Aiman Mussakhaiayeva

Venti dell'Est

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Ottimo concerto al Teatro Ristori di Verona dedicato a compositori dell'Est Europa. Desta entusiasmo la violinista kazaka Aiman Mussakhajayeva e si fa apprezzare il maestro islandese Gudni Emilsson.

VERONA, 2 aprile 2016 - Ottimo successo al Teatro Ristori di Verona, in occasione del concerto sinfonico del 2 Aprile 2016. Le sonorità volgono decisamente a Est, rispetto agli ultimi appuntamenti. La quantità di pubblico presente è, senz’ombra di dubbio, maggiore, rispetto alle ultime occasioni, con diverse persone sedute anche nei palchi del terzo spazio della Fondazione Arena.

Filo conduttore, come detto, era la musica di matrice slava, partendo dal repertorio del XX secolo, con un compositore armeno nato in Georgia, Aram Il'ič Chačaturjan, e il suo Concerto in re minore per violino e orchestra. Un brano di grandissimo impeto, con degli stacchi coloristici piuttosto secchi nei primi due movimenti, ossia Allegro con fermezza e Andante sostenuto. Il secondo è certamente quello più lirico, per la leggera riduzione del volume e un’orchestrazione maggiormente affidata agli archi, sebbene gli ottoni mantengano grandissima rilevanza nell’arco di tutta la partitura. Il terzo movimento, Allegro vivace, è più marcatamente neoclassico e la linea musicale risulta più morbida.

Grandissimo entusiasmo, con tanto di frenetico batter di piedi, per la violinista kazaka Aiman Mussakhajayeva. Formatasi a Mosca (la stessa città ove morì il compositore del brano ascoltato) offre un’esecuzione tecnica di altissimo livello, con evoluzioni vorticose dell’archetto prive di sbavature. Molto belli anche il fraseggio e l’espressione, nel contesto di una scrittura  virtuosisticamente molto insidiosa. Ovviamente questo è merito di una gran preparazione di base, che permette di sviluppare le letture più interessanti.

Bravo il maestro Gudni Emilsson a seguire al meglio la partitura e ad accompagnare al meglio la solista

Prima della pausa la violinista ha regalato due bis alla platea. Purtroppo ci è impossibile citarli, poiché sono stati presentati entrambi nella lingua madre dell’artista. Comunque anche questi due ultimi brani hanno ricevuto il festoso tributo del pubblico presente.

Breve intervallo, leggero passaggio a ovest e passo indietro dal XX al XIX secolo. Siamo sempre nell’Est Europa, ma in Boemia, accompagnati dalle note di Antonín Dvořák e della sua Sinfonia n° 8 op. 88 in sol maggiore. Organico leggermente ridotto, rispetto al brano precedente. Notevole l’intensità sonora di tutte le sezioni, ben equilibrate fra loro. Dei quattro movimenti, Allegro con brio – Adagio – Allegretto grazioso. Molto vivace – Allegro ma non troppo, si fa preferire il secondo per delle belle scelte di colore e di fraseggio da parte del m° Emilsson. Nelle restanti parti della sinfonia ogni cosa viene risolta con dovizia, buon ordine, anche degli ottoni, ma non viene mai meno l’intensità del testo.

Unica pecca della serata è la mancanza di una linea drammaturgica che legasse i brani eseguiti,:questo rischia di condurre al semplice ascolto di un’esecuzione –comunque ben fatta- senza che l’attenzione venga tenuta desta dalla profondità di significati, o, almeno, da un filo conduttore che esuli dalla provenienza geografica dei due compositori.

Al termine non ci si può certo dire insoddisfatti, nella speranza che questo sia un punto di partenza positivo, considerato che si tratta sicuramente del miglior concerto sinfonico ascoltato al Ristori, fino a questo momento, nell’arco della stagione sinfonica 2015-2016.