Maurizio Pollini alla Scala

L'eterna armonia

 di Pietro Gandetto

Maurizio Pollini torna alla Scala con un concerto che è inevitabilmente un evento straordinario. In programma Chopin e Debussy.

Milano - 20 giugno 2016. A una settimana dal concerto di Martha Argerich in Duomo [leggi la recensione], si esibisce sul palco della Scala un’altra leggenda del firmamento pianistico internazionale, Maurizio Pollini. Gli appassionati sanno bene che ogni concerto di Pollini è un evento straordinario. Chi poi, come chi scrive, è cresciuto seguendolo come interprete di riferimento, non può che registrare una sensazione di entusiasmo e irrequietezza nei minuti antecedenti l’inizio del concerto.

Discreto come la sua Milano.  Artista duttile ed eclettico, esperto conoscitore dei più disparati repertori e irraggiungibile virtuoso, Maurizio Pollini conserva intatta ancor oggi, a 74 anni, quella chiarezza nel fraseggio che l’ha reso celebre sin dal suo debutto alla Scala nel 1958, con la bacchetta di Thomas Schippers.  Non c’è niente di affettato e di epatant nel suo modo di suonare.  Ascoltare Pollini è come avere davanti agli occhi la partitura e scorgerne con indistinguibile precisione ogni nota, accento, pausa e acciaccatura. Un corpo che segue il suono anche con la voce, nell’emissione del suo caratteristico mugolìo, un accenno di canto quasi impercettibile, avvertibile dalle prime file, che accompagna le mani nell’esecuzione.

Una vita per Chopin e un amore tardivo per Debussy, come dice lo stesso Maestro.  Il medesimo Chopin che, grazie a Pollini, brilla oggi di una luce nuova, scrostato da quella patina di forzato sentimentalismo, accumulatasi nelle interpretazioni di tradizione.  Uno Chopin lontano dal pathos demoniaco di Argerich, o dalla tormentata irrequitezza di Zimerman.  Uno Chopin squisitamente pulito e nitido, come pulita e nitida è la cifra stilistica del suono di Pollini, che quando siede al pianoforte sembra accarezzare le corde senza bisogno dei tasti e dei martelletti.  Un suono, ricco di ‘peso’, ma leggero, che se fosse voce sarebbe luminosa come quella di Renata Tebaldi e tornita come quella di Mirella Freni.

I momenti più coinvolgenti del concerto sono le Mazurke op. 59 e op. 63 e lo Scherzo in si minore op. 20 di Chopin.  Ispirata a un’antica danza popolare del ‘500 e accolta a danza di corte solo nel ‘700, la mazurka è uno dei generi più affascinanti del repertorio romantico e probabilmente il componimento più tipico di Chopin, che a soli 10 anni già ne componeva una e che proprio in punto di morte, ne abbozzò un’altra, lasciando un manoscritto quasi illeggibile.

Maestro di eleganza, Pollini si abbandona nell’esecuzione delle mazurke fondendosi integralmente con lo strumento e creando una compattezza visiva e musicale impressionanti.  Pur con qualche intoppo in una di queste sei danze, intatta la forza espressiva del pianista milanese e la capacità di rendere con fluidità e incisività di fraseggio l’acume introspettivo della partitura di Chopin.

Nello Scherzo in si minore, l’impalcatura tecnica di un vita da virtuoso emerge con vivido fulgore e regala una brillante esaltazione delle linee melodiche, scevra da ogni esibizionismo interpretativo. I tempi incalzanti non sacrificano la metronomica precisione di scale, arpeggi, trilli e altre acrobazie, né la varietà di accenti e giochi timbrici.

Ugualmemente appaganti i Notturni op. 62, composti negli ultimi anni di vita di Chopin, dove Pollini riflette senza ostacoli il pieno lirismo e la delicatezza espressiva che la parabola compositiva dell’autore raggiunge con queste opere.

Dopo l’intervallo, il concerto riprende con il libro II dei Préludes di Debussy. Genere peculiare per genesi e funzione, il praeludium nasce come composizione che introduce un’aria o una suites di danze, consentendo all’autore di conferirgli un carattere libero e improvvisativo.  Abbandonata la funzione preparatoria di altra musica, in Debussy, il preludio bachiano e la composizione pianistica romantica si fondono, e grazie allo sperimentalismo espressionista dell'autore, raggiungono vette espressive ineguagliabili.

Qui Pollini scontorna con il consueto aplomb il mutevole impianto tonale della partitura, dando rilsalto agli effetti impresionistici ed espressionistici della partitura di Debussy con un uso sapiente del pedale. La ricerca di sonorità suggestive e delle simmetrie armoniche dei Préludes trova in Pollini interprete di riferimento.

Interminabili applausi a fine concerto, con alcuni bis tra cui il Prélude n. 10 del I Libro di Debussy, La cathedrale engloutie, e lo Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39 di Chopin.

foto Brescia Amisano