzato si vede una rustica casa scozzese, un po’ scura, ma accogliente, un camino, una poltrona vicino al fuoco vivace, una finestra. E un ragazzo che dorme, un romantico capace di sognare non soltanto con gli occhi aperti, ma anche con quei chiusi. Ai suoi piedi c’è un essere delizioso, leggero come una piuma o un soffio del vento. È lei, la Sylphide.

Nata a Parigi, all’epoca considerata la capitale del mondo, la storia dell’amore tra un umano e un essere fantastico andò in scena al Théatre de l’Académie Royale de Musique, chiamato anche l’Opéra Le Peletier o la Salle de la rue Le Peletier, il 12 marzo 1832, coreografata dall’italiano Filippo Taglioni, padre della celeberrima Maria, mentre la partitura, non certo un capolavoro, fu fornita da Jean-Madeleine Marie Schneizhöffer. Quattro anni dopo, nel 1836, il coreografo danese Auguste Bournonville propose la propria versione del balletto e in questo caso la nuova partitura, decisamente più accattivante, fu composta dal norvegese Herman Severin Lovenskiold. La Sylfiden danese fu parecchio diversa dalla sua sorella maggiore francese: il mistero della protagonista fu sostituito dall’ingenua purezza, alla parte maschile fu data la maggior importanza, il Grand pas delle silfidi nel bosco abbreviato, il corteo nuziale di Effie e Gurn appariva sul palcoscenico, mentre nell’originale parigino passava in secondo piano. Fu una Sylphide decisamente più “borghese”, prudente, moderata. Arrivò ai nostri giorni, mentre l’originale di Filippo Taglioni andò perso e a farlo resuscitare ci pensò molti anni dopo “l’archeologo della danza” Pierre Lacotte.

Al Mariinskij hanno preferito il balletto bella nota versione di Elsa Marianna von Rosen del 1960, inserita con successo nelle belle scenografie di Vyačeslav Okunev, artista ormai entrato negli annali del teatro russo sovietico. Con gusto e delicatezza crea sull'enorme palco del teatro imperiale pietroburghese la propria cornice per una storia ben nota, dando la preferenza alle linee armoniose e ai colori caldi, con un rosso scuro predominante nel primo atto. La casa scozzese, spaziosa e dalle luci soffuse proprio come deve essere, è capace di accogliere amici e amiche dei protagonisti in occasione del matrimonio di James e Effie; il camino al centro emana calore e serve da via di fuga per la Silfide giocherellona e innamorata. Nel secondo atto Okunev sceglie colori più freddi e uno spazio più ampio, necessario per far godere il pubblico delle evoluzioni coreografiche del corpo di ballo femminile e dei protagonisti. La cornice firmata dall'Artista del Popolo della Russia (il titolo prestigioso assegnato a Okunev) è decisamente classica e di buon gusto, i costumi di Irina Press pure.

Nei ruoli principali abbiamo avuto due giovani, due debuttanti: si può solo immaginare il battito impazzito dei loro cuori suscitato dalla reazione vivace del pubblico dei semplici spettatori e dei ballettomani, la maggior parte di sesso femminile. L’interprete del ruolo principale, italiana Camilla Mazzi, ha mosso i primi passi a Torino e in seguito si è trasferita nella Venezia del Nord, come viene chiamata San Pietroburgo, per concludere il suo percorso di studi presso l’accademia tra le più prestigiose al mondo, intitolata ad Agrippina Vaganova, creatrice del celebre metodo dell’insegnamento. La giovane ballerina è in possesso di un fisico etereo, un gran bel vantaggio per il ruolo dello spirito dell’aria, e lo mette al servizio del personaggio: la voglia di amare un essere umano non cambia la sua natura, rimane sempre un essere fantastico. La sua Sylphide è incredibilmente leggera e troppo ingenua; ogni respiro, ogni parola, ogni mossa sembrano poterla uccidere. Questa fragilità estrema viene percepita soprattutto attraverso l’uso delle braccia, così sottili, simili ai rami della betulla.

Il personaggio di James è affidato al debuttante Jaroslav Baybordin; il giovane ballerino ha già nel suo attivo ruoli importanti nei balletti quali La Bayadere di Marius Petipa, Jewels (parte Emeralds) di Balanchine, Aniuta di Vladimir Vasilyev: la sua età lo porta a sprizzare energia da tutti i pori, raggiunge il pubblico come un uragano esprimendosi nei salti virtuosistici e nelle batterie scintillanti. La grande tecnica per adesso è la sua caratteristica più forte, nel futuro dal giovane artista si aspetta il lavoro più approfondito sul personaggio, ma già adesso le sue doti d’interprete non deludono, soprattutto nei ruoli cosiddetti “di carattere”. Nei panni di James calca un terreno puramente “classico” e la sua esibizione coinvolge moltissimo e in alcuni momenti elettrizza il pubblico. Il suo sognatore scozzese è dovutamente elegante e attento allo stile, ingenuo e impulsivo, pronto anche a qualche scatto d’ira.

L’assegnazione dei ruoli di coryphée, quali le quattro silfidi, alle ballerine premiate in concorsi internazionali è il fatto ordinario per il Teatro Mariinsky. Le quattro silfidi sono interpretate da Valeria Kuznetsova, Anastasia Plotnikova, Viktoria Krasnokutskaya e Juliana Čereškevič, tra le quali le due prime vantano questo altro riconoscimento del loro talento e la loro bravura. Completano il cast Aleksey Baženov (un vecchio), Il'mira Bagautdinova – che porta i titoli di Artista Emerita della Repubbliche di Kalmykiya e di Tatarstan – interpreta il ruolo di una bambina e Daniil Lopatin, Il'ya Mogil'nikov, Ivan Volkov quei dei musicisti.

La direzione della graziosa partitura di Lovenskiold viene affidata all'esperto Boris Gruzin, Artista del Popolo della Federazione Russa, dalla mano ferma e dal gran senso di ritmo, attento alle esigenze dei ballerini.

Alla fine, applausi lunghissimi e numerose chiamate sul palco.