Le nozze di Figaro a salzburg

Nel palazzo degli Almaviva

 di Luis Gutierrez

Le nozze di Figaro tornano a Salisburgo nel bell'allestimento nato lo scorso anno, con un cast d'alto livello e pressoché immutato.

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SALISBURGO, 16 agosto 2016 - Questa è l'ultima delle opere di Mozart e Da Ponte che Sven–Eric Bechtolf ha messo in scena in questa occasione. Ha debuttato nel 2015 [leggi la recensione] e torna con immutata freschezza quest'anno. Ho dovuto compiere un notevole sforzo per "recuperare la mia verginità" per quanto riguarda Figaro e in un certo senso ci sono riuscito, perché ho goduto della rappresentazione come non mi capitava da molto tempo in un teatro d'opera.

Ho goduto tanto da cancellare il pregiudizio che mi spingeva a non accettare modifiche all'epoca rispetto ai tempi in cui Mozart compose l'opera. Bechtolf si è giustamente basato sullo studio rigoroso dei tre temi che Mozart esplora attraverso le sue opere della maturità e soprattutto nelle collaborazioni con Da Ponte. I temi sono il perdono, le tensioni fra le classi sociali e l'erotismo.

L'azione si colloca intorno agli anni '20 del Novecento, presumibilmente a Siviglia, poiché questa, come nella commedia, è menzionata varie volte nel libretto. Di fatto, la Spagna dei primi del XX  secolo era monarchica come quella prima della Rivoluzione Francese. L'aristocrazia è stata un male endemico del paese iberico e ha resistito in assenza di un re. Quindi, l'esistenza di un conte con potere pressoché assoluto è del tutto credibile in quest'epoca e in questo paese.

Bechtolf e i suoi collaboratori, Alex Eales per le scene, Mark Bouman per i costumi e Friedrich Rom per le luci, si attengono strettamente allo spirito dell'opera. La casa padronale rappresenta chiaramente gli ambienti privati (in linea di principio), nei primi due atti, e quelli pubblici, negli ultimi due. Ho scritto in linea di principio perché sono tutto tranne che questo: nella camera di Figaro e Susanna appaiono poi Cherubino, Almaviva e Basilio, infine il coro condotto da Figaro. Quella della contessa, molto più lussuosa, è quanto di meno intimo si possa immaginare, con il passaggio di Susanna, Figaro, Cherubino, Bartolo, Basilio. Marcellina e del giardiniere ubriaco! Vai con l'aristocrazia! I responsabili della messa in scena non hanno dimenticato di inserire la finestra da cui salterà Cherubino e le tre porte dell'appartamento: una verso il resto del palazzo, una verso la camera di Susanna e la terza alla sala da bagno della signora - impossibile da immaginare nel 1770 ma credibilissimo 1920 – in cui la contessa nasconderà il paggio al momento giusto e dove entrerà Susanna quando il ragazzo uscirà dalla finestra.

La scenografia del primo atto rappresenta l'abitazione su due livelli, con tre stanze. Le camera da letto del conte e, a sinistra, quella di Susanna e il bagno di Rosina. Al centro il talamo nuziale di Figaro e Susanna e un corridoio che unisce, al livello superiore, gli appartamenti dei conti. Questa scena si sposta leggermente verso sinistra nel secondo atto, mostrando la camera della Contessa e uno spazio più ampio verso destra, mentre a sinistra il bagno rimane in vista. E vedere questo ambiente è invero assai importante quando Susanna ha sustituito Cherubino e ascolta il duetto fra i conti con gesti d'impazienza e sorpresa molto comici nel sentire che la Contessa dice “È un fanciullo… “ e “Sì… Cherubino… “.

Dopo il terzetto del secondo atto, Almaviva e la Contessa escono dalla camera e l'uomo, per assicurarsi che nessuno scappi, chiude a chiave la camera dove si trova Cherubino, in questo caso il bagno. La tensione della prima ha avuto il suo effetto su uno degli Almaviva più rinomati del momento, quando Pisaroni ha chiuso a chiave, invece, la stanza dove si trovava Susanna, e se l'avesse fatto davvero avrebbe rivoluzionato tutta l'azione del finale d'atto. Suppongo che la cosa non si sarà ripetuta nelle recite successive. 

Durante il terzo atto, la scena si divide in tre aree, a sinistra quella comune della servitù, a destra, su due livelli, sotto la cantina del conte, che fungerà anche da studio, e sopra la cucina. Il conte canta la sua aria nella cantina dopo la scena di seduzione, mentre la contessa, fra il sestetto e la scena del biglietto, lo farà nello spazio comune dove si svolgeranno anche le nozze.

Il quarto atto si svolge in una serra che sostituisce assai bene il giardino. Le luci sono perfette e rendono credibile la confusione fra i personaggi senza che il pubblico veda solo penombra. Bechtolf ha conservato il suo proposito di mostrare il perdono della contessa ammantato di mestizia. Questo è l'unico aspetto che mi infastidisce nella produzione.

La recitazione di tutta la compagnia è stata formidabile, mantenendo una tensione drammatica continua nel rispetto dei tempi di Mozart, salvo quando la partitura non indica altrimenti, come nelle arie di Rosina, Susanna o nel loro bellissimo duetto.

Non ho trovato alcuna macchia per quel che concerne l'esecuzione musicale. Adam Plachetka ha dimostrato maggior maturità vocale come Figaro, Luca Pisaroni è oggi un conte d'Almaviva di riferimento per ogni teatro e Carlos Chausson è una garanzia d'eccellenza vocale, lo dico seriamente.

Anett Fritsch è cresciuta molto più di quanto non si sperasse in un solo anno. Le sue due arie sono state splendide, la sua presenza scenica nei numeri d'assieme impeccabile. Ho sempre apprezzato la scala discendente di duine su “Ah, signore quel furore per lui fammi il cor tremar” ed ella lo ha reso con legato e precisione invidiabili.

L'unica variazione rispetto al cast del 2015 è stata relativa a Susanna, questa volta interpretata da Anna Prohaska. Fino all'attacco di “Sull’aria…” non mi aveva impressionato, ma a partire da questo duetto, e specialmente dopo aver regalato al pubblico una meravigliosa “Deh, vieni, non tardar, oh gioia bella” imprimendole più erotismo di quanto ella stessa o la Contessa avessero cercato di esprimere nel gioco di seduzione con Cherubino e Almaviva, ho capito perché è così amata dal pubblico e richiesta dai teatri. Dopo l'aria di Susanna, non ho dubbi sul fatto che in quest'opera il compositore sia il drammaturgo. Margarita Gritskova ha cantato essenzialmente il medesimo Cherubino dell'anno passato, vale a dire sufficiente.

Ann Murray come Marcellina, Paul Schweinester come Basilio, Franz Supper come Don Curzio, Christina Gansch come Barbarina ed Erik Anstine come Antonio hanno svolto un ottimo lavoro dimostrando che non esistono ruoli minori. Una cattiva recitazione di questi personaggi può rovinare una produzione come quella di oggi. L'opera è stata data con i tagli usuali, per cui non è stato possibile ascoltare l'aria di Marcellina cantata da Ann Murray.

Dan Ettinger ha diretto splendidamente i Wiener Philharmoniker, che hanno suonato come non mai, ma anche come sempre, e i membri del Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor preparati da Ernst Raffelsberger. Ettinger si è occupato anche del fortepiano durante i recitativi, il che ha conferito un valore aggiunto alla recita. Infatti ha strappato parecchi sorrisi e alcune risate al pubblico nel citare altre opere di Mozart al momento opportuno

Non ho dubbi che, come scrisse Herbert Weinstock nella Encyclopaedia Britannica, “la sola esistenza delle Nozze di Figaro basta per giustificare la civiltà occidentale”. 

foto Ruth Walz


 En el palacio de Almaviva

 di Luis Gutierrez

Le nozze di Figaro regresa en Salzburgo muy fresca désde el estreno en 2015 de la producciòn de Sven–Eric Bechtolf. El reparto, formidable, es algo el mismo.

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SALZBURGO, 16 de agosto 2016 - Esta fue la última de las óperas de Mozart y Da Ponte que Sven–Eric Bechtolf dirigió en esta ocasión. Se estrenó en 2015 y regresa muy fresca este año. Hice un gran esfuerzo para “recuperar mi virginidad” en lo referente a Figaro y en cierta forma lo logré pues gocé de la función como hacía mucho tiempo no lo hacía en una casa de ópera.

Gocé tanto que logré despejar el prejuicio de no aceptar modificaciones a la época en la que Mozart la compuso. Bechtolf se apegó rigurosamente al estudio de los tres temas que Mozart explora a lo largo de sus óperas de madurez, especialmente en sus colaboraciones con Da Ponte. Los temas son el perdón, las tensiones entre clases sociales, y el erotismo.

La acción se traslada a los 1920s cerca de Sevilla presumo, pues ésta, como en el original, se menciona varias veces en el texto. De hecho la España de principios del novecientos era tan monárquica como la previa a la Revolución Francesa. La aristocracia ha sido un mal endémico del país ibérico, pues ha existido aún en la ausencia de un rey. Ergo, la existencia de un conde con poder casi absoluto es totalmente creíble en esa época y país.

Bechtolf y su equipo de diseñadores, Alex Eales de la escenografía, Mark Bouman del vestuario y Friedrich Rom de la iluminación, se apegan estrictamente al espíritu de la obra. La casa señorial representa con claridad las áreas íntimas, en principio, durante los dos primeros actos y las públicas durante los dos últimos. Escribí áreas íntimas en principio, pues son todo menos eso. En la estancia de Figaro y Susanna aparecen posteriormente Cherubino, Almaviva y Basilio, además del coro que lleva Figaro. La de la condesa, mucho más lujosa, es lo menos íntimo posible, pues pasan por ella Susanna, Figaro, Cherubino, Bartolo, Basilio. Marcellina y ¡el jardinero borracho! Vaya con la aristocracia. El equipo de producción no olvida presentar la ventana por la que saltará Cherubino y las tres puertas que tiene la habitación: una al resto de la casa, otra a la cámara de Susanna y la tercera al cuarto de baño de la señora –imposible de creer en 1770 pero muy posible en 1920– en el que la condesa esconderá a Cherubino en su momento y al que entrará Susanna al huir el paje por la ventana.

La escenografía del primer acto representa la casa en dos niveles, y tres estancias. A la izquierda la recámara del conde y a la izquierda la de Susanna y el cuarto de baño de Rosina. Al centro se ve la recámara de Figaro y Susanna con un corredor que une las habitaciones de los condes en el nivel superior. Este escenario se traslada parcialmente hacia la izquierda en el segundo acto, mostrando la estancia de la condesa en la mayor parte del espacio al lado derecho, en tanto que a la izquierda queda a la vista el cuarto de baño de la señora. El ver este cuarto es muy importante, ya que cuando Susanna ha sustituido a Cherubino oye el dueto entre los condes, haciendo gestos de impaciencia y sorpresa muy cómicos al escuchar que la condesa dice “È un fanciullo… “ y “Sì… Cherubino… “.

Después del trío del segundo acto, Almaviva y la Condesa salen de la estancia, y él, para asegurarse que nadie escape, cierra con llave el cuarto donde se encuentra Cherubino, en este caso la sala de baño. La presión de la premier hizo efecto en uno de los Almavivas más distinguidos del momento, cuando Pisaroni cerró con llave la cámara de Susanna, lo cual de ser cierto, hubiera despedazado toda la acción del prime final. Supongo que esta situación se corrigió en las siguientes funciones. Al mejor cazador se le va la liebre.

Durante el tercer acto, el escenario se divide en tres áreas, a la izquierda el área común de la servidumbre y a la derecha hay dos niveles, en el inferior está la cava del conde, que hará las veces de escritorio y arriba la cocina. El conde canta su aria en la cava después de la escena de seducción, en tanto que la condesa lo hace en el área común entre el sexteto y la escena de la carta; en esta área también se llevan a cabo las bodas.

El cuarto acto sucede en un invernadero que sustituye muy bien al jardín. La iluminación es perfecta pues hace creíble que los personajes se confundan entre sí, sin que el público sólo vea penumbras. Bechtolf mantuvo su concepto al hacer que la condesa aceptase perdonar a su esposo embargada de tristeza. Este aspecto pesimista es el único que me molesta de la producción.

La actuación de todo el reparto es formidable, manteniendo la tensión dramática continuamente ateniéndose al tempo de Mozart, salvo cuando la partitura lo marca de otra forma, como en las arias de Rosina, Susanna y durante su bellísimo dueto.

No hubo una sola mancha en el aspecto musical. Adam Plachetka demostró mayor madurez vocal como Figaro, Luca Pisaroni es ya el Conde Almaviva en cualquier teatro y Carlos Chausson es una garantía de excelencia vocal, lo digo seriamente.

Anett Fritsch creció mucho más de lo esperado en un año. Sus dos arias fueron espléndidas, y su actuación en los números de conjunto sin nada que criticar negativamente. Siempre aprecio la escala descendiente de dobletes al cantar “Ah, signore quel furore per lui fammi il cor tremar” y ella lo hizo con un legato y precisión envidiables.

El único cambio con respecto al elenco de 2015 fue Susanna, esta vez interpretada por Anna Prohaska. Hasta antes de “Sull’ aria… “ no me había impresionado, pero a partir de este dueto, y especialmente después de haber regalado al público una maravillosa “ Deh, vieni, non tardar, oh gioia bella” imprimiéndole más erotismo que el que ella o la condesa trataron de comunicar al seducir a Cherubino y Almaviva respectivamente, entendí el porqué es tan admirada por el público y buscada por las casas de ópera. Después del aria de Susanna, no cabe duda que en esta ópera el compositor es el dramaturgo. Margarita Gritskova cantó esencialmente el mismo Cherubino del año pasado, es decir, bien a secas.

Ann Murray como Marcellina, Paul Schweinester como Basilio, Franz Supper como Don Curzio, Christina Gansch como Barbarina y Erik Anstine como Antonio tuvieron un muy buen trabajo demostrando que no hay papeles pequeños. Una mala actuación de estos personajes puede dar al traste con una función como la de hoy. La ópera se interpretó con los cortes usuales por lo que no fue posible oír el aria de Marcellina cantada por Ann Murray.

Dan Ettinger dirigió espléndidamente a la Orquesta Filarmónica de Viena que sonó como nunca pero como siempre, y a los miembros de la Sociedad de Conciertos del Coro de la Ópera de Viena preparados por Ernst Raffelsberger. Ettinger se encargó de la ejecución del fortepiano durante los recitativos lo que le da mucho valor a la función. De hecho extrajo varias sonrisas, y algunas carcajadas, del público al citar otras óperas de Mozart en los momentos adecuados.

No tengo duda que, como escribió Herbert Weinstock en la Encyclopaedia Britannica, “la mera existencia de Le nozze di Figaro basta para justificar la civilización occidental”. 

foto Ruth Walz