Varduhi Abrahamyan è Carmen

Una Carmen sbiadita

 di Giuseppe Guggino

L’ultimo titolo operistico della stagione 2016 del Massimo di Palermo si traduce in una ripresa stanca e musicalmente dimenticabilissima dell’allestimento di Carmen di Calixto Bieito, co-produzione con i teatri di Barcelona, Venezia e Torino che tanto successo aveva riscosso cinque anni addietro.

Palermo, 26 novembre 2016 - È un piacere che si sia voluto riprendere in quel di Palermo la Carmen audace, violenta, provocatoria di Calixto Bieito, co-prodotta dal Massimo nel 2011, vincitrice dell’Abbiati, quando si soleva che almeno un titolo della stagione segnasse la collaborazione con un prestigioso teatro internazionale (che fosse il Liceu, La Monnaie, la Vlaamse Opera di Anversa o la San Francisco Opera). Allora lo spettacolo che traspone la vicenda nella Spagna franchista, ripulita d’ogni ispanico orpello da cartolina e rivestita da una cornice militaristica, aveva fatto discutere all’intervallo ma alla fine aveva mietuto consensi unanimi; in questa ripresa invece piovono fischi, un poco provinciali e ingiustificati, a dire il vero, poiché lo spettacolo funziona a meraviglia, pur in qualche esasperazione (il gestaccio di Micaëla a Carmen al finale terzo, le scene di violenza esplicita) ma sempre drammaturgicamente giustificata. In una cornice essenziale, dove si pone in rilievo il disegno luci tecnicamente ammirevole di Alberto Rodriguez Vega, le scene essenziali di Alfons Flores puntano più su elementi isolati catalizzatori del dramma (un pennone, una cabina telefonica, le Mercedes-Benz W114 dei contrabbandieri su cui Don José ed Escamillo si affrontano saltando non senza qualche evidente apprensione), mentre alcun costumi di Mercè Paloma oggi come allora sembrano occhieggiare troppo al trash-Almodovar.

Purtroppo, nonostante la parte visiva, lo spettacolo non decolla musicalmente, benché convincano appieno le prove sia del Coro di adulti (il lavoro di Piero Monti di questi ultimi due anni comincia a vedersi) sia delle voci bianche, come sempre di precisione ammirevole, sotto la guida di Salvatore Punturo: per inciso il quadro iniziale del quarto atto ha riscosso uno dei pochissimi applausi a scena aperta della serata.

In buca, alle prese con una delle orchestrazioni più fantasiose della storia dell’opera, c’era Alejo Pérez, giovane bacchetta argentina su cui si stanno riponendo molte speranze e sul quale, anche in Italia, sembra voler scommettere più di un teatro. Perdendo.

In due ore e venti di clangori, peraltro sovente sfasati, il quartetto di voci ha dovuto giocare di rimessa cercando di limitare i guasti; così Maria Katzarava, che pure come Butterfly aveva prodotto una buona prova, naufraga con la più abbordabile Micaëla, con suoni spesso vetrosi e senza mai nessun abbandono. Marko Mimica ha dei bei gravi, il fatto è che Escamillo è probabilmente troppo acuto per lui. Si sorvola sul giudizio musicale di Arturo Chacón-Cruz, tenore dal timbro piuttosto ingrato, perché giunto a ridosso della prima a tamponare l’indisposizione di un collega, riuscendoi se non altro a ben calarsi nello spettacolo del regista catalano. La vocalità di Varduhi Abrahamyan è certamente molto importante in termini di volume, anche se troppo spesso problematica nell’intonazione ed eccessivamente compiaciuta nell’uso di gravi di petto, che spostano colpevolmente il baricentro del personaggio da quel sottile equilibrio fra seduzione e fatalismo verso la volgarità della donna di vita.

Il comparto dei comprimari annoverava, più o meno in ordine di merito, fatti salvi i doveri di cavalleria, Annunziata Vestri (Mercédès), Marina Bucciarelli (Frasquita), Mariano Buccino (Zuniga), Nicolò Ceriani (Dancaire), Vittorio Albamonte (Moralès) e Cristiano Oliveri (Remendado).

Repliche fino al 4 dicembre, con la prima preceduta da una prova generale organizzata dall’Associazione Giovani per il Teatro Massimo che si adopera lodevolmente per la promozione operistica presso neofiti under-35: si spera che il cast diverso che hanno ascoltato li abbia "traumatizzati" meno.

foto Rosellina Garbo