Otello al campo

 di Gustavo Gabriel Otero

Travagliato da una serie di cancellazioni e sostituzioni, Otello torna a Barcellona in un allestimento poco convincente prodotto dalla Deutsche Oper di Berlino, ma in una veste musicale che, nonostante gli avvicendamenti, sa offrire qualche soddisfazione.

BARCELLONA, 1 febbraio 2016 - Le ultime recite dell'Otello di Verdi si erano tenute nel febbraio del 2006; dieci anni era una buona idea sì che il Moro di Venezia tornasse in scena. Tuttavia, queste rappresentazioni sono state colpite da importanti cancellazioni e sostituzioni: inizialmente il protagonista sarebbe stato  affidato ad Alexsandrs Antonenko, contando su Stuart Neil per il cast alternativo. Antonenko, però, ha rinunciato ed è stato sostituito da José Cura, mentre nelle altre repliche Carl Tanner e Marc Heller si sono fatti carico del ruolo in assenza dell'annunciato Neill. Carmen Giannattasio ha cancellato la sua partecipazione come Desdemona: quindi, Ermonela Jaho è passata dal secondo al primo cast ed è stata chiamata María Katzarava.

Le rinunce sono sempre un problema in una produzione lirica, ma molto più in Otello, opera per la quale la perdita del protagonista può essere una autentica tragedia. È noto che, fin dal suo debutto nel 1887 l'eroe eponimo dell'Otello verdiano viene monopolizzato, in ogni generazione, da non più di tre interpreti. Ritiratosi Plácido Domingo dai lidi tenorili, gli interpreti attuali del Moro di Venezia nel mondo sono Johan Botha, Gregory Kunde, Alexsandrs Antonenko, José Cura pochi altri. Kunde era già scritturato per l'Otello di Rossini dato nella medesima sala in parallelo con quello verdiano, Botha aveva appena cancellato i suoi impegni a Salisburgo per problemi di salute, Antonenko - come abbiamo detto - ha rinunciato e, quindi, restava un solo protagonista di livello internazionale: José Cura. L'argentino è tornato a cantare un Otello personale, coinvolto e convincente. Conosciamo già le sue emissioni peculiari con frasi parlate o declamate, note accennate appena, suoni nasali, ingolati, fraseggio discontinuo. Ma il risultato finale è commuovente. 

Marco Vratogna è stato uno Jago di voce potente e linea di canto diseguale, che assolve al suo compito da professionista.

Ermonela Jaho ha offerto una Desdémona di primo livello, di fraseggio eccellente ed eccellenti intenzioni, bei piano, buon volume e adeguata resa nell'estremo acuto.

Il tenore Alexei Dolgovè stato un Cassio corretto e nulla più. Il basso Ronman Ialcic è stato un Lodovico ininfluente, mentre Vincenç Esteve Madrid è stato un Roderigo assai buono. Olesya Petrova ha offerto una Emilia più che interessante. Damián del Castillo è stato un discreto Montano e Ivo Mischev fa il suo dovere nel piccolo ruolo dell'Araldo.

Philippe Auguin ha dimostrato un'approfondita conoscenza della partitura da cui è scaturita una lettura sicura e ben compiuta, benché i cori non si siano elevati al di sopra della correttezza professionale.

La messa in scena portava la firma di Andreas Kriegenburg e proveniva dalla Deutsche Oper di Berlino, dove aveva debuttato nel novembre del 2011. L'azione è collocata in un campo di rifugiati al giorno d'oggi e Otello sembra incaricato della guardia. L'idea vorrebbe essere provocatoria, ma non risulta più che tediosa e a tratti assurda. La tempesta è seguito dai profughi alla televisione, il Moro arriva da un viaggio con le sue valigie, Desdemona dà da mangiare ai bambini del campo quando dovrebbe ricevere l'omaggio del popolo, l'ingresso dell'ambasciata veneziana è insignificante, i cori inneggiano a Otello, custode o, forse, oppressore, ma certo non leader, i ragazzini circondano Jago durante il suo Credo e questi dò loro delle monte, come farà anche nel terzo atto.  Quasi tutta l'azione si svolge sotto gli occhi di tutti i rifugiati, che non si muovono dal loro posto, muovendosi solo i protagonisti e i bambini.

Risulta risibile la fuga di Jago nell'ultima scena, così come la morte di Otello, con tutti i personaggi che fissano il muro. Se ci si astrae dall'ambientazione generale, il lavoro sugli attori è, però, quasi sempre ben risolto, pur rilevando le già commentate incongruenze. Forse il meglio è stato quanto Otello fa a pezzi il fazzoletto nel terzo atto e poi lega i pezzi per ricostruirlo e, infine, usa questi brandelli per strangolare Desdemona.

La scenografia di Harald Thor è pressoché unica per tutta l'opera: otto colonne di brande, giacigli da campo sovrapposti sul fondo del palco. Cambia solo nell'ultimo atto e nel finale del primo, in cui si vede l'alloggio di Otello e Desdemona: un gran letto in un piccolo spazio cinto da pareti marroni. I costumi di Andrea Schraad sono funzionali all'idea di Kriegenburg e il contributo delle luci di Stefan Bolliger non fa di più.

foto Antoni Bofill

01/02/2016. Gran Teatre del Liceu. Giuseppe Verdi: Otello, opera in quattro atti. Libretto di Arrigo Boito dalla tragedia omonima di Shakespeare. Andreas Kriegenburg, regia e coreografia. Harald Thor, scene. Andrea Schraad, costumi. Stefan Bolliger, luci. Claudia Gotta, ripresa della regia. Produzione originale della Deutsche Oper di Berlino. José Cura (Otello), Ermonela Jaho (Desdemona), Marco Vratogna (Jago), Alexey Dolgov (Cassio), Roman Ialcic (Lodovico), Olesya Petrova (Emilia), Vivenç Esteve Madrid (Roderigo), Damián del Castillo (Montano), Ivo Mischev (Un Araldo). Orquesta Sinfónica e Coro del Teatre del Liceu. Maestro del Coro: Conxita Garcia. Cor Infantil Amics de la Unió. Direttore del coro di voci bianche: Josep Vila Jover. Concertatore e direttore: Philippe Auguin.