Juri gilbo e Sergej nakariakov

Luci d'ottone

 di Roberta Pedrotti

Si chiude festosamente la stagione di Musica Insieme con un concerto della Russian Chamber Philharmonic St. Petersburg e dello straordinario Sergej Nakariakov alla tromba e al flicorno. 

BOLOGNA, 9 maggio 2016 - Più croce che delizia sono spesso, ai nostri orecchi, gli scintillii dorati che baluginano nelle ultime file delle orchestre. Talvolta, però, il tormento può tramutarsi in estasi e val la pena di cogliere ogni occasione per godere dell'arte di virtuosi come Sergej Nakariakov, che rivelano tutte le potenzialità dei loro strumenti.

Entra in scena coccolando il proprio flicorno soprano - pezzo unico a quattro pistoni commissionato dall'artista, che l'abbraccia come un bimbo - dopo la Sinfonia II – L'arrivo della regina di Saba dal Salomon di Haendel e il Divertimento in Re maggiore KV 136 di Mozart, solenne e accattivante apertura affidata alla Russian Chamber Philharmonic St. Petersburg (chissà perché si usa anglicizzare i nomi slavi, perfino i titoli delle opere, invece di traslitterarli in originale o di tradurli di volta in volta?). All'attacco del mozartiano Concerto in mi bemolle maggiore KV 495 per corno e orchestra, affidato in questo caso al cugino semiomonimo, si comprende come quel gesto affettuoso sia ben meritato: il suono, con il suo calore scuro, la sua energica morbidezza, innamora al primo ascolto per come Nakariakov lo fa cantare, fraseggiando, legando, articolando ad arte senza rinunciare al più prezioso e variegato virtuosismo. Quando mai avremo sentito trillare con tale fascino e nitore uno di quei fieri coni ritorti d'ottone?

L'orchestra russa, dopo l'intervallo, sempre sotto la direzione di Juri Gilbo ci offre quel capolavoro che è la Sinfonia in Fa minore Hob. I:49 La Passione di Haydn, il cui titolo, derivato da un appunto presente in una copia dell'autografo, è divenuto famoso, come spesso avviene, più per convenienze editoriali che per un'effettiva volontà programmatica dell'autore. Certo è che la declinazione del pathos nell'arco dei quattro movimenti ne fa una delle più illuminanti e avanzate opere haydniane.

Torna Nakariakov e torna impugnando la tromba: ci catapulta dai sentimenti protoromantici al Novecento di Poulenc e a una trascrizione di Les chemins de l'amour che sa essere sofisticata, sinuosa e ammiccante senza invischiarsi in un romanticismo dolciastro, come a ricordare che la Parigi di Prévert è anche surrealismo e ironia, non solo aforismi per Baci Perugina.

Vertiginosa, brillantissima cascata di note è, poi, la Tarantella La Napolitana op. 25 per tromba e orchestra di Oskar Böhme, dipanata con il divertimento apparentemente naturalissimo e spensierato che il pezzo richiede e somiglia alla danza incosciente, ma infallibile, di un funambolo.

Con contagioso entusiasmo, i musicisti si lanciano in due fuori programma: la Polka di Alfred Schnittke è una squisita e sapida rilettura di una fra le più fisiche ed esuberanti danze slave e austroungariche; la spericolata Hora Staccato di Grigoraș Dinicu trascritta per tromba lascia ancora una volta con il fiato sospeso e ci ricorda di cosa siano capaci, non per pirotecnia fine a se stessa ma per musica, anche francamente divertita, quei favolosi manipolatori del fiato umano, sia nella loro più semplice e austera forma primitiva sia quando armati di pistoni benedetti per le possibilità musicali che dischiudono (specie da un Ottocento che richiede loro di non esser più solo echi diatonici di cacce e fanfare) con tutte le variazioni timbriche che tagli, forme, meccaniche impongono.

Un ultimo, festoso accordo collettivo fa da inchino e commiato mentre piovono applausi.